09 giugno 2005
Aggiornamenti e focus
Prezzi tagliati? Forse..
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La spesa sanitaria privata, cioè quello che il cittadino paga di tasca sua è tornata finalmentre alla ribalta grazie a un decreto. E' quello voluto dal neo ministro della Salute Francesco Storace che è stato prontamente ribattezzato "tagliaprezzi" (DL 20 maggio 2005). Infatti anche se il sistema sanitario nazionale, alla fine, lascia scoperte poche prestazioni importanti (come l'odontoiatria) è anche vero che tra ticket e farmaci da banco e farmaci non erogati dal servizio sanitario, le spese non mancano. Il decreto interviene sui farmaci, non quelli che si ottengono dal Ssn, ma quelli cosiddetti di fascia C, cioè pagati direttamente dal cittadino, che necessitino o meno della ricetta del medico. Infatti nella fascia C rientrano anche i farmaci da banco e quelli cosiddetti SOP (senza obbligo di prescrizione). Come agisce il decreto? Va premesso che mentre il prezzo dei farmaci pagati dal servizio sanitario viene contrattato tra lo stato e il produttore, per quelli che a carico non sono il prezzo è in pratica libero, e può essere rivisto dall'azienda in ogni momento. Il ministero della Salute ha comunicato che negli ultimi dieci anni questi farmaci hanno subito un aumento medio del prezzo del 50%, "spesso ingiustificato". Nell'ultimo anno, dal 10 maggio 2004 al 10 maggio 2005, sempre da dati del Ministero, per i 266 farmaci con obbligo di ricetta si è verificato un aumento di oltre il 5%, con un medicinale che e' aumentato addirittura del 257%. Per i 123 farmaci SOP, il prezzo è cresciuto di oltre il 5%, con un +108% in un caso. Infine, per i 108 farmaci da banco, l'aumento si e' attestato intorno al 5%. La nuova norma, invece, prevede che i prezzi debbano rimanere stabili per un biennio, al termine del quale eventualmente l'azienda potrà apportare variazioni. Non soltanto: da ora in poi i farmacisti, se vorranno, potranno applicare sconti fino al 20% sui prezzi del listino, ma soltanto per i farmaci da banco e per i SOP. In effetti è una pratica abbastanza diffusa, per esempio, in Francia, dove può anche capitare di vedersi proporre "il tre per due".
Per far risparmiare sui farmaci che invece richiedono la ricetta, il decreto stabilisce che il farmacista dovrà far presente l'eventuale esistenza di un generico equivalente e consigliarne l'acquisto, sempre che il medico non abbia scritto sulla ricetta "non sostituibile". Il decreto non è piaciuto a molti. All'opposizione, per esempio, e ai sindacati, che tutti hanno tacciato di demagogia. Anche alcuni movimenti dei consumatori hanno preso posizioni analoghe, a volte anche dicendo inesattezze. Per esempio è stato sostenuto che nella fascia C con obbligo di ricetta ci sono soltanto farmaci di dubbia utilità, o comunque non strategici per la tutela della salute. E' in gran parte vero, ma non mancano eccezioni: per esempio benzodiazepine, ansiolitici e sonniferi, sono lì da sempre, "la mutua non li passa". Vuoi per la paura dell'abuso, vuoi per altre argomentazioni che non è dato conoscere. Eppure hanno un costo non irrilevante, e lo potrebbe ben raccontare chiunque soffra, per esempio, di attacchi di ansia e panico. Se il farmacista comincia a proporre il generico anche in questi casi è un'ottima cosa. Però è difficile non concordare con quanto detto da Luana Zanella, deputata dei Verdi: "Se davvero Storace volesse favorire i cittadini, proporrebbe un regime controllato dei prezzi dei farmaci di fascia C, anziché lasciare al caso la possibilità di ottenere sconti e alle aziende la possibilità di rivalersi ogni due anni con gli aumenti illimitati dei prezzi".
