26 marzo 2017
Aggiornamenti e focus
Gomito del tennista: la chirurgia potrebbe non essere vantaggiosa
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Secondo uno studio presentato allo Specialty Day della American Orthopaedic Society for Sports Medicine (AOSSM) a San Diego in California, in caso di gomito del tennista un approccio chirurgico potrebbe non offrire un beneficio aggiuntivo ai pazienti. Martin Kroslak, dell'Orthopaedic Research Institute a Sydney, Australia, e colleghi hanno valutato in una sperimentazione randomizzata e in doppio cieco 13 pazienti sottoposti a un comune intervento chirurgico per rimuovere una parte degenerata del muscolo estensore radiale breve del carpo, rispetto a un gruppo di 13 individui che hanno ricevuto una incisione laterale sul gomito e nessuna ulteriore riparazione, trattamento considerato come placebo.
Tutti i pazienti soffrivano dei sintomi della patologia da più di sei mesi e avevano tentato almeno due trattamenti non chirurgici come terapia fisica, massaggi, agopuntura o tutori senza trarne sollievo. L'esito primario era rappresentato dalla frequenza della presentazione di dolore al gomito durante l'attività. I pazienti hanno compilato dei questionari, indicando sintomi quali la frequenza e la gravità del dolore con l'attività e a riposo, durante il sonno, nel raccogliere oggetti o facendo movimenti di torsione. Entrambi i gruppi hanno ricevuto lo stesso trattamento di riabilitazione, consistente in applicazione di ghiaccio, stretching e un programma di rinforzo entro due settimane dall'intervento. «I nostri dati mostrano che entrambi i gruppi hanno sperimentato miglioramenti significativi nel grado di dolore entro 26 settimane dopo l'intervento, e anche un miglioramento della frequenza del dolore con l'attività» commentano gli autori. «Inoltre, questi risultati sono stati coerenti o sono migliorati dopo 1- 4 anni di follow- up, senza alcuna differenza significativa tra i due gruppi in qualsiasi momento». «La gestione gomito del tennista cronico è una sfida per una gran parte della popolazione attiva» spiega Kroslak che poi conclude: «La nostra ricerca mostra le difficoltà nel delineare un piano di trattamento per questi pazienti, e il continuo lavoro da fare per sviluppare approcci sia chirurgici che incruenti».
American Orthopaedic Society for Sports Medicine
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