27 marzo 2003
Aggiornamenti e focus
SARS: ultimi aggiornamenti
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Alcuni aggiornamenti sono stati resi noti a proposito dell'infezione virale battezzata SARS (severe acute respiratory sindrome, grave sindrome respiratoria acuta). Per esempio , per quanto riguarda l'origine della malattia, si sta allargando il ventaglio dei possibili colpevoli: accanto alla famiglia dei Paramyxoviridae ora l'attenzione si sta puntando su quella dei Coronavirus e, anzi, non si esclude che allo scatenarsi della SARS possano contribuire due virus differenti. L'ipotesi è che uno solo potrebbe non essere in grado di provocare una reazione così grave, ma che sia necessaria la collaborazione tra due microbi per mettere al tappeto le difese immunitarie. Si sta inoltre discutendo se il virus o i virus implicati siano patogeni che normalmente colpiscono l'animale, e quindi hanno fatto un "salto di specie", oppure se si tratti di virus "umani" che in seguito a mutazioni sono diventati assai più virulenti. Va invece ridimensionato il timore suscitato dall'aumento del numero di casi che, al 25 marzo, hanno raggiunto quota 1323. Infatti, l'aumento è dovuto principalmente alla comunicazione da parte della Repubblica Popolare Cinese di tutti i dati relativi all'epidemia nella provincia di Guangdong a partire dallo scorso novembre.
Si tratta di cittadini dei seguenti paesi: Cina, Hong Kong, Indonesia, Filippine, Singapore, Tailandia e Vietnam, oltre a viaggiatori che provenivano da quei paesi. La malattia, però, è stata riconosciuta identica a un'altra che si era manifestata a partire dallo scorso novembre nella provincia meridionale cinese di Guangdong. Di conseguenza è la Cina ad avere il maggior numero di colpiti: 316 a Hong Kong e 792 nel Guangdong. In Italia risultano segnalati all'OMS tre casi sospetti ma, per esempio, il caso del paziente ricoverato all'Ospedale Sacco di Milano pare da attribuirsi a un'infezione batterica.
Secondo i CDC e l'OMS si deve sospettare che si tratti di SARS quando si presentano i seguenti sintomi: febbre superiore a 38°, uno o più tra tosse, respiro corto (tipo asma) difficoltà a respirare. Inoltre, deve esserci stato un contatto con una persona che ha contratto l'infezione o che si è recata in un paese nel quale è documentata la presenza della malattia (vale a dire i paesi citati all'inizio). Per contatto si intende quello che si realizza curando una persona, con la convivenza oppure con l'esposizione alle secrezioni respiratorie (saliva) o con i fluidi corporei. Sono già stati notificati casi di operatori sanitari contagiati dai pazienti che stavano assistendo. L'incubazione della malattia sembra richiedere da 2 a 7 giorni. Per precauzione, i CDC ritengono sospetti solo i casi di disturbi respiratori che si sono prodotti dopo il 1° febbraio.
Gli esami diagnostici
I CDC raccomandano ai medici di non trascurare l'inquadramento standard di tutti i pazienti, soprattutto allo scopo di escludere che si tratti di altre malattie respiratorie note. Di conseguenza, andrebbero eseguite la radiografia del torace, la pulsiossimetria per valutare l'ossigenazione del sangue, le culture del sangue e dell'escreto (secrezioni bronchiali) alla ricerca di patogeni noti e i test per la ricerca dei virus respiratori più comuni (virus influenzali A e B e virus respiratorio sinciziale). Si tratta però appunto di test di routine in tutti i casi di infezione respiratoria grave. Se si giungerà all'identificazione del patogeno sarà, ovviamente, possibile ricorrere a test mirati: quindi più rapidi e decisivi.
Le cure
Identificato il virus, da due laboratori di ricerca, in Giappone e in Germania, sembra ora possibile attuare terapie mirate e, in prospettiva, sviluppare un vaccino specifico. Nell'attesa, tuttavia, si raccomanda la somministrazione dei farmaci impiegati in tutti i casi di polmonite acquisita in comunità di eziologia interna. Quindi antibiotici efficaci contro i batteri che causano la polmonite tipica e atipica, nell'ipotesi che all'infezione virale possa facilmente sovrapporsi quella batterica.
