03 luglio 2015
Aggiornamenti e focus
Le catene miofasciali
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Quando l'organismo si trova ad affrontare una situazione di disagio fisico, il suo unico scopo è quello di recuperare, se possibile, una tendenza all'omeostasi corporea (capacità di un organismo di mantenere costanti le condizioni chimico- fisiche interne anche al variare delle condizioni esterne) che riduca la percezione del dolore. In sostanza, cerca di autocorreggere il disagio reagendo e organizzandosi, compiendo a nostra insaputa un grande lavoro di autoguarigione. Questo vuol dire che finché il disagio rientra nella soglia di risposta asintomatica, noi continuiamo beatamente a non accorgerci di ciò che sta avvenendo nelle nostre strutture, siano esse articolari che muscolari, proseguendo magari nella ripetitività del gesto scorretto. Questo porta, con il passare del tempo, a un persistere della tensione tessutale residua che il corpo non riesce più a gestire in un lasso di tempo breve. Ciò implica che partendo dal trauma 1, il trauma 2 non partirà evidentemente da una soglia asintomatica 0 come il trauma 1 bensì già da una soglia 1. In tempi più o meno brevi con il persistere del gesto scorretto o semplicemente con il persistere di abitudini scorrette, il trauma supererà la soglia di risposta asintomatica. Tutto ciò renderà la risoluzione del problema un pochino più complessa al nostro operatore, che in prima battuta partirà dall'ubicazione del dolore stesso per poi seguire le catene miofasciali (formate da un gruppo di muscoli in tensione che si condizionano in maniera diretta tra loro), infine trovare l'origine del problema scatenante la sintomatologia dolorosa. La localizzazione di questi sintomi varia quanto a situazione e intensità. L'intera organizzazione della catena di reazione al disagio è strettamente sotto il controllo del sistema nervoso, il quale aumenta la tensione della catena miofasciale quando si trova difronte a un problema di tipo meccanico. Lo troviamo molto frequentemente nella patologia dello sportivo o semplicemente in chi, con una certa intensità, frequenta le palestre.
TENSIONE E CATENE
Il nostro corpo è in grado di autocorreggersi a livello posturale durante un trauma (recente o pregresso) e di conseguenza assumere posture di compenso per evitare e "sfuggire" al dolore stesso. Ci sono altri fattori che influenzano la tensione delle catene di autocorrezione miofasciali, i più comuni sono:
Fattori di tipo emotivo
noi tutti sappiamo che se la nostra mente lavora con cognizione, la risposta fisica è migliore. Mi viene in mente la postura di una persona triste con le spalle anteposte e il capo chino o di una persona che perennemente vive stati di rabbia con mascelle serrate e conseguente muscolo angolare in forte contrapposizione agonista di tensione. Sentimenti come la tristezza, la rabbia, la gioia e la paura giocano un ruolo da protagonisti nella nostra postura e quindi nelle nostre catene miofasciali di autocorrezione.
Fattori di tipo tossinico
una concentrazione elevata di tossine come ad esempio il fumo o l'alcol o il semplice smog causano grandi disagi al nostro corpo. Muscoli come gli scaleni o muscoli importantissimi per la postura come lo psoas sono fortemente influenzati dalla concentrazione di tossine. Uno psoas in contrazione continua da intossicazione tossinica porta inevitabilmente a uno spasmo lombare per degenerare in patologie più gravi e complesse.
Fattori di tipo viscerali
a domanda è semplice: dove sono allocati e come sono interfacciati i visceri con la nostra struttura ossea portante? La locazione è evidente e risaputa, ma non tutti forse si rendono conto che organi e visceri non sono sospesi miracolosamente dentro di noi, ma sono saldamente tenuti e trattenuti da fasce e legamenti. Questo ci porta a dire che se un organo vive una realtà di disagio, per via riflessa, aumenta la sua tensione sulle strutture portanti e ben lo manifesta al nostro sistema di reazione. Provate a immaginare quanta tensione crea sul nostro tratto lombare e addominale una colica renale.
Fattori di tipo psicologico
Godelieve Struyf (Les chaînes muscolaires. Vedere Dudal, Planches sur les chaînes muscolaires te articulaires, éd. Frison- Roche, Parigi, 1995) ha codificato i rapporti esistenti tra alcuni tipi psicologici e le varie catene muscolari. Come lui anche W.H. Sheldon ha codificato i criteri psicologici del somatotipo impiegando ben 60 tratti per caratterizzare le tre categorie di quello che egli definì "temperamento" (Osteopatia. Modelli di diagnosi, trattamento e pratica, Jon Parson- Nicholas Marcer, ed. Marrapese, Roma) :
* viscerotonia (tipo fondamentale di comportamento descritto da Sheldon, caratterizzato da "generale amore per le comodità, socievolezza, ghiottoneria, piacere della compagnia, bisogno di affetto. Ha atteggiamenti rilassati, reazioni lente, umore stabile, tolleranza nelle relazioni con gli altri, ed è generalmente una persona con cui si tratta facilmente") .
* somatotonia (anche questo è un tipo fondamentale di comportamento descritto da Sheldon, caratterizzato "da amore per l'avventura fisica e per il rischio, e da un bisogno imperioso di attività fisica e muscolare. L'individuo è aggressivo, insensibile ai sentimenti degli altri, dimostra più della sua età, è rumoroso, coraggioso e portato alla claustrofobia. Per lui sono molto importanti l'azione, il potere e il dominio") .
* cerebrotonia (sempre secondo la tipologia di Sheldon, il tipo cerebrotonico è un individuo in cui domina la razionalità e sono caratteristiche l'introversione e la tendenza a vivere in solitudine. Si fonda sullo sviluppo del foglietto embrionale ectodermico) .
Arrivati a questo punto c'è da chiedersi: sì, ma quando metto in moto una catena di autocorrezione miofasciale? Quando supero quella famosa soglia asintomatica? La risposta anche qui è semplice: quando il corpo è saturo e basta una goccia per farlo traboccare. Proviamo a pensare a un bicchiere colmo di acqua: quando è colmo fino all'orlo quanto basta per farlo traboccare? Una goccia, una semplice goccia…
Marco Ciervo
(Responsabile Formazione Scuola Osteopatia dello Sport Torino)
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