#Covid-19 e tumore ovarico: intervista alla prof.ssa Nicoletta Colombo
Nell'intervista Nicoletta Colombo fornisce importanti indicazioni per le donne con tumore ovarico in questo difficile periodo di epidemia da Covid-19
L'emergenza coronavirus coinvolge tutti, ma per chi soffre di altre patologie è ancora più complesso. Molte visite ambulatoriali sono state rimandate, l'accesso alle strutture ospedaliere è più complesso, per ragioni di sicurezza. Cosa vuol dire affrontare una diagnosi e una cura per un tumore ovarico in questa situazione di emergenza Covid-19?
Come si devono comportare le donne che hanno un tumore ovarico? Cosa cambia nell'accesso alle cure? Dica33 ha intervistato Nicoletta Colombo, direttore del Programma di Ginecologia Oncologica, dell'Istituto Europeo di Oncologia, e co-fondatrice dell'associazione Acto, Alleanza contro il tumore ovarico.
Il tumore ovarico è una neoplasia che coinvolge le tube e le ovaie, cioè gli organi riproduttivi femminili situati nell'addome. Il carcinoma ovarico è il sesto tumore più diagnosticato tra le donne ed è il più grave (60% di mortalità) rientrando tra le prime 5 cause di morte per tumore tra le donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni.
Cosa succede se si è appena ricevuta una diagnosi di tumore ovarico?
La chirurgia è il primo trattamento dopo la diagnosi di carcinoma ovarico, che idealmente dovrebbe essere eseguito entro un mese dalla diagnosi. Cosa succede in questo periodo: il tumore ovarico rientra tra le patologie di classe di rischio prioritario (classe A), definite a livello Regionale. Quindi anche in piena emergenza Covid-19 l'intervento dovrebbe essere eseguito nei tempi stabiliti. Quello che cambia è che la Regione ha identificato dei centri Hub oncologici, ospedali predisposti dalla Regione come punto di riferimento oncologico, verso i quali dovrebbero essere indirizzati i pazienti dai diversi ospedali territoriali. Per esempio in Lombardia sono l'Istituto Europeo di Oncologia, IEO e l'Istituto Nazionale dei Tumori entrambi a Milano. Questo perché tutti gli ospedali hanno chiuso le attività di chirurgia programmata per accogliere i pazienti Covid-19. Di fatto queste misure servono ad assicurare che la paziente oncologica con carcinoma ovarico, nonostante l'emergenza Covid-19 possa ricevere tutti i trattamenti e le cure.
Cosa cambia invece per le donne che sono già in chemioterapia?
La paziente in trattamento farmacologico chemioterapico, potrà continuare le sue terapie. Solo in casi particolari e a discrezione del medico, è possibile che vengano rimandati. La paziente che ha un trattamento attivo salvavita anche in questo momento continua a ricevere tutte le cure. Per chi riceve chemioterapia ospedaliera in infusione, ciascun centro ha messo in atto procedure di sicurezza: questo è indispensabile perché l'ospedale rimanga esente da coronavirus. È molto importante garantire un ambiente più protetto possibile.
Esistono delle cure chemioterapiche domiciliari?
Esiste un trattamento chemioterapico orale utilizzato in alcune pazienti con tumore ovarico. In condizioni normali questo farmaco va ritirato in ospedale. In questa condizione di emergenza Covid-19, per limitare gli spostamenti delle pazienti, ci è stato permesso, in via eccezionale, di spedirli direttamente a casa, con il corriere. La spedizione avviene dopo un colloquio telefonico in videoconferenza, per accertarsi delle condizioni di salute. In alternativa, stiamo somministrando alle pazienti che si recano in ospedale un trattamento per 2 mesi. Anche in questo caso lo scopo è limitare il più possibile gli spostamenti delle pazienti e l'accesso in ospedale.
Perché è importante che le pazienti vengano protette dal rischio contagio?
I dati medici giunti dalla Cina, confermano che i pazienti in chemioterapia sono persone più fragili, perché si trovano in una condizione di riduzione delle difese immunitarie. Sono dunque più a rischio di contrarre l'infezione e di sviluppare forme gravi di Covid-19.
Quindi, quali provvedimenti vengono presi in ospedale?
Prima di tutto, quando una paziente deve recarsi in ospedale viene contattata il giorno prima per un colloquio telefonico in cui si chiede se ha sintomi, se ha avuto contatti con persone positive al virus, per evitare di far venire in ospedale chi può essere potenzialmente positivo. Poi, una volta arrivate nella struttura, abbiamo dei check point dove viene misurata la febbre e poi vengono effettuati altri accertamenti anamnestici. Lo scopo è garantire la sicurezza delle altre pazienti.
Se per caso la paziente dovesse avere la febbre?
In quel caso sarebbe isolata e verrebbe sottoposta a tamponi. Se positiva, diventa una paziente Covid-19.
Come la paziente con tumore ovarico deve difendersi dal rischio contagio?
Deve seguire ancor più scrupolosamente le indicazioni del Ministero della Salute: lavarsi le mani spesso e accuratamente, con sapone o con gel disinfettanti. Pulire adeguatamente le superfici. Tenere distanze di sicurezza con le altre persone. Ed è opportuno che resti in casa. Si può uscire per recarsi all'ospedale ed eventualmente per fare la spesa, solo se nessuno può farlo per loro. Queste regole vanno seguite in maniera stretta.
Avete messo in atto altre strategie per limitare l'accesso in ospedale?
Sì, per esempio invitiamo le pazienti a fare gli esami del sangue di controllo in centri analisi vicino a casa, senza recarsi in ospedale, poi li controlliamo da remoto. Inoltre abbiamo rimandato le visite di controllo, quelle chiamate di follow-up.
Le visite di follow-up sono sospese, ma è rischioso per le pazienti?
No, perché abbiamo rimandato solo le visite a pazienti che hanno terminato la chemioterapia e che eseguono periodicamente visite di controllo. Nel caso queste pazienti abbiano sintomi particolari o abbiano dei dubbi, possono sempre mettersi in contatto con il centro oncologico.
È disponibile un supporto psicologico per le pazienti con tumore ovarico?
L'associazione Acto, Alleanza Contro il Tumore Ovarico, mette a disposizione due servizi, per le donne con tumore ovarico. Un servizio di informazione e consulenza: qui vengono date risposte a dubbi di tipo pratico e di tipo legale. Vi è poi un secondo servizio di Supporto Psicologico. Si tratta di un servizio a prezzi convenzionati, curato dalla Dr.ssa Elisa Faretta, Direttore del Centro PIIEC e Specialista in EMDR, con la collaborazione della Dr.ssa Roberta Nicoli.
Chiara Romeo
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