#coronavirus, in attesa del vaccino. Intervista a Daniel Fiacchini
Sin dall'inizio della pandemia gli sforzi della comunità scientifica internazionale sono focalizzati sulla ricerca di un vaccino per il SARS-CoV-2. Ma come per tutti i vaccini anche in questo caso si tratta di un percorso lungo e complesso. Per conoscere come si sviluppa un vaccino, e quali sono le sfide che attendono i ricercatori oggi impegnati nella lotta al coronavirus, Dica33 ha intervistato il dottor Daniel Fiacchini, Coordinatore del Gruppo Tecnico Vaccini e Strategie di Vaccinazione Regione Marche.
Come funzionano i vaccini in generale?
Un vaccino è uno strumento attraverso il quale addestriamo il nostro sistema immunitario a riconoscere virus o batteri che senza una efficace difesa potrebbero causare malattie, disabilità e talvolta morte.
Per ottenere questo risultato i vaccini contengono generalmente alcune componenti del microrganismo (virus o batteri), chiamate tecnicamente antigeni. In alcuni casi i vaccini contengono microrganismi interi contro cui proteggono, in una forma indebolita (si parla di vaccini "attenuati") o completamente inattivata (vaccini inattivati o "morti"). Una volta che le cellule del sistema immunitario incontreranno gli antigeni contenuti in un vaccino saranno in grado di "scannerizzarli", classificarli come estranei e preparare il sistema immunitario a riconoscerli come tali e considerarli, dunque, meritevoli di una risposta anticorpale specifica.
Talvolta i vaccini contenenti i soli antigeni virali o batterici non sono in grado di stimolare in maniera ottimale il sistema immunitario. Per risolvere questo problema sono generalmente utilizzati i cosiddetti "adiuvanti", sostanze capaci di migliorare la risposta al vaccino, facilitando l'incontro tra antigeni vaccinali e cellule del sistema immunitario.
Come nasce un vaccino, quali sono in sintesi le tappe che portano allo sviluppo di un vaccino per un nuovo patogeno?
Le modalità di "costruzione" di un vaccino variano da preparato a preparato. Uno degli elementi costanti e caratterizzanti la nascita di un vaccino è la sua lunga, spesso lunghissima "gestazione". Prima che un vaccino possa essere messo in commercio e utilizzato diffusamente, passano mediamente 8-12 anni, un lungo periodo di ricerca, finalizzata a dimostrare la sua efficacia e la sua sicurezza. La prima fase di sviluppo è quella di laboratorio. In questa fase gli esperti cercano di capire quale parte del microrganismo potrà essere utilizzata per stimolare la risposta del sistema immunitario nel miglior modo possibile. Negli ultimi anni la tecnologia vaccinale ha fatto passi da giganti e ora si utilizzano tecniche di biologia molecolare che consentono di velocizzare notevolmente questa fase della ricerca. Poi si comincia con gli studi clinici sull'uomo, per testare la bontà del vaccino. Gli elementi imprescindibili che vanno accuratamente studiati sono la sicurezza e l'efficacia di un vaccino.
Perché ci vuole molto tempo per sviluppare un vaccino?
La ricerca, a questo punto, viene suddivisa in tre fasi che coinvolgono un numero crescente di volontari, fino ad alcune migliaia di persone. Agli studi di Fase 1 partecipano piccoli gruppi di volontari (alcune decine), con lo scopo di confermare la sicurezza del vaccino (frequenza e gravità degli effetti collaterali). Gli studi di Fase 2 hanno lo scopo di confermare la sicurezza e la tollerabilità del vaccino e dimostrarne l'efficacia. Si parla per essere precisi di "'immunogenicità" del vaccino, ovvero la sua capacità d'indurre una risposta immunitaria valida. In ultimo ci sono gli studi di Fase 3, ai quali partecipano migliaia di volontari, con l'obiettivo di confermare definitivamente la sicurezza, la tollerabilità e l'immunogenicità del vaccino su una popolazione molto ampia di soggetti. Terminate positivamente le fasi della ricerca clinica, il vaccino ottiene l'autorizzazione all'utilizzo da parte delle agenzie regolatorie internazionale e nazionali che acquisiscono e valutano indipendentemente i risultati di tutti gli studi.
