14 ottobre 2013
Interviste
Ansia da crisi: contro lo stress agire d’anticipo
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«Recentemente ho comprato un libro. Si intitola L'uomo flessibile. Pensavo fosse un libro appena uscito, è attualissimo, parla del rapporto tra l'uomo e la crisi della società. Poi ho scoperto che, in realtà, era stato ripubblicato nel 2001 e che la prima edizione è del 1998...». Comincia così Ferdinando Pellegrino, psicoterapeuta e docente di psicoterapia, dirigente del Dipartimento di salute mentale della Asl Salerno, autore di molti saggi, per sostenere la sua tesi. Quale? «Quel libro spiega bene che già anni fa si parlava di crisi e dei suoi influssi sull'uomo. In fondo tutti noi siamo figli della grande crisi del dopoguerra e abbiamo superato momenti difficili. Quindi, dal punto di vista psicologico, non è tanto quello che succede intorno a noi che fa la differenza, ma ciò che conta è come noi reagiamo di fronte alla crisi».
Quindi rispetto al passato i disagi psichici non sono cambiati?
«Cambia il meccanismo che innesca lo stress, ma lo stress è sempre lo stesso. Cambia il vissuto: se il povero uomo primitivo aveva lo stress del dinosauro oggi l'uomo moderno ha uno stress che deriva da un numero elevato di stimoli che non riesce a gestire. Pensi banalmente al fatto che quando eravamo giovani avevamo solo due canali televisivi, Rai 1 e Rai 2, e dovevamo scegliere solo tra quelli. Oggi l'uomo deve rispondere a più stimoli contemporaneamente, ma lo stress è sempre lo stesso dal punto di vista fisiologico: tachicardia, palpitazioni, disturbi gastrici. Problemi che derivano da ansia e depressione... Poi se andiamo a veder qual è la motivazione dell'ansia troviamo motivi diversi, l'uomo primitivo aveva paura del buio mentre l'uomo moderno ha paura di tutto ciò che lo circonda e che non riesce a controllare...».
Addirittura nessuna differenza tra l'uomo primitivo e quello moderno?
«Gli esseri umani hanno livelli di stress fisiologici che sono quelli che hanno permesso all'uomo primitivo di adattarsi alle condizioni di allora. Nelle varie epoche della storia venivano richieste altre capacità adattative da parte dell'individuo. Questo è il nocciolo del problema del rapporto psicologico tra l'uomo e ciò che lo circonda. Chi riesce a trovare una buona condizione di adattamento e non subisce in modo eccessivo ciò che succede intorno a lui riesce a evolvere verso un buon livello di qualità di vita».
Quindi tutto quello che si dice sugli effetti nefasti sulla psiche individuale della crisi economica e sociale che colpisce il nostro Paese, è privo di fondamento?
«Direi che tutti gli aspetti del sociale hanno un impatto sull'individuo, ma è la capacità di adattarsi dell'individuo che fa la differenza. E poi ci sono persone più vulnerabili. Se di fronte alle difficoltà io mi metto in atteggiamento di attesa, se mi metto nell'angoluccio ad aspettare che succeda qualcosa che mi salvi... Ma se invece io anticipo la crisi o la affronto con nuove idee o ancora meglio gestisco le nuove situazioni rimodulando il mio stile di vita, allora ho più possibilità di superare la crisi in termini di benessere».
Come spiega allora l'allarme che qualche tempo fa si respirava in giro quando aumentavano i suicidi di chi non aveva più lavoro?
«I suicidi non sono aumentati. Noi abbiamo una cifra che difficilmente cambia, intorno ai 3800 suicidi l'anno. Ma è ovvio che se i suicidi avvengono in determinati condizioni e sono casi simili la stampa mette i riflettori su quegli eventi. In realtà il problema è molto più ampio così come è ampio il problema dell'ansia e della depressione dell'uomo e la sua capacità o incapacità di adattarsi alla situazione».
C'è comunque un atteggiamento che va incentivato nei giovani per aiutarli ad affrontare le difficoltà e prevenire le possibilità che vivano disagi di tipo psichico?
«Sì. Noi dobbiamo aiutare le persone ad essere più forti. Penso agli insegnanti, ai docenti e ai genitori. Loro devono mettere i ragazzi in grado di poter competere, devono dare ai giovani gli strumenti per affrontare la vita. È come un ragazzo che non conosce l'inglese, ecco quello avrà meno possibilità di riuscire rispetto a uno che invece parla bene l'inglese. Dobbiamo aiutare le persone ad avere un atteggiamento più proattivo nei confronti della vita. Ogni epoca ha le sue difficoltà, i modi di affrontarle sono gli stessi».
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