Iper o ipo?

20 giugno 2008
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Iper o ipo?



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La tiroide è una ghiandola endocrina il cui compito principale è sintetizzare e produrre l'ormone tiroxina, in due forme contenenti rispettivamente 3 e 4 atomi di iodio, note con il nome di T3 e T4. Nel sangue, però, questi ormoni si legano a proteine che li trasportano nei tessuti, dove poi vengono liberati. Ed è proprio la forma libera quella biologicamente attiva; nei dosaggi ematici, quindi, non vengono ricercate le T3 e le T4, bensì le forme FT3 e FT4 (dove F sta per "frazione libera"). Sia iI T3, sia il T4 sono fondamentali nella regolazione di numerose funzioni organiche, come: la crescita, il metabolismo, la frequenza cardiaca, il ciclo mestruale, il peso corporeo, i livelli di colesterolo, la salute della pelle e il sistema nervoso centrale.

L'asse ipotalamo-ipofisario


La secrezione e la sintesi degli ormoni tiroidei è controllata da due ghiandole situate nell'area cerebrale: l'ipofisi e l'ipotalamo. La prima ha lo scopo di produrre la tireotropina, l'ormone stimolante la tiroide noto anche con la sigla TSH, che ha il compito di incrementare la produzione di ormoni tiroidei. L'ipotalamo, a sua volta, influisce sulla regolazione del TSH tramite la produzione di un altro ormone liberante la tireotropina, noto con il nome di TRH. A seconda delle situazioni e dell'emotività (stati d'ansia, eccitazione, paura, ...) l'organismo va incontro a naturali alterazioni nella produzione di questi ormoni. Un normale equilibrio dell'asse ipotalamo-ipofisario garantisce una produzione ormonale adeguata alle richieste dell'organismo. A garantire questo equilibrio, però, è anche la dieta: per produrre normali quantità di ormoni, infatti, è necessario assumere circa 1 mg di iodio alla settimana.

Se la ghiandola va in tilt


Finché la tiroide funziona bene, non ci si rende certo conto della sua importanza, ma quando inizia a perdere"qualche colpo" (producendo ormoni in minore quantità) o a lavorare troppo (sintetizzando troppa tiroxina) tutto l'organismo ne risente in modo evidente, manifestando quell'insieme di sintomi racchiuso in due termini piuttosto noti: l'ipotiroidismo o l'ipertiroidismo.

Quando lavora poco

Se la tiroide produce insufficienti quantità di ormoni si va incontro all'ipotiroidismo, malattia che provoca un inevitabile rallentamento del metabolismo. Chi soffre di questo disturbo accusa una serie di sintomi, con inizio lento e insidioso: sonnolenza, stipsi, intolleranza al freddo, apatia, aumento di peso senza apparente aumento dell'appetito, voce roca, bradicardia (battito del cuore lento), possibili versamenti pleurici o addominali (solo raramente causa di disturbi respiratori o emodinamici), parestesie di mani e piedi (alterazioni della sensibilità, con formicolii, prurito, sensazione di liquido in circolo, ...), menorragia (aumento della durata e dell'intensità del flusso mestruale), ipotermia e spesso anemia (in genere in forma lieve). Nei casi più gravi si può andare incontro anche alla cosiddetta "facies mixedematosa", caratterizzata dal tipico gonfiore del viso (a causa, soprattutto, di un aumento del liquido interstiziale presente nei tessuti cutanei) o al coma mixedematoso, una grave (e rara) condizione clinica conseguente a un'infezione, a un trauma, a una prolungata esposizione al freddo o all'ingestione di sedativi. I sintomi sono, in genere, bradicardia, ipotensione arteriosa, spiccata ipotermia (anche 32°-35°C) e sonnolenza, fino al coma.

Si distinguono due forme diverse di ipotiroidismo: quello primario e quello secondario.
  • L'ipotiroidismo primario ha origine, la maggior parte delle volte, da processi autoimmuni, in cui l'organismo produce degli anticorpi contro il proprio tessuto tiroideo, spesso come conseguenza di una infezione della tiroide (come la tiroidite di Hashimoto). Altre volte il disturbo è presente sin dalla nascita (a causa di una congenita presenza di basse quantità di tessuto tiroideo), dopo un intervento chirurgico o radioterapico alla tiroide o a causa di alterata biosintesi degli ormoni tiroidei (come carenza di iodio o deficit enzimatici con difetti dell'ormonogenesi).
  • L'ipotiroidismo secondario è molto meno frequente della forma primaria e ha origine da alterazioni dell'asse ipotalamo-ipofisario, per ridotta produzione di TSH da parte dell'ipofisi o per ridotta produzione di TRH da parte dell'ipotalamo.
Alla diagnosi di ipotiroidismo, nonostante la presenza di sintomi eclatanti, si arriva mediante dosaggio su sangue degli ormoni tiroidei e, in particolare, delle frazioni libere FT3 e FT4 e della tireotropina (TSH). All'esame, i primi due risulteranno inferiori alla norma, mentre il TSH darà risultati più alti della media (a causa dell'asse ipotalamo-ipofisario, che per compensare la ridotta produzione di T3 e T4, aumenta notevolmente il rilascio di TSH ipofisaria). Se di fronte a una forma di ipotiroidismo secondario, in particolare, si avranno livelli di FT4 molto bassi e normali (o basse) concentrazioni di TSH; in questi casi la diagnosi deve avvalersi anche di test più complicati, come il Test al TRH per misurare l'aumento del TSH dopo iniezione di TRH. Molto utile, in ogni caso, è dosare anche gli anticorpi antitiroidei (l'antitireoglobulina e l'antiperossidasi), per escludere eventuali malattie autoimmunitarie.

