#coronavirus. Vaccino su ampia scala per la fine del 2021, secondo Ennio De Gregorio, Gsk Vaccines
Il primo step nello sviluppo di un vaccino è la fase esplorativa, che avviene in laboratorio...
Essa richiede tra i due e i quattro anni e mira a identificare gli antigeni, naturali o sintetici, che potrebbero aiutare a prevenire o curare una malattia. Una volta identificato l'antigene inizia la fase preclinica, che include studi in vitro e nei modelli animali. Il viaggio per molti candidati vaccini finisce in questa fase, mentre quelli più promettenti continuano il loro percorso con i testi nell'uomo. Se la fase di sviluppo sperimentale in laboratorio può essere oggi molto più accelerata, grazie alla disponibilità delle nuove tecnologie, i tre trial clinici hanno dei tempi standard e precedono l'autorizzazione all'immissione in commercio.
Prima di essere testato nell'uomo cosa accade?
Per essere testato sull'uomo va rilasciato un materiale di una certa qualità. Si dice "good manufacturing practice" (norme di buona fabbricazione, ndr). Oltre ad essere prodotto con alti standard qualitativi, il vaccino prima di essere iniettato nell'uomo deve essere sottoposto ad accurati studi di tossicologia (test di sicurezza su almeno una specie animale), perché non si possono mettere a repentaglio i soggetti in fase clinica. Quindi tra la fine della fase preclinica e l'inizio della fase 1 dei trial clinici passa un altro anno circa.
Poi c'è la fase 1.
Questa fase coinvolge un piccolo gruppo di volontari sani, fino a 100, ed essenzialmente va a testare la sicurezza del vaccino e a valutare la risposta immunitaria che provoca sugli esseri umani.
La fase 2 coinvolge un gruppo più ampio di volontari, tra i 100 e i 1.000.
Questa fase conferma le formulazioni e le dosi, identifica la necessità del richiamo e determina gli intervalli migliori tra una dose e l'altra, valutando ancora una volta la sicurezza, la risposta immunitaria e, a volte, i primi risultati di efficacia.
L'ultima è la fase 3, dove il vaccino viene testato su un gruppo molto ampio di volontari, da 1000 a 10.000 individui.
Si tratta di una fase di efficacia. Qui ci si concentra ancora una volta sulla sicurezza o reattogenicità, cioè il tipo e la frequenza con cui si manifestano eventuali reazioni avverse. In parallelo, procedono due percorsi fondamentali: l'industrializzazione della produzione del vaccino - in caso di impianti di nuova realizzazione possono volerci fino a sei anni dalla costruzione della facility alla sua prima approvazione regolamentare - e le autorizzazioni, concesse da autorità esterne come l'Ema (Agenzia europea per i medicinali, ndr), in Europa, e l'Fda (la Food and Drug Administration, ndr) negli Stati Uniti.
Oggi però ci troviamo di fronte a una pandemia globale, quindi i tempi verranno ristretti?
Quello che è stato fatto per il Covid-19 è del tutto fuori dalla norma, perché ovviamente c'è l'esigenza di trovare una soluzione il più presto possibile. Questo implica la riduzione della fase preclinica, dove non possiamo permetterci di dedicare troppo tempo per trovare il candidato giusto, gli studi di tossicologia devono essere per forza di cose più rapidi e tutti siamo disposti ad accettare più rischi per trovare una risposta a questo virus. Trovandoci di difronte ad una pandemia, anche le autorità regolatorie internazionali potrebbero richiedere standard meno stringenti, ma anche in caso di sviluppo accelerato il rischio-beneficio del candidato vaccino deve essere garantito. Non si faranno sconti sui requisiti di sicurezza ed efficacia, mentre possiamo aspettarci che per altri aspetti meno critici, i requisiti per la licenza saranno minori e ci saranno molti più post-marketing committments.
Realisticamente quanto potrebbe volerci per arrivare al vaccino?
Io posso parlare di quello che facciamo noi, i dettagli dei piani di tutti gli altri non sono pubblici. Gsk e Sanofi, che sono già equipaggiati per produrre quel che serve, cioè centinaia di milioni di dosi, mettendo a disposizione Sanofi il suo antigene e noi come Gsk il nostro adiuvante già consolidato per vaccini pandemici. Velocizzando tutto moltissimo, noi inizieremo la fase clinica quest'estate, prendendoci tutti i rischi che si possono prendere in relazione al beneficio collettivo, con l'obbiettivo di arrivare al vaccino su ampia scala per la fine del 2021.
Molti si aspettano una recrudescenza dell'infezione respiratoria il prossimo inverno nel nostro emisfero Nord...
E sarebbe bene avere il vaccino a ottobre, prima che arrivino le influenze stagionali. Anche se vedo più realistico averlo a disposizione per l'autunno successivo.
Ci sarà la temuta seconda ondata di contagi di Covid-19?
