01 luglio 2005
Aggiornamenti e focus
La dieta compromette il cuore giovane
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Essere giovani non significa essere sani sempre e comunque, soprattutto quando si parla di soggetti a rischio cardiovascolare. C'è da aspettarsi infatti in un organismo più giovane una migliore capacità di reazione o comunque di conservazione di un equilibrio biochimico che in un soggetto anziano non ci si attende di riscontrare. E invece...
Sono state messe a confronto due coorti di pazienti uomini colpiti da infarto del miocardio acuto, una di età inferiore ai 40 anni, l'altra superiore ai 60. Durante il loro ricovero sono stati monitorati alcuni parametri che davano una misura della reattività di fase acuta, sostanzialmente sono stati controllati i classici marcatori di infiammazione: proteina C reattiva, proteina amiloide A, ferro e fibrinogeno. Sotto questo profilo le due coorti non erano particolarmente diverse, i valori erano pressoché sovrapponibili.
Quello che invece stupiva era la differenza dello stato nutrizionale: i livelli di omocisteina, colesterolo LDL e trigliceridi erano più alti nei soggetti giovani. Non è un caso che lo studio sia stato condotto in Italia, espressione massima, come la Grecia, della dieta mediterranea e dei suoi benefici. Ebbene, ciò che stupiva erano gli elevati livelli di questi parametri, uno squilibrio legato alla dieta, come si evinceva da un questionario che indagava sulle abitudini alimentari dei soggetti analizzati. I non ancora quarantenni, italiani e colpiti da infarto del miocardio acuto, avevano un'alimentazione che si avvicinava più a quella occidentale che a quella mediterranea con una prevalenza di grassi saturi che contribuivano ad aumentare il rischio cardiovascolare.Ancora una volta si delinea l'importanza dell'alimentazione nei quadri clinici di soggetti malati o a rischio. I risultati sono la conferma di una costante che spesso si ripete nei soggetti a rischio cardiovascolare, vale a dire una dieta sbilanciata che preferisce grassi saturi, tendenza che spesso si associa a uno stile di vita sedentario e poco dedito all'attività fisica. Su questi soggetti più che mai è importante pianificare programmi di educazione e di informazione che li guidi verso il cambiamento di abitudini che in alcuni casi possono fare la differenza tra la vita e la morte.
Simona Zazzetta
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Infiammazioni in corso
Sono state messe a confronto due coorti di pazienti uomini colpiti da infarto del miocardio acuto, una di età inferiore ai 40 anni, l'altra superiore ai 60. Durante il loro ricovero sono stati monitorati alcuni parametri che davano una misura della reattività di fase acuta, sostanzialmente sono stati controllati i classici marcatori di infiammazione: proteina C reattiva, proteina amiloide A, ferro e fibrinogeno. Sotto questo profilo le due coorti non erano particolarmente diverse, i valori erano pressoché sovrapponibili.
Troppi grassi!
Quello che invece stupiva era la differenza dello stato nutrizionale: i livelli di omocisteina, colesterolo LDL e trigliceridi erano più alti nei soggetti giovani. Non è un caso che lo studio sia stato condotto in Italia, espressione massima, come la Grecia, della dieta mediterranea e dei suoi benefici. Ebbene, ciò che stupiva erano gli elevati livelli di questi parametri, uno squilibrio legato alla dieta, come si evinceva da un questionario che indagava sulle abitudini alimentari dei soggetti analizzati. I non ancora quarantenni, italiani e colpiti da infarto del miocardio acuto, avevano un'alimentazione che si avvicinava più a quella occidentale che a quella mediterranea con una prevalenza di grassi saturi che contribuivano ad aumentare il rischio cardiovascolare.Ancora una volta si delinea l'importanza dell'alimentazione nei quadri clinici di soggetti malati o a rischio. I risultati sono la conferma di una costante che spesso si ripete nei soggetti a rischio cardiovascolare, vale a dire una dieta sbilanciata che preferisce grassi saturi, tendenza che spesso si associa a uno stile di vita sedentario e poco dedito all'attività fisica. Su questi soggetti più che mai è importante pianificare programmi di educazione e di informazione che li guidi verso il cambiamento di abitudini che in alcuni casi possono fare la differenza tra la vita e la morte.
Simona Zazzetta
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