I danni dell’inattività fisica: qualche numero

02 luglio 2015
Aggiornamenti e focus

I danni dell’inattività fisica: qualche numero



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È un fatto ampiamente noto che l'attività fisica praticata con regolarità e con criterio abbia immediate ricadute positive sulla salute generale della persona. Si resta sorpresi, dunque, nel constatare che in Italia, per esempio, il 33% degli adulti non raggiunge i livelli di attività fisica quotidiana raccomandati Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) . Gli attuali livelli di inattività fisica gravano pesantemente sul sistema sanitario e si traducono in costi economici annuali di oltre 12,1 miliardi di euro, equivalenti all'8,9% della spesa sanitaria italiana, per un impatto complessivo sull'economia che comprende costi sanitari diretti annuali pari a 1,6 miliardi di euro e costi indiretti pari a 7,8 miliardi di euro (facendo riferimento al valore economico stimato di vita sana persa per malattia e mortalità prematura), cui si aggiungono altri costi legati ai disturbi mentali (depressione e ansia), conseguenza dell'inattività fisica. Grigia la situazione anche tra gli adolescenti (addirittura il 92% dei tredicenni non raggiunge i livelli consigliati) e tra le donne: ben il 38% contro il 28% degli uomini non è sufficientemente attivo. Questi i risultati dello studio "L'impatto economico dell'inattività fisica in Europa", realizzato dal Centre for Economics and Business Research (Cebr) e commissionato da ISCA (International Sport and Culture Association), presentato nell'ambito di una tavola rotonda presso l'Expo Conference Centre, alla presenza di Mogens Kirkeby (Presidente di ISCA), Giovanni Malagò (Presidente del CONI), e Claudia Mazzeschi, Professoressa di Psicologia Dinamica presso l'Università degli Studi di Perugia e Responsabile dell'area Psicologica del progetto Eurobis Coordinato dal professor Pierpaolo De Feo, docente di Endocrinologia presso la Facoltà di Medicina dell'Università degli Studi di Perugia.

Adottare stili di vita più sani e attivi

Con un focus su sei Paesi europei, quali Italia, Spagna, Regno Unito, Francia, Germania e Polonia, lo studio ha avuto l'obiettivo di aprire un dibattito su questi importanti temi e costituire un punto di partenza condiviso per incoraggiare i cittadini europei ad adottare stili di vita più sani e attivi. Questa analisi è un'ulteriore conferma del fatto che l'inattività costituisca uno dei principali fattori di rischio di un consistente numero di malattie, come affezioni coronariche, diabete di tipo II, cancro colon- rettale e cancro al seno, e sia responsabile del 14,6% dei decessi in Italia, equivalente a 88. 200 persone nel 2012. Inoltre, la ricerca dimostra che l'inattività fisica favorisce lo sviluppo di disturbi dell'umore, l'aumento dello stress e dell'ansia. Si calcola che ridurre di un quinto il livello di sedentarietà permetterebbe di risparmiare 2,4 miliardi di euro all'anno e ridurre vari disturbi dell'umore. Accanto al quadro critico presentato dai dati, sono state proposte iniziative efficaci per incoraggiare la persone a muoversi. Inoltre, sono stati presentati dalla Dott.ssa Mazzechi due progetti internazionali realizzati per la prima volta in Italia: EUROBIS (Epode Umbria Region Obesity Intervention Study) parte di EPODE International Network (EIN) - la più ampia rete mondiale di prevenzione dell'obesità - e Beat The Street. Realizzati a Perugia il primo e a Terni il secondo, sono basati su metodologie innovative volte a contrastare il fenomeno dell'incremento dell'obesità e promuovere l'educazione a uno stile di vita sano e attivo.

(S.R.)



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