Ma anche quando viene messo in commercio il nuovo vaccino, così come tutti i nuovi farmaci, viene tenuto sotto controllo per rilevare effetti collaterali sfuggiti agli studi clinici precedenti. Possiamo pertanto affermare che l'iter per la costruzione, la sperimentazione, l'immissione sul mercato e il relativo monitoraggio di un nuovo vaccino sono molto più lunghi e complessi rispetto a qualsiasi altro farmaco.
Agli anni di ricerca e di sperimentazione va poi aggiunto il tempo necessario per la produzione industriale di un vaccino, che deve essere utilizzato da intere popolazioni. Ecco perché ci vuole tanto tempo per sviluppare un vaccino.
La ricerca del vaccino per il SARS-CoV-2 seguirà quindi questo iter?
In tempi di emergenza, ad esempio mentre il mondo affronta una pandemia come quella da coronavirus, è importante che questi tempi si accorcino notevolmente. Possono essere utilizzate le tecniche di ricerca più innovative, possono essere utilizzate delle accortezze da parte delle agenzie regolatorie, possono essere utilizzate tecniche produttive più rapide e in grado di garantire un'ampia produzione nel minor tempo possibile, ma dalla sperimentazione alla distribuzione di un vaccino, pensato per una situazione di emergenza, possono passare molti mesi.
Pensando alla ricerca del vaccino per il Covid-19, attiva in molti paesi: quali paesi in particolare ci stanno lavorando?
Pare che una delle più promettenti collaborazioni sia quella tra il National Institutes of Health (NIH), e in particolare l'istituto nazionale per lo studio delle malattie infettive Niaid (National Institute of Allergy and Infectious Diseases), con la Coalion for Epidemic Preparedness Innovation (Cepi), organizzazione che ha raccolto oltre 700 milioni di dollari per mettere a punto vaccini contro potenziali malattie emergenti. In questo momento Cepi sta operando come cabina di regia per lo sviluppo di candidati vaccini contro il coronavirus e la rilevante partnership con il NIH è già esitata nei primi studi clinici attualmente documentabili sul territorio statunitense.
Quali sono le questioni più difficile da affrontare, e come influiscono le mutazioni del virus sullo studio e sviluppo del vaccino?
Il potenziale vaccino dovrà dimostrare di essere sicuro ed efficace, come tutti gli altri vaccini. Ci sono al momento alcune criticità tecniche ipotizzabili, una potrebbe essere collegata dal veloce mutare tipico dei coronavirus. Se il virus responsabile del Covid-19 dimostrasse una grande capacità di metamorfosi, in grado di rendere il virus irriconoscibile per il sistema immunitario, allora potrebbe essere necessario "aggiornare" il vaccino periodicamente, esattamente come succede con i virus influenzali per i quali sono necessari nuovi vaccini ogni anno. A questo proposito è fondamentale quanto già accaduto dalle prime battute dell'epidemia: il virus è stato isolato, il suo genoma è stato sequenziato e i risultati del sequenziamento sono stati condivisi pubblicamente e tutta la comunità scientifica mondiale ha avuto accesso a questi dati. I confronti costanti che avvengono tra ricercatori che isolano e sequenziano il materiale genetico del virus non potranno che essere utili per comprendere quante e quali mutazioni intervengano e se queste mutazioni saranno realmente in grado di influenzale l'efficacia di un vaccino.
A che punto siamo? È possibile fare un'ipotesi sulla data di disponibilità del vaccino?
Faccio mie le parole del Direttore OMS, il Dott. Tedros Adhanom Ghebreyesus, che in una recentissima conferenza stampa ha comunicato che un vaccino anti-sars-cov-2 sarà disponibile tra 12 e 18 mesi. Quanto tempo occorrerà poi per poter fruire di una campagna vaccinale di massa è difficile da dire. Sono personalmente convinto che i Dipartimenti di Prevenzione italiani sapranno organizzare le attività vaccinali nel migliore e più rapido modo possibile.
Stefania Cifani
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