A proposito di Functional Training...

24 giugno 2015
Aggiornamenti e focus

A proposito di Functional Training...



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Bene: una volta tanto, ecco una novità in palestra che non è per niente una novità. Anzi, è quasi un ritorno alle origini. Non siamo tornati ai tempi del quadro svedese, sia chiaro. Si tratta comunque di un bel salto indietro, verso il fitness duro e puro, fine a se stesso. Fatto sta che, passata l'ubriacatura di macchine ipertecnologiche sempre connesse, da un po' di tempo l'allenamento funzionale si sta ritagliando uno spazio sempre maggiore in sala. È la riscoperta di una "non novità" che risale agli albori dell'educazione fisica (o, meglio, della ginnastica...), chiaramente adeguata ai parametri che nel frattempo la scienza medica e quella sportiva hanno acquisito. Nessuna crociata contro le macchine, sia chiaro; solo la rivalutazione di un concetto diverso di training, un allenamento modulato sui gesti ordinari della vita quotidiana e sugli schemi motori fondamentali del nostro corpo (saltare, correre, lanciare, afferrare eccetera) . Molto in sintesi, si tratta di un modo di allenarsi che interviene nello stesso tempo su più gruppi muscolari (a differenza delle macchine, che lavorano in isolamento), sollecitandoli secondo la loro funzione con esercizi che si avvicinino il più possibile ai movimenti che il corpo compie per natura su piani e assi differenti. Esistono, ovviamente, attrezzi dedicati e aziende che si sono legate a questo tipo di training, perché i metodi di Rocky - il testimone più famoso dell'allenamento funzionale - che si allenava sollevando tronchi nella neve o prendendo a pugni le carcasse nella cella frigorifera dell'amico macellaio, sono romanticamente deleteri. Tra gli addetti ai lavori i pareri, comunque, sono molteplici; segno che l'argomento è di grande attualità, al punto che una semplice domanda come "Quali aziende associ all'allenamento funzionale?" può dar luogo a una vivace e costruttiva pluralità di vedute, con concordanza solo su alcuni nomi.

Quali sono le aziende "funzionali?"

«Parlando di aziende, mi riferisco a società che forniscono formazioni di alto livello e, in alcuni casi, anche attrezzature» spiega Amir Lafdaigui, Master Trainer per Life Fitness e General Manager "Home Training". «In Italia le più conosciute sono Strong First con Fabio Zonin; l'Accademia Italiana della Forza, di Ado Gruzza; TacFit; Animal Flow; Crossfit; Jym Jones; FMS (Functional Movement Screening) . Senza dimenticare TRX, una delle aziende più note al mondo in questo ambito, che con l'allenamento in sospensione ha aperto numerosi orizzonti del functional training». Non ci sono, invece, aziende specifiche per Gianluca Scazzosi, Wellness Industry Solution, Business Consultant, «ma alcuni brand - come Pavigym, Reebok, Cross Fit, Queenax, TRX - rappresentano bene il functional training». Pochi dubbi per Stefano Carlini, direttore didattico dell'Accademia Italiana Wellness e docente Facoltà di Scienze Motorie di Urbino: «Allenamento funzionale significa Lacertosus, Sellfit, Sidea e High Power». E idee chiare anche per Marco Neri, Membro Comitato Scientifico FIF e Associazione Italiana Fitness e Medicina: «Lacertosus, K- Weel, Sidea, Xenios USA, FitMax». Giacomo Rosi, direttore tecnico e istruttore all'Ego Wellness Resort, amplia decisamente il discorso: «Personalmente, associo al concetto di "funzionale" Technogym, che circa una decina di anni fa mi fece scoprire questo "nuovo" metodo di allenamento con i corsi di formazione di Allenamento Funzionale e di Allenamento Funzionale con piccoli attrezzi. Dopo quella scoperta mi sono letteralmente "innamorato" dell'idea e ho esplorato il concetto di "funzionale" scoprendo diverse aziende che lo hanno esploso come, per esempio, Escape, Reebok, Queenax, Fitness Europe e Rogue, solo per citarne alcune». «Ormai molte delle aziende note producono attrezzi per l'allenamento funzionale» sostengono Cinzia Galletto, e Maximilian Stohr, formatori Fletcher Pilates, Pma Certified Teacher. «Per noi il "funzionale" è l'allenamento a corpo libero sfruttando il peso corporeo e utilizzando come attrezzi ciò che la scienza ha riprodotto a partire da ciò che la natura offre. Anche il Pilates è un allenamento funzionale atto a preparare il corpo ad alte performance. Pensiamo che ogni persona che si avvicini a questa metodologia debba testare su di sé quale azienda costruisce l'attrezzo che fa più al caso suo».

