06 maggio 2013
Aggiornamenti e focus
Inquinamento e aterosclerosi: un legame a doppio filo
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L'esposizione prolungata all'inquinamento atmosferico non solo può aumentare la frequenza di ictus e attacchi di cuore, ma accelera anche lo sviluppo di aterosclerosi. Lo afferma uno studio pubblicato su Plos medicine, e coordinato da Joel Kaufman, professore di epidemiologia presso l'Università di Washington a Seattle. «Le malattie cardiovascolari sono tra le principali cause di malattia e di morte al mondo, e le polveri sottili, specie il particolato fine del diametro di 2,5 micron - il cosiddetto Pm 2,5 - sono state ad esse correlate attraverso un meccanismo che accelera l'aterosclerosi» spiega il ricercatore, sottolineando che negli Stati Uniti, così come in altri paesi occidentali, due delle principali cause di morte tra gli adulti sono la malattia coronarica e l'ictus. «Fumo, pressione alta, livelli elevati di colesterolo, diabete, sovrappeso e inattività fisica sono i tradizionali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari» riprende l'epidemiologo che, assieme ai coautori dell'articolo, ha esaminato gli eventuali legami esistenti tra la progressione dello spessore medio-intimale (IMT) della carotide comune - noto indicatore di aterosclerosi - e la concentrazione di Pm 2,5 in oltre 5.000 partecipanti allo studio Mesa (Multi-ethnic study on atherosclerosis). Questo trial prospettico di coorte prevedeva due esami ecografici carotidei, effettuati tra il 2000 e il 2005, con un follow-up medio di circa 3 anni, e una parte dedicata all'inquinamento atmosferico, il Mesa Air, con la stima dei corrispondenti livelli di esposizione al Pm 2,5. «I soggetti selezionati facevano parte di 6 diverse zone metropolitane: Baltimora, Chicago, la Forsyth County in North Carolina, Los Angeles, la zona settentrionale di Manhattan e il Bronx meridionale, St Paul in Minnesota. Nella stessa città l'Imt delle persone esposte a livelli più elevati di polveri sottili aumentava più velocemente rispetto ai meno esposti. Osserva Kaufman: «I nostri risultati suggeriscono che le persone residenti nelle zone più inquinate possono avere un rischio cardiovascolare più alto rispetto a chi vive in zone meno inquinate della stessa area metropolitana. Se confermati dal follow-up a 10 anni, i dati di questa coorte aiuteranno a spiegare le associazioni a lungo termine tra concentrazioni di Pm 2,5 ed eventi clinici cardiovascolari».
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