Non sono un epidemiologo, ma possono confermare che tutti i virus respiratori più comuni come influenza, raffreddore e virus respiratorio sinciziale (Rsv) lavorano in questo modo qui. Sono stagionali, c'è un'incidenza molto alta nei mesi invernali e un rallentamento in quelli estivi. Sarebbe strano se questo virus non lo facesse. Detto questo è anche vero che questo virus è nuovo, non lo conosciamo, nessuno ne è immune. Una cosa è certa: anche se in estate si dovesse fermare, poi in inverno il rischio sarà maggiore perché il virus ha maggiore resistenza con le basse temperature. A parità di misure di contenimento il rischio è maggiore.
Cosa ci dice la risposta immunitaria a questo virus?
La nostra "fortuna" è che questo è un coronavirus e ci sono già stati in passato due coronavirus molto aggressivi, la Sars e la Mers e questi vaccini sono stati studiati con molta attenzione. La comunità scientifica internazionale sta facendo un'assunzione che così come nei due virus che ci sono stati la proteina spike è stata l'ingrediente fondamentale dei vaccini sperimentali efficaci nei modelli animali, con il Covid-19 potrebbe essere lo stesso.
La spike del coronavirus però non è identica a quella di Sars e Mers...
Però siccome nel mondo dei virus ci sono delle strutture piuttosto conservate, possiamo dire che così come eravamo stati in grado di produrre una spike di Mers e Sars nella conformazione giusta per un vaccino, si potrebbe riproporre la stessa metodologia sul coronavirus Covid 19 e avere un candidato vaccino già pronto grazie al lavoro scientifico fatto sui virus precedenti. La sequenza genetica e gli studi sulla struttura della proteina ci confermano che le proteine spike sono abbastanza simile fra loro.
Un altro tema è quello degli adiuvanti, che si collega alla "nota dolente" della produzione, visto che il vaccino servirà a tutti a livello globale, con numeri pazzeschi. Sappiamo che avete all'attivo più partnership che prevedono l'impiego di un adiuvante già consolidato per vaccini pandemici.
Gsk è una delle poche aziende al mondo ad aver sviluppato e registrato adiuvanti per uso umano; un percorso che ha richiesto circa vent'anni e che oggi nessuno potrebbe compiere in tempi brevi. Con questa strategia non partecipiamo allo sviluppo di un solo vaccino, ma rendiamo possibile lo sviluppo di più vaccini promettenti.
Di cosa si tratta?
Un adiuvante, come dice la parola, è una sostanza che si aggiunge al vaccino e riesce a favorire la risposta del sistema immunitario, creando una immunità più forte e lunga nel tempo. Non solo, l'utilizzo di adiuvanti è particolarmente importante in una situazione di pandemia perché può consentire la riduzione della quantità di antigeni necessari per ogni dose di vaccino, permettendo in tal modo di produrne di più.
Di quanto potrebbero moltiplicare le dosi?
Dobbiamo vedere nei dati di fase 1, ci aspettiamo un aumento di almeno 10 volte.
Quanto dura la protezione del vaccino? C'è il rischio di doversi vaccinare ogni anno?
Per quanti mesi o anni il vaccino proteggerà per ora non lo sappiamo. È una delle criticità da capire.
Vi siete interrogati su a chi andranno prima le dosi, sui Paesi meno sviluppati, ecc.?
Certo. La nostra scelta, come Gsk, è quella di avere un approccio no-profit. L'accesso globale ai vaccini Covid-19 è una priorità e ci impegneremo per rendere qualsiasi vaccino sviluppato attraverso le nostre collaborazioni accessibile al pubblico, con meccanismi che offrano un accesso equo alle persone in tutti i paesi. Andremo a coprire prima dove sarà più urgente farlo. Non c'è un contratto preferenziale con uno o più Paese e tutto è inteso per rispondere a una situazione sanitaria mondiale. Eventuali profitti verranno riutilizzati per la risposta alla pandemia.
Sarà l'Oms a dettarvi le priorità?
Sicuramente. Nessuno potrà gestire da solo un piano di questo tipo, il ruolo degli organismi sovranazionali e dei governi sarà fondamentale.
C'è il rischio che per arrivare al vaccino per il Covid-19 rallenti la corsa agli altri, quelli per le altre malattie, come l'Hiv?
Sì, è un rischio reale. Potrebbe ad esempio saturare tutta la capacità di effettuare trial clinici. Questa emergenza potrebbe far passare in secondo piano gli investimenti per gli altri vaccini.
Siamo nell'epoca delle pandemie?
Il rischio di pandemie c'è sempre stato e c'è anche oggi. Il salto di specie dagli animali all'uomo, c'è sempre stata e come l'ha fatto il Covid-19, l'ha fatto la Mers, l'ha fatto la Sars. La differenza è che questo è un virus subdolo, che si diffonde molto più velocemente e tra gli asintomatici. Dopo questa emergenza, certamente saremo più preparati.
Maria Elena Capitanio
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