Kettlebell, clubbel e fusti di birra

Il corpo (libero) come obiettivo finale, ma anche come "attrezzo" di lavoro. Perché, come detto, il functional training ha aziende dedicate, ma anche strumenti propri. Ciò assodato, quali sono quelli che maggiormente caratterizzano questa metodologia? «Ribadendo il concetto che, secondo noi, il lavoro funzionale vero è la riscoperta del movimento a corpo libero sfruttando il proprio peso corporeo e che gli allenamenti tipo TacFit sono magnifici, in quanto basati sulla corretta tecnica di esecuzione perché il corpo sviluppi la migliore performance», riprendono Cinzia e Maximilian, «pensiamo che le kettlebell e i clubbell siano gli attrezzi che più possano caratterizzare questo tipo di allenamento. Con questi, si riesce a creare un buon lavoro per sviluppare forza e, se utilizzati in modo sensato e corretto, possono venire utili anche in esercizi di rieducazione motoria e di ausilio alla fisioterapia». Più filosofico, invece, l'approccio di Roberto Tiby, Formatore e Docente in ambito Marketing e Comunicazione: «Nessun attrezzo in particolare può essere ricondotto al training funzionale, perché credo che lo spirito di questo allenamento sia l'equilibrio e lo sviluppo di tutte le "capacità/abilità". Ridurre il funzionale a un attrezzo vorrebbe dire snaturarne il concetto stesso: non sarebbe funzionale». A fronte di questa opinione, c'è chi, invece, adotta interpretazioni più "libere": «Dato che la varianza è una delle caratteristiche principali del funzionale, con un po' di esperienza da parte del trainer ogni cosa può diventare un ottimo attrezzo» ammette Giacomo Rosi. «Personalmente mi piacciono molto le kettlebell e le clubbell; ma anche tutti gli strumenti ad acqua, come le twister bag e le water ball. Per citare attrezzi non convenzionali, mi piace usare i fusti di birra vuoti, gli pneumatici e dei semplici manici di scopa...». Ci piace. Restando in ambito gym alcuni nomi sono più ricorrenti di altri. «In realtà ci sono molte aziende che producono grandi e piccoli attrezzi e altri che distribuiscono. Tra le prime degne di nota ci sono Life Fitness (con il Synrgy) e Queenax per la produzione di grandi attrezzi; mentre per la famiglia dei piccoli attrezzi hanno molto seguito TRX, Trigger Point, Vibram con le FiveFingers, kettlebell, loopband, bosu, step, rope, clubbel, bag di ogni genere (nrg- bag, twister bag, bulgarian bag) e le varie palle (gym ball, med ball, palline da Pilates, slam ball eccetera) » afferma Amir. Un'opinione decisamente in sintonia con Gianluca Scazzosi («TRX, Queenax, kettlebell, Pliobox, ball ed elastici»), con Marco Neri («kettlebell, TRX o prodotti simili, Fit Ball, Power Bug») e con Stefano Carlini («kettlebell, palle mediche, cinghie per la sospensione, swiss ball, bilancieri olimpionici») .

A questo non rinuncio

Molti attrezzi, quindi; che non vanno visti in senso meramente commerciale ("Non sanno più cosa inventare..."), bensì come una molteplicità di proposte per sfruttare appieno l'enorme varietà del funzionale. Tra i tanti, però, c'è un attrezzo di cui davvero non si può fare a meno? Anche qui le risposte degli operatori sono diverse. Per Cinzia Galletto i clubbell sono irrinunciabili, mentre Marco Neri e Stefano Carlini non possono fare a meno dei bilancieri olimpici. Gianluca Scazzosi ricorda con una battuta una sacrosanta verità: «Il solo attrezzo di cui non si può fare a meno è un istruttore preparato!». Per Amir Lafdaigui «l'unico attrezzo di cui non si può fare a meno è il corpo umano. Tutto il resto è un accessorio». E la pensano così anche Roberto Tiby, che afferma: «Con il funzionale il corpo umano è l''attrezzo' che torna al centro dell'allenamento»; e Giacomo Rosi: «La cosa che più mi piace del funzionale è che nessuno strumento è imprescindibile. Anzi, io credo che il futuro del funzionale sia sempre più a corpo libero e a carico naturale. D'altronde cosa è più funzionale di gestire al meglio il proprio corpo?».

Quale futuro?

Già, il futuro del funzionale. Come si svilupperà nelle palestre? E, soprattutto: durerà? Roberto Tiby ne è certo: «Credo che questa metodologia sia il futuro del fitness per il prossimi 25 anni». Vedremo. Ma in questo lasso, cosa può succedere? «Il futuro dell'allenamento funzionale spero che sia uno studio attento del movimento multiarticolare e l'applicazione dei protocolli a corpo libero studiando progressioni e regressioni ad hoc, in modo che questo tipo di allenamento sia accessibile a tutti con programmi che seguano le esigenze e rispettino i limiti del corpo in modo da migliorarne la performance avendo cura dei suoi tempi. In altre parole, il motto 'No Pain, no Gain' non è funzionale», precisa Cinzia Galletto, sempre pragmatica. Amir Lafdaigui "rincara" la dose: «Il functional training è il mezzo per insegnare alle persone a usare il proprio corpo e a migliorare la sua mobilità e la sua funzionalità, per poi sfruttare queste qualità nella vita di tutti i giorni o ottimizzarle per vincere una maratona o una gara di powerlifting. Nel futuro vedo tutto ciò, vedo l'educazione al movimento e vedo anche ottimi professionisti che studiano e lavorano duro per migliorarsi. Diversamente, il rischio di non ottenere risultati o, peggio ancora, di danneggiare le persone sarà davvero elevato». Più critico e prudente il parere di Stefano Carlini: «Il futuro dell'allenamento funzionale è incerto, perché ha già raggiunto il picco e non può fare altro che perdere la vetrina mediatica e di conseguenza gli appassionati. Probabilmente si passerà a una pratica dell'allenamento funzionale con maggiori caratteristiche olistiche. Quindi meno persone da "forza pura" e più gente comune. Questo darà fiato al mercato per qualche anno ancora. Poi ci sarà l'ingresso di una nuova moda che romperà col passato». Voi che dite?

Alberto Zampetti



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