L'antidepressivo deve andare a genio

24 novembre 2006
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L'antidepressivo deve andare a genio



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"A me lo spirridione compresse non fa nulla". Lo spirridione non esiste, ma la frase è di quelle ricorrenti: che non tutti i farmaci abbiano lo stesso effetto su tutte le persone che li assumono non è peraltro un luogo comune e le prove, grazie alla genetica, sono sempre più numerose. Anzi, esiste una vera e propria disciplina, la farmacogenetica, che si occupa proprio di individuare quali caratteristiche geniche determinino la risposta ai farmaci. Alla farmacogenetica appartiene uno studio coreano pubblicato da JAMA, che si è occupato di due importanti classi di antidepressivi: gli inibitori del reuptake della serotonina o SSRI, e gli inibitori del reuptake della noradrenalina (NRI).Il metabolismo di questi due neurotrasmettitori è scritto nei geni, come tutto, del resto. Ma i geni, o meglio alcune regioni di geni, che si occupano di questo aspetto possono presentare, da un individuo all'altro, caratteristiche leggermente diverse, si è cioè di fronte a un polimorfismo. Nel caso della serotonina, le mutazioni si presentano in diverse aree del gene trasportatore (in gergo, polimorfismo 5-HTT), mentre per la noradrenalina lo studio si è occupato di un solo polimorfismo (NET G1287A). Per inciso, sono questi geni trasportatori i bersagli dei farmaci. Ora è evidente che se cambia qualcosa nel bersaglio, non è detto che il farmaco abbia comunque lo stesso effetto, anche se è possibile che poi, alla fine, sul piano clinico non si notino differenze. Lo studio ha considerato 240 pazienti affetti da depressione maggiore, una parte trattata con un SSRI, fluoxetina o sertralina, oppure con un NRI, l'amitriptilina. Tutti i partecipanti sono stati sottoposti a indagini genetiche allo scopo di individuare di quale genotipo fossero portatori sia per il 5-HTT sia per il NET. Dopodiché si è valutata la risposta clinica al trattamento (quanti pazienti traevano benefico dal farmaco) in rapporto al polimorfismo presente.

Differenze da un'etnia all'altra


Primo risultato: effettivamente c'è una variazione del risultato clinico in funzione del polimorfismo, per entrambe le classi di farmaci. Quindi è stata confermata l'indicazione che proveniva da altri studi precedenti. Ma con una differenza importante: nella popolazione coreana una delle mutazioni favorevoli ai farmaci SSRI era diversa da quella che risulta favorevole nelle popolazioni bianche caucasiche. Non solo, ma questa mutazione influenza anche la risposta agli NRI. In termini di efficacia, avere la mutazione "giusta" può significare che la risposta passa dal 29% al 79%, che non è certo poca cosa. Anche per quanto riguarda le mutazioni del gene trasportatore della noradrenalina c'è un effetto analogo dei polimorfismi, però riguardano soltanto i farmaci NRI e non c'è interferenza con i serotoninergici.In definitiva: esiste una combinazione di polimorfismi, su entrambi i geni trasportatori, che è predittiva di un ben scarso risultato con entrambi i tipi di farmaco, un'altra che invece determina una buona efficacia. Tuttavia, il fatto che il genotipo favorevole, per uno dei polimorfismi, vari da un'etnia a un'altra induce a pensare che il tutto non sia influenzato soltanto dal gene trasportatore ma che questo risenta di altre determinanti genetiche ancora da indagare.
Quali sono le implicazioni terra terra di questo come di altri studi analoghi è più difficile a dirsi. E' chiaro che se ogni volta che si prescrive un antidepressivo si dovesse procedere a un'indagine genetica, sarebbe un mezzo disastro economico, almeno ai valori attuali. Certamente, però, questi risultati depongono a favore del fatto che per questa malattia, come per molte altre, si cerchino approcci farmacologici diversi. Ma diversi davvero, non la quindicesima molecola della stessa famiglia che differisce solo di quel tanto che consente di ottenere un brevetto.

Maurizio Imperiali



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