Terapie farmacologiche

20 giugno 2008
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Terapie farmacologiche



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Se, dopo aver contato tutte le pecore possibili e immaginabili, aver provato tutte le tisane alla camomilla in commercio e aver letto tutti i Topolini dal 1800 ad oggi, il sonno ancora non arriva forse è il momento di ricorrere all'aiuto dei farmaci.
In passato per indurre e mantenere il sonno venivano utilizzati i barbiturici, oggi abbandonati perché vi sono molecole meno tossiche per l'organismo; in dosi eccessive, infatti, i barbiturici possono causare morte per depressione respiratoria. Con la scoperta delle benzodiazepine, principi attivi con azione anti-ansia e sedativa, si credette di avere finalmente un presidio terapeutico efficace e sicuro. In realtà, per quanto efficaci e sicure, queste molecole non sono esenti da spiacevoli effetti secondari.

Benzodiazepine (BDZ)


Il meccanismo di azione delle BDZ non è stato ancora completamente chiarito, ciò che si conosce, però, è che nel cervello esistono dei recettori specifici per questi farmaci. L'affinità delle benzodiazepine per questi recettori è proporzionale alla loro potenza farmacologica. Probabilmente il legame del farmaco al recettore innesca una serie di eventi sequenziali, in grado di potenziare l'attività dell'acido gamma-aminobutirrico (GABA), un neurotrasmettitore inibitorio, contrastando quindi la tensione nervosa.
Sono molte le BDZ in commercio e si differenziano tra loro in base all'emivita, ovvero il tempo di permanenza in circolo dei principi attivi nell'organismo, che ne condiziona la durata d'azione. Per fare alcuni esempi, troviamo:

A lunga azione
flunitrazepam, flurazepam, nitrazepam, quazepam

Ad azione intermedia
estazolam, lorazepam, temazepam

Ad azione breve
brotizolam, triazolam
Quelle a lunga durata sono utili nell'insonnia terminale, caratterizzata da risveglio precoce e accompagnata da ansia diurna; quelle ad effetto più rapido e breve sono sicuramente più adatte per chi ha problemi ad addormentarsi, poiché conciliano subito il sonno e agiscono solo per la durata della notte.

Effetti collaterali
Le benzodiazepine accorciano la durata delle fasi di sonno REM, quindi non guariscono dall'insonnia perché offrono un tipo di sonno artificiale, diverso qualitativamente da quello fisiologico.
I principali effetti secondari si manifestano, con l'uso prolungato (mesi) di questi farmaci, durante il giorno e includono: sedazione, rallentamento dei riflessi, incoordinazione motoria, difficoltà di memoria, confusione mentale, riduzione dell'attenzione, letargia, eruzioni cutanee, nausea, cefalea, riduzione della libido, vertigini. La comparsa di queste manifestazioni varia da individuo a individuo, è comunque più frequente in chi assume i farmaci con lunga emivita (perché si accumulano nell'organismo) e dopo anni di uso continuativo.

Sindrome d'astinenza
Tutte le benzodiazepine danno dipendenza fisica, per questo motivo dovrebbero essere prescritte solo in caso di effettiva necessità e per periodi limitati (2-4 settimane), intervallati da brevi interruzioni.
In caso contrario si instaura la dipendenza e, se l'assunzione viene interrotta all'improvviso, può verificarsi una vera e propria sindrome di astinenza, caratterizzata da insonnia, vertigine, cefalea, anoressia e, nei casi più gravi, anche ipotensione, ipertermia, psicosi, epilessia, crampi muscolari, sudorazione e coma. Va specificato che la gravità della sindrome di astinenza appare correlata molto di più alla durata della somministrazione che non al dosaggio. I sintomi iniziano a comparire entro il secondo-terzo giorno dalla sospensione di BDZ a lunga azione, come clordiazepossido o diazepam, mentre sono molto più acuti e improvvisi dopo la sospensione di farmaci a breve durata d'azione, come oxazepam o lorazepam.
Tra le BDZ ipnotiche il triazolam è meglio tollerato; insieme al flurazepam è anche il medicinale che altera meno la fase REM del sonno, tutto questo fa del triazolam il farmaco di prima scelta nel trattamento dell'insonnia acuta.

Nuovi ipnotici


Le ultime ricerche in campo medico-scientifico hanno permesso di scoprire nuove molecole, zolpidem e zaleplon, che sembrano avere un profilo farmacologico migliore delle benzodiazepine. Si tratta di principi attivi con breve emivita, capaci di indurre un sonno molto simile a quello fisiologico, senza causare stati di bassa vigilanza cognitiva o temporanee perdite di memoria; inoltre non provocano assuefazione né dipendenza.
Zolpidem ha un'emivita simile a quella del triazolam, la sua azione insorge entro circa 30 minuti, già a basse dosi si è dimostrato efficace e relativamente privo di effetti collaterali. A dosi equivalenti, tuttavia, il confronto zolpidem e triazolam non ha evidenziato differenze significative, segno che l'emivita non è abbastanza breve da evitare strascichi diurni, specie quando il farmaco viene assunto a notte inoltrata.
Zaleplon, invece, possiede una rapida insorgenza e un'altrettanto rapida cessazione dell'effetto, caratteristiche che ne consentono l'uso sia come sintomatico (cioè al momento del bisogno) sia come trattamento profilattico, senza tutti gli inconvenienti dei farmaci con lunga durata d'azione. L'uso di zaleplon, però, è soggetto ad interazioni con altri farmaci: cimetidina, eritromicina e ketoconazolo ne aumentano le concentrazioni plasmatiche, mentre rifampicina, carbamazepina e fenobarbital ne riducono l'efficacia.

Paola Medina
Elisa Lucchesini



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