Al fondo, però, c'è il settore dei generici che non è decollato come avrebbe dovuto e non è colpa dei farmacisti: è esperienza comune vedere i pazienti, specialmente i più anziani, rifiutare la sostituzione e preferire pagare la differenza. Lì dovrebbe essere il medico a fare opera di convinzione. Ma nemmeno i medici sembrano convintissimi. Mario Falconi, leader del principale sindacato dei medici di famiglia, ha infatti dichiarato: "Se io prescrivo un farmaco, non posso accettare che un farmacista lo sostituisca oggi con un generico e domani con un altro di marca diversa a seconda delle sue disponibilità. E questo perché potrebbe avere ripercussioni negative sulla terapia sia per un effetto moltiplicatore di problemi medico legali, sia in ragione della diversa qualità del farmaco percepita dal medico e dal malato". Sulla qualità percepita, ecco, magari il medico potrebbe anche metterci del suo. Quella reale del generico, invece, la garantisce il Ministero esattamente come per tutti gli altri farmaci. Verrebbe da citare Shakespeare quando fa dire a Giulietta che "quella che chiamiamo rosa, anche con un altro nome avrebbe il suo profumo".
Maurizio Imperiali
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...e inoltre su Dica33:
Cercare il generico anche in fascia C
Per far risparmiare sui farmaci che invece richiedono la ricetta, il decreto stabilisce che il farmacista dovrà far presente l'eventuale esistenza di un generico equivalente e consigliarne l'acquisto, sempre che il medico non abbia scritto sulla ricetta "non sostituibile". Il decreto non è piaciuto a molti. All'opposizione, per esempio, e ai sindacati, che tutti hanno tacciato di demagogia. Anche alcuni movimenti dei consumatori hanno preso posizioni analoghe, a volte anche dicendo inesattezze. Per esempio è stato sostenuto che nella fascia C con obbligo di ricetta ci sono soltanto farmaci di dubbia utilità, o comunque non strategici per la tutela della salute. E' in gran parte vero, ma non mancano eccezioni: per esempio benzodiazepine, ansiolitici e sonniferi, sono lì da sempre, "la mutua non li passa". Vuoi per la paura dell'abuso, vuoi per altre argomentazioni che non è dato conoscere. Eppure hanno un costo non irrilevante, e lo potrebbe ben raccontare chiunque soffra, per esempio, di attacchi di ansia e panico. Se il farmacista comincia a proporre il generico anche in questi casi è un'ottima cosa. Però è difficile non concordare con quanto detto da Luana Zanella, deputata dei Verdi: "Se davvero Storace volesse favorire i cittadini, proporrebbe un regime controllato dei prezzi dei farmaci di fascia C, anziché lasciare al caso la possibilità di ottenere sconti e alle aziende la possibilità di rivalersi ogni due anni con gli aumenti illimitati dei prezzi".
Fare un po' di cultura
Al fondo, però, c'è il settore dei generici che non è decollato come avrebbe dovuto e non è colpa dei farmacisti: è esperienza comune vedere i pazienti, specialmente i più anziani, rifiutare la sostituzione e preferire pagare la differenza. Lì dovrebbe essere il medico a fare opera di convinzione. Ma nemmeno i medici sembrano convintissimi. Mario Falconi, leader del principale sindacato dei medici di famiglia, ha infatti dichiarato: "Se io prescrivo un farmaco, non posso accettare che un farmacista lo sostituisca oggi con un generico e domani con un altro di marca diversa a seconda delle sue disponibilità. E questo perché potrebbe avere ripercussioni negative sulla terapia sia per un effetto moltiplicatore di problemi medico legali, sia in ragione della diversa qualità del farmaco percepita dal medico e dal malato". Sulla qualità percepita, ecco, magari il medico potrebbe anche metterci del suo. Quella reale del generico, invece, la garantisce il Ministero esattamente come per tutti gli altri farmaci. Verrebbe da citare Shakespeare quando fa dire a Giulietta che "quella che chiamiamo rosa, anche con un altro nome avrebbe il suo profumo".
Maurizio Imperiali
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