#coronavirus: fase 2, avremo un nuovo picco di contagi? - Intervista a Emanuele Montomoli
Dall'inizio della pandemia sono state continuamente diffuse cifre riguardanti i casi di contagio, il numero di tamponi effettuati, i ricoveri nelle unità di terapia intensiva, i decessi. Numeri non sempre facili da comprendere, soprattutto nell'ottica di un confronto tra paesi o regioni.
Dica33 ha intervistato Emanuele Montomoli, Professore ordinario di Epidemiologia e sanità pubblica all'Università di Siena.
Professore, perché Italia e Germania presentano dati così diversi rispetto al numero di vittime per Covid-19?
Non è corretto confrontare i tassi di mortalità di paesi diversi, dove è diverso il metodo di conteggio: in Germania vengono conteggiati solo i soggetti deceduti positivi al coronavirus, ma escludendo quelli deceduti ma affetti da altre patologie. In Italia qualsiasi individuo deceduto e positivo rientra invece nel conteggio. Si tratta di un "macro errore" che rende impossibile, per esempio, affermare che il tasso di mortalità italiano è molto più elevato che in Germania
Lo stesso può capitare all'interno dell'Italia stessa?
Analogamente non è corretto confrontare l'incidenza dell'infezione tra regioni, perché questo dipende dal numero di tamponi eseguiti.
Se i tamponi non vengono eseguiti su tutta la popolazione, oppure se vengono fatti solo a chi possiede determinati requisiti clinici, il dato cambia. E un confronto tra dati ottenuti con metodi diversi non è corretto; per esempio il tasso di mortalità lombardo risulta molto più alto rispetto a quello di altre regioni; ma bisogna tenere conto del fatto che se i tamponi vengono fatti solo a chi si ammala sarà maggiore la probabilità che tra quegli individui si verifichino dei decessi, al contrario facendo tamponi su larga scala il numero di decessi sarà rapportato a una grandezza diversa, che comprende anche tutti i soggetti asintomatici.
Quindi come interpretare le mappe del contagio?
Le mappe devono essere lette per i valori assoluti ma non facendo confronti tra regioni; sarebbe stata necessaria una uniformità rispetto al metodo di screening ma non tutte le regioni hanno le stesse possibilità, e inoltre si entra nel campo delle politiche locali.
Alla vigilia della "fase due" si ritiene che il picco sia superato...
Va detto che con le misure di contenimento non ci si può aspettare un picco, che si verifica invece quando si permette al virus di circolare liberamente: quando cioè si osserva una crescita esponenziale fino al momento in cui, per carenza di individui suscettibili, la curva inizia a decrescere.
In Italia, ad eccezione di alcune zone, la diffusione dell'infezione è stata graduale e il lockdown ha interrotto la circolazione del virus. Quello che mi aspetto è una fase di plateau, e probabilmente una ripresa successiva. La maggior parte delle persone è ancora suscettibile all'infezione, perché non ha ancora incontrato il virus.
Vale la pena di ricordare che il motivo alla base del lockdown è stato quello di consentire alle strutture sanitarie di essere in grado di assistere gli ammalati. Da qui in futuro, nell'ambito di una pur graduale riapertura, dobbiamo aspettarci dei picchi di ritorno.
A quanto potrebbe ammontare la quota di individui suscettibili?
Presso L'Università di Siena è stata condotta una indagine siero epidemiologica su circa un migliaio di campioni, riferiti al periodo 16-27 marzo, e relativi a prelievi di sangue eseguiti su cittadini per qualsiasi ragione. Ci viene restituita una stima di individui positivi pari al 2% della popolazione; un dato che fa capire quanto ampia sia la popolazione potenzialmente suscettibile all'infezione.
Si parla molto dei test sierologici per l'immunità e di vaccino...
Per quanto riguarda l'immunità sierologica, che si presume consegua alla malattia ma della quale non si può essere sicuri, il rischio è di affidarsi a test con un profilo di sensibilità e specificità non sicuro, quantomeno in questa prima fase.
Per quanto riguarda il vaccino molti gruppi di scienziati stanno lavorando sulla ricerca, impiegando approcci biochimici molto diversi tra loro, come accade sempre per la vaccinologia tradizionale. Ma anche quando fossero ottenuti risultati positivi sull'uomo, la reale disponibilità del farmaco a livello globale richiederà molto tempo e dipenderà da vari fattori, non ultimo dai rapporti commerciali che il paese al quale si dovrà la scoperta intrattiene con gli altri stati.
Stefania Cifani
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