Se lo stress è doppio

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Se lo stress è doppio



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Qualcuno le ha efficacemente definite acrobate, le donne che devono destreggiarsi con i ritmi di oggi tra casa, famiglia e un mondo del lavoro in trasformazione che le penalizza: il carico di stress psico-fisico che ne deriva può essere tale da far ammalare. Se a dirlo è una ricerca condotta nell'avanzatissima Svezia, paese-paradigma dell'attenzione sociale, specie al femminile, il dato pare eclatante. Eppure è interrogandosi sulle cause del notevole incremento di assenze prolungate per malattia in Svezia da fine anni Novanta, soprattutto tra le donne, che una ricercatrice in Scienze della salute pubblica è partita dall'ipotesi di fattori legati al lavoro e alla famiglia: un paradosso, come dice lei stessa, a fronte degli alti standard di vita e longevità del paese e del costante miglioramento della salute dei lavoratori attestato dagli indicatori. Non si tratta infatti di assenze brevi, ma di periodi di due mesi o più, inspiegabilmente con aumento massimo nella fascia 20-39 anni e minimo in quella 60-64 (alla quale le donne lavorano ancora), e di assenze comunque più lunghe che per gli uomini. E non è un assenteismo mascherato per assistere i figli, la ricerca ha messo in luce una realtà complessa con elementi istruttivi anche per altri paesi.

Im... pari opportunità


Si sono considerati dal registro del sistema assicurativo nazionale i casi di 324 donne da 30 a 55 anni con assenze dal lavoro oltre i 90 giorni, residenti in cinque aree urbane e rurali diverse per demografia e attività produttive, escludendo ovviamente quelle in gravidanza o con patologie. Le cause più comuni di malattia riscontrate erano dolore cervicale e lombalgia, sindrome burnout (forma di esaurimento da stress), disfunzioni coronariche, fibromialgia, depressione, dolori generalizzati, disturbi gastrici e altri problemi internistici minori. Per l'analisi ne sono state selezionate 231, divise in 30-42 anni e 43-55 anni, confrontate con 194 controllo, omogenee per caratteristiche ma senza lunghe assenze, tutte studiate in dettaglio con questionari e a volte anche colloqui. Rispetto allo stato familiare le malate long-term sono risultate associate a più figli e maggiore responsabilità di allevamento rispetto al partner, e al primo bambino avuto precocemente per le 30-42enni. Riguardo allo stato lavorativo sono apparse associazioni più marcate soprattutto con questi fattori: scarsa soddisfazione per le mansioni, autopercezione di incompetenza a svolgerle, impegno fisico o mentale oltre le proprie capacità, minore cambio di impieghi e luoghi di lavoro, part-time iniziato più precocemente, mancanza d'influenza sulle ore di lavoro (misura dell'influenza sul lavoro). Interessante il fatto che più del 90% delle assenti long-term per malattia voleva ritornare a lavorare e metà si diceva in grado di farlo subito potendo usufruire di aggiustamenti sul lavoro o di part-time.

Peggioramento dagli anni Novanta


Ci sarebbe cioè un intreccio di responsabilità tra fattori della sfera privata e di quella professionale. La domanda multipla per gli impegni familiari tradizionali e per quelli lavorativi potrebbe determinare un aumento di stress negativo tale da costituire una sfida per la salute e il benessere. E gli aspetti implicati sono svariati, dalla gratificazione sul lavoro (oltre alla scarsa soddisfazione era associato minore apprezzamento da superiori o referenti), al "bullismo" di questi ultimi che come prevedibile era associato per le più giovani, al lavoro di cura di bambini e assistenza sanitaria, alla richiesta crescente negli ultimi anni di impegno e disponibilità connessa con riorganizzazioni e tagli del personale. L'autrice rileva che le condizioni di lavoro per le donne, soprattutto nel principale settore per loro cioè quello pubblico (metà del campione dello studio), dagli anni Novanta in Svezia sono peggiorate e la "pressione" è aumentata. Particolare e in parte contraddittorio l'aspetto del part-time, fattore di rischio se precoce, ma desiderato per il rientro dopo la malattia:
l'interpretazione può essere che iniziarlo prima nella vita lavorativa non abitua ai livelli richiesti più tardi, all'opposto quando si è in malattia è visto come possibilità di utilizzare almeno parzialmente le proprie capacità. E non c'entrano le cure parentali: l'aspirazione al part-time non è infatti risultata maggiore tra le donne giovani. L'associazione tra tempo parziale e malattia resta però da chiarire.
La conclusione della ricercatrice è che le richieste lavorative attuali creano probabilmente un rischio per il benessere psico-fisico femminile: avere responsabilità familiari precoci ed eccessive può essere un determinante per le assenze per malattia successive, mentre fattori di rischio lavorativi sono bassa mobilità e part-time, eccessivo carico fisico e mentale, mansioni inadeguate. Del miglioramento di questi aspetti si dovrebbe tener conto per la promozione della salute femminile. Un colpo al cerchio di chi penalizza le donne sul lavoro e uno alla botte di chi le vuole solo a casa.

Elettra Vecchia



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