26 novembre 2015
Aggiornamenti e focus
A proposito di ipercolesterolemia
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Il colesterolo, si sa, è una sostanza grassa ed è per il cuore un nemico giurato. Per contrastarlo sono fondamentali un'alimentazione leggera e poco grassa e, soprattutto, lo svolgimento regolare, se non quotidiano, di attività fisica. Detto questo, sarebbero 250 mila gli italiani con alti livelli di colesterolo determinati non dalla cattiva alimentazione o da stili di vita inadeguati ma da una causa genetica, che impedisce all'organismo di eliminare efficacemente dal sangue il colesterolo "cattivo". È la cosiddetta ipercolesterolemia familiare, patologia ancora poco conosciuta, tanto che si stima che in Italia abbia ricevuto una diagnosi corretta solo l'1% della popolazione che ne è affetta (in Olanda si arriva al 71%, in Norvegia al 43%) . Sono questi alcuni dei risultati emersi dall'indagine civica "Colesterolo, una questione di famiglia", condotta da Cittadinanzattiva, tramite le sue reti del Tribunale per i diritti del malato e del Cnamc (Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici), realizzata con il contributo non condizionato di Sanofi. Un'indagine interessante, che mette in luce un fattore negativo legato proprio alla prevenzione: un intervistato su due, infatti, dichiara di riscontraredifficoltà nello svolgere una regolare attività fisica, circa il 42% a seguire una corretta alimentazione (anche per colpa di diete fallite in passato...) e il 18,2% a smettere di fumare. Cambiare lo stile di vita poco salutare non è facile, a causa dell'abitudine a una vita sedentaria (24,8%) ma anche perché l'attività a pagamento è costosa (20,7%) e mangiare sano faticoso (24%) . La prevenzione, dunque, viene lasciata alla "buona volontà" del singolo individuo e non incentivata né sotto il profilo formativo e informativo, né sotto il profilo economico o psicologico. Ma facciamo un passo indietro. Anzi, due. Innanzitutto chiariamo che lo strumento più efficace per combattere l'ipercolesterolemia, che si associa non solo a fattori genetici ma anche a cattive abitudini e scorretti stili di vita responsabili tra l'altro anche di sindrome metabolica e obesità, resta la prevenzione e la correzione della dieta e degli stili di vita. Ovvero: condurre uno stile di vita salutare basato su una dieta equilibrata e con pochi grassi, praticare attività fisica, evitare il fumo contribuiscono a diminuire il rischio di veder accrescere il livello di colesterolo LDL. Altra storia è invece l'ipercolesterolemia familiare dove anche l'attenta correzione della dieta e degli stili di vita non riescono da soli a limitare in maniera consistente i possibili rischi di eventi cardiovascolari anche in giovane età, di solito attorno a 40- 50 anni. A differenza dell'ipercolesterolemia dovuta a stili di vita non salutari, lo strumento più efficace di prevenzione in questi casi è la diagnosi clinica precoce. Bene: l'indagine "Colesterolo, una questione di famiglia" aveva l'obiettivo di rilevare il livello di consapevolezza rispetto all'ipercolesterolemia familiare e ai suoi rischi. È stata condotta con questionari rivolti ai cittadini, compilati attraverso il sito internet o la somministrazione diretta (1317 i questionari validi) . Gli intervistati, in prevalenza donne con età compresa tra 30 e 41 anni, presentano problemi di colesterolo elevato: il 37% ha ipercolesterolemia, oltre il 27% ipercolesterolemia familiare. Il 27% soffre di ipertensione, il 9,6% di elevati livelli di trigliceridi, il 9% è obeso. Un terzo del campione identifica correttamente le dislipidemie come una malattia legata al sovrappeso; il 45% riconosce l'ipercolesterolemia familiare come una elevata concentrazione di colesterolo nel sangue ma solo il 34,6% sa che è di origine genetica. Più di un cittadino su dieci dichiara di aver avuto il primo sospetto della patologia in maniera quasi autonoma, cercando sul web, reperendo informazioni in tv o sui giornali; il 40% grazie al fatto di avere un familiare già affetto, il 29,4% è stato invece diagnosticato dal medico di famiglia. Il 23% di chi ha ricevuto una diagnosi resta però senza una terapia: fra chi l'ha ricevuta, nell'83% dei casi è farmacologica mentre non allo stesso modo viene prescritta la dieta (68,3%) e,ovviamente, l'attività fisica (65,6%) .
COSA SI PUÒ FARE
Promuovere attività di informazione sull'ipercolesterolemia familiare, per arrivare a una diagnosi precoce e sfatare falsi miti come, ad esempio, che il colesterolo è sempre solo un problema di stile di vita e dieta. L'informazione deve diventare ancora più trasparente e precisa quando la persona riceve una diagnosi di ipercolesterolemia familiare: anche l'investimento sull'empowerment e sul self management della persona malata o dei familiari deve essere potenziato per favorire la migliore qualità di vita e autonomia possibile. Per questo si chiede alle Istituzioni competenti di valutare l'opportunità di promuovere programmi di screening organizzato sulla popolazione a rischio, analizzando modelli internazionali in essere come ad esempio l'Olanda, sulla base della EBM e dell'applicazione di un rigoroso processo di Health Technology Assessment. Garantire un investimento in prevenzione, in particolare quella primaria. Intervenire con disposizioni specifiche come la tassazione deljunk food (cibo spazzatura), come accade in altri paesi d'Europa e incentivare fin dalla prima infanzia campagne di promozione ed educazione ai corretti stili di vita, vigilando sull'alimentazione, in particolare scolastica. Infine, incentivare l'attività fisica (gruppi di cammino, agevolazioni fiscali, convenzioni per persone con patologie croniche e rare) . Ci arriveremo davvero?
Simona Recanatini
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