Studenti universitari italiani “rimandati” in attività fisica

04 novembre 2015
Aggiornamenti e focus

Studenti universitari italiani “rimandati” in attività fisica



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La fotografia è impietosa: stili di vita non salutari, abitudini alimentari scorrette, inattività fisica, guida in stato di ebrezza o sotto l'influenza di sostanze psicoattive e un'attenzione non ottimale nei confronti della propria salute riproduttiva. Pare proprio che gli studenti universitari italiani abbiano accumulato diversi" debiti formativi" in comportamenti e stili di vita salutari: a rivelarlo è un'interessante ricerca promossa dalla Facoltà di medicina e chirurgia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità, i cui risultati fanno parte dell'indagine "Sportello Salute Giovani". La ricerca integrale, pubblicata sugli Annali dell'Istituto Superiore di Sanità, ha riguardato stili di vita e comportamenti di 8516 studenti di dieci università italiane (di Nord, Centro e Sud del Paese), in età compresa tra 18 e 30 anni: 5702 donne (67%) e 2814 uomini (33%) con età media di 22,2 anni. I risultati parlano chiaro: ben 3 studenti su 10 non svolgono attività fisica, con le donne (30,5%) più sedentarie degli uomini (16,2%) . E lo 0,9% degli intervistati ha ammesso di aver fatto utilizzo di sostanze dopanti. Poi: 3 su 10 hanno l'abitudine al fumo e 4 su 10 consumano settimanalmente vino e birra. Rispetto alle abitudini alimentari, gli studenti universitari non seguono, in generale, le raccomandazioni nazionali: solo il 44% e il 22,5% consumano, rispettivamente, almeno 1 porzione di frutta e 2 porzioni di verdura al giorno. Le donne presentano abitudini alimentari più salutari: 49,1% e 27,7% raggiungono, rispettivamente, il consumo giornaliero raccomandato di frutta e verdura, contro 33,8% e 12,0% degli uomini. Solo 8,5% degli studenti universitari consuma 5 pasti al giorno e più di 1 su 3 non fa colazione regolarmente ogni mattina; l'11,3% consuma infine quantità eccessive di caffeina. La maggior parte degli studenti universitari ha un Indice di Massa Corporea nel range di normalità, con 13,7% in sottopeso e 11,2% in sovrappeso o obeso. Si nota una maggiore prevalenza di sovrappeso/obesità nella popolazione maschile (18,5% vs. 7,5%), mentre le condizioni di sottopeso/anoressia sono molto più frequenti in quella femminile (19,4% vs 2,3%) .

Scarsa l'attenzione alla salute riproduttiva per 3 studentesse su 10, che dichiarano di non essersi mai sottoposte a controlli ginecologici. Il 2,5 % degli studenti universitari ha già contratto una patologia sessualmente trasmessa, principalmente Herpes genitale e Chlamydia, mentre il 21,8% delle donne ha già fatto ricorso alla pillola del giorno dopo.

Altissima l'attitudine verso le nuove tecnologie, con rischio di abuso e dipendenza: tutti gli studenti hanno almeno un cellulare e 7 su 10 usano smartphone per essere sempre connessi. Al di là di uno stile di vita non del tutto salutare, gli universitari italiani (8 su 10) si sentono comunque in buona o ottima salute. «Indagini come questa dell'Università Cattolica, che esplora le abitudini e i comportamenti dei nostri giovani, rappresenta un prezioso strumento per poter programmare la prevenzione primaria soprattutto in vista dell'aumento dell'aspettativa di vita» afferma Walter Ricciardi, Presidente dell'Istituto superiore di sanità. «Questi dati ci impongono di prestare una maggiore attenzione in tutte le politiche, e non solo in quelle sanitarie, all'educazione agli stili di vita salutari. Il vantaggio è doppio, individuale e collettivo: essere anziani con un buon tempo da spendere e poter affrontare una spesa sanitaria maggiormente sostenibile». Basterebbero pochi interventi per migliorare la situazione, dicono i ricercatori: dall'offerta di porzioni di frutta e verdura al posto di calorici snack nei distributori automatici, all'incremento della disponibilità di centri fitness e strutture sportive nei campus universitari oltre a campi di calcio, pallavolo, pallacanestro e tennis interni o convenzioni con palestre strutture esterne. Inoltre, organizzazione di corsi che educhino all'uso consapevole delle nuove tecnologie, evitandone gli abusi fino a sportelli di counseling dentro gli atenei a loro disposizione.

E' evidente che alcuni stili di vita e comportamenti abituali o occasionali possono avere un impatto diretto o indiretto sulla salute e sul benessere fisico e psichico. Presenti in tutte le età, i comportamenti a rischio tendono a concentrarsi soprattutto tra i giovani. In questo periodo della vita, si esce di solito dal contesto sociale primario (la famiglia, la scuola, etc.) per confrontarsi con l'ambiente universitario o con il mondo del lavoro. Per molti, questo passaggio comporta anche l'allontanamento da casa e l'inizio di una vita che richiede decisioni autonome ed espone a nuove dinamiche relazionali. Anche se gli stili di vita e la predisposizione verso comportamenti potenzialmente a rischio affondano le proprie radici in un periodo più precoce della vita, l'ambiente universitario dovrebbe essere un luogo in cui promuovere la salute dei giovani.

I risultati dell'indagine dimostrano che, pur con tutte le criticità evidenziate, gli studenti italiani rappresentano un buon ordito, su cui continuare a tessere la trama. Per questo promuovere la salute e prevenire le malattie nella popolazione giovanile è una scommessa per il presente e un investimento per il futuro.

Simona Recanatini



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