La terapia è di tipo sostitutivo, con l'assunzione di prodotti a base di ormoni tiroidei. In genere, si preferiscono le preparazioni sintetiche di T4 (L-tiroxina), che viene convertita in T3 dal fegato. La dose da utilizzare deve essere quella minima necessaria a riportare i livelli di TSH nella norma (tranne nei casi di ipotiroidismo secondario). In caso di coma mixedematoso, invece, la terapia deve essere immediata, con la somministrazione di dosi elevate di T4 per via endovenosa o, se disponibile, di T3. La fase di mantenimento, poi, deve basarsi sull'inoculazione di T4 (50 mcg al giorno), finché l'ormone non può essere somministrato oralmente. In caso di coma mixedematoso, comunque, il paziente non deve essere riscaldato rapidamente, per evitare il pericolo di aritmie cardiache. Se è compromessa la ventilazione alveolare, infine, si rende necessaria anche l'immediata assistenza con ventilazione meccanica.

Quando lavora troppo

Un'eccessiva concentrazione di T3 e T4, a causa di un'iperproduzione di ormoni da parte della tiroide, è causa di ipertiroidismo (o tireotossicosi), le cui forme più severe hanno origine, in genere, da malattie quali il morbo di Basedow (o gozzo tossico diffuso), il morbo di Plummer (o adenoma tossico) o il gozzo tossico multinodulare. Forme più lievi o transitorie, invece, possono dipendere da processi infiammatori (tiroiditi) e, solo eccezionalmente, da ipersecrezione ipofisaria di TSH o da neoplasia. L'ipertiroidismo può anche derivare dall'assunzione di eccessive quantità di ormoni tiroidei (tireotossicosi fattizia).
Sintomi comuni a tutte le forme di ipertiroidismo sono: gozzo; tachicardia (aumento del battito cardiaco); cute calda, sottile e umida; tremori; insonnia; nervosismo; iperattività; aumento della sudorazione; diarrea; perdita di peso; alterazione del ciclo mestruale; segni oculari (sguardo fisso, retrazione delle palpebre, lacrimazione, irritazione,...) e debolezza.

La diagnosi è, di solito, semplice e dipende da un'accurata anamnesi, da un buon esame obiettivo e dalle misurazioni di routine degli ormoni tiroidei. In genere è sufficiente la determinazione della T4 sierica e della T3 su resina (esami relativamente poco costosi) per accertare lo stato funzionale della tiroide. All'esame si avranno livelli eccessivi di ormoni tiroidei e ridotte concentrazioni di TSH (in caso di ipertiroidismo secondario, invece, il TSH risulterà elevato).
Se, dopo questi test, la diagnosi di ipertiroidismo non è ancora certa, può essere utile passare a esami più costosi e sofisticati, come il test al TRH. Nei soggetti sani, dopo la somministrazione di TRH, si avrà un aumento del TSH, mentre nei pazienti affetti dalla malattia non si noterà alcun aumento di TSH.

La terapia può essere di tipo farmacologico, chirurgico e radiante. Nel primo caso si prescrivono medicinali tireostatici (metimazolo e propiltiouracile), cioè farmaci che agiscono bloccando la sintesi di ormoni tiroidei. Il propiltiouracile, in particolare, è in grado di inibire anche la conversione della T4 in T3. Dopo una prima terapia intensiva, la fase di mantenimento può durare da uno a più anni, a seconda della risposta del paziente. Per quanto riguarda la prescrizione di iodio in dosi farmacologiche, invece, è da limitarsi ai casi di urgenza. I farmaci a base di iodio, infatti, inibiscono il rilascio di T3 e T4 entro poche ore, ma l'effetto è transitorio e dura da pochi giorni a una settimana.
Alla chirurgia si ricorre in caso di pazienti sotto i 21 anni d'età (ai quali non si dovrebbe somministrare radioiodio), nei soggetti che non tollerano i farmaci per ipersensibilità o altre cause, nei portatori di grossi gozzi (da 100 a 400 gm, mentre la tiroide normale pesa 20 gm) e nei pazienti con adenoma tossico o gozzo multinodulare. La preparazione del paziente all'intervento si avvale di somministrazioni, per 2 settimane, di iodio al fine di ridurre la vascolarità della tiroide e di facilitare, così, l'operazione. Subito prima dell'intervento, va somministrato anche propiltiouracile perché il paziente deve essere eutiroideo (normale funzionamento della tiroide e normali livelli degli ormoni tiroidei).
Lo iodio radioattivo, infine, è generalmente limitato ai pazienti che non sono più in età riproduttiva (non sono ancora chiari i possibili effetti sul feto). In particolare, la terapia radiante è da preferire per i pazienti ultraquarantenni affetti dalla malattia di Graves.

Annapaola Medina



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