Il controllo dell'infezione
L'unico modo è isolare le persone colpite, ricoverandole in ospedale, possibilmente in camere a pressione negativa, cioè dalle quali non possa sfuggire aria. Ai sanitari che li assistono si raccomanda poi l'uso di tute e guanti e uno scrupoloso rispetto delle norme igieniche (a volte si stende a dimenticare quanto conti il lavaggio scrupoloso delle mani). Sono misure piuttosto restrittive rese necessarie dalle scarse conoscenze sulla trasmissione del contagio.
Per il resto si tratta, anche se preoccupante, di una situazione padroneggiabile, soprattutto intercettando subito i casi sospetti. Anche in Italia, del resto, le strutture sanitarie aeroportuali sono già state da giorni allertate.
Maurizio Imperiali
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Chi è stato colpito
Si tratta di cittadini dei seguenti paesi: Cina, Hong Kong, Indonesia, Filippine, Singapore, Tailandia e Vietnam, oltre a viaggiatori che provenivano da quei paesi. La malattia, però, è stata riconosciuta identica a un'altra che si era manifestata a partire dallo scorso novembre nella provincia meridionale cinese di Guangdong. Di conseguenza è la Cina ad avere il maggior numero di colpiti: 316 a Hong Kong e 792 nel Guangdong. In Italia risultano segnalati all'OMS tre casi sospetti ma, per esempio, il caso del paziente ricoverato all'Ospedale Sacco di Milano pare da attribuirsi a un'infezione batterica.
Criteri di diagnosi
Secondo i CDC e l'OMS si deve sospettare che si tratti di SARS quando si presentano i seguenti sintomi: febbre superiore a 38°, uno o più tra tosse, respiro corto (tipo asma) difficoltà a respirare. Inoltre, deve esserci stato un contatto con una persona che ha contratto l'infezione o che si è recata in un paese nel quale è documentata la presenza della malattia (vale a dire i paesi citati all'inizio). Per contatto si intende quello che si realizza curando una persona, con la convivenza oppure con l'esposizione alle secrezioni respiratorie (saliva) o con i fluidi corporei. Sono già stati notificati casi di operatori sanitari contagiati dai pazienti che stavano assistendo. L'incubazione della malattia sembra richiedere da 2 a 7 giorni. Per precauzione, i CDC ritengono sospetti solo i casi di disturbi respiratori che si sono prodotti dopo il 1° febbraio.
Gli esami diagnostici
I CDC raccomandano ai medici di non trascurare l'inquadramento standard di tutti i pazienti, soprattutto allo scopo di escludere che si tratti di altre malattie respiratorie note. Di conseguenza, andrebbero eseguite la radiografia del torace, la pulsiossimetria per valutare l'ossigenazione del sangue, le culture del sangue e dell'escreto (secrezioni bronchiali) alla ricerca di patogeni noti e i test per la ricerca dei virus respiratori più comuni (virus influenzali A e B e virus respiratorio sinciziale). Si tratta però appunto di test di routine in tutti i casi di infezione respiratoria grave. Se si giungerà all'identificazione del patogeno sarà, ovviamente, possibile ricorrere a test mirati: quindi più rapidi e decisivi.
Le cure
Identificato il virus, da due laboratori di ricerca, in Giappone e in Germania, sembra ora possibile attuare terapie mirate e, in prospettiva, sviluppare un vaccino specifico. Nell'attesa, tuttavia, si raccomanda la somministrazione dei farmaci impiegati in tutti i casi di polmonite acquisita in comunità di eziologia interna. Quindi antibiotici efficaci contro i batteri che causano la polmonite tipica e atipica, nell'ipotesi che all'infezione virale possa facilmente sovrapporsi quella batterica.
Il controllo dell'infezione
L'unico modo è isolare le persone colpite, ricoverandole in ospedale, possibilmente in camere a pressione negativa, cioè dalle quali non possa sfuggire aria. Ai sanitari che li assistono si raccomanda poi l'uso di tute e guanti e uno scrupoloso rispetto delle norme igieniche (a volte si stende a dimenticare quanto conti il lavaggio scrupoloso delle mani). Sono misure piuttosto restrittive rese necessarie dalle scarse conoscenze sulla trasmissione del contagio.
Per il resto si tratta, anche se preoccupante, di una situazione padroneggiabile, soprattutto intercettando subito i casi sospetti. Anche in Italia, del resto, le strutture sanitarie aeroportuali sono già state da giorni allertate.
Maurizio Imperiali
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