27 settembre 2006
Aggiornamenti e focus
Antinfettivi contraffatti
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Nel campo dell'infettivologia un caposaldo come gli antibiotici, formidabile strumento di prevenzione (storicamente il più importante dopo l'acqua potabile e i vaccini) e di terapia, vedono oggi parzialmente limitate le loro potenzialità per il continuo emergere di resistenze batteriche. A ciò si aggiunge la difficoltà di sviluppare molecole innovative dirette contro nuovi bersagli terapeutici. Un altro problema crescente, relativo agli antinfettivi in genere (contro batteri, virus o parassiti) è quello della produzione di farmaci contraffatti oppure sottostandardizzati, un fenomeno in espansione e poco valutato, che favorisce nei paesi più poveri, dove la situazione è peggiore, un aumento di mortalità e morbilità, la selezione di patogeni resistenti, nonché la perdita di fiducia nelle cure mediche. Nelle nazioni più ricche questo avverrebbe invece soprattutto per farmaci contro patologie croniche o disturbi da stile di vita occidentale. Per antinfettivi contraffatti si intendono preparazioni con certificazione deliberatamente falsa e nei quali i principi attivi possono essere assenti, o insufficienti o in eccesso, oppure che hanno componenti errati; per sottostandardizzati invece preparati farmacologicamente corretti ma con specificazioni qualitative non adeguate a quelle richieste per un dato medicinale.
In una review su Lancet si nota che le stime sulla prevalenza del fenomeno contraffazione sono vaghe, variando dall'1 al 50%, anche se parlando di produzione farmaceutica globale si sottolinea che la valutazione più ottimistica dell'1% vedrebbe coinvolti comunque milioni di persone. E non si tratta di un problema moderno, dato che, a parte l'antichità, è stato documentato per esempio negli ultimi due secoli per l'antimalarico chinina e per la penicillina. A favorirlo sono diversi fattori, come il costo relativamente elevato dei farmaci correttamente realizzati, la loro scarsità o alta richiesta, carenze legislative e penali, fenomeni di corruzione; d'altra parte solo il 20% dei paesi membri dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) è dotato di regolamentazioni farmaceutiche adeguatamente sviluppate e il 30% non le ha o non è in grado di farle funzionare. Una ricerca ha per esempio documentato 206 casi di antibiotici contraffatti relativi a 38 nazioni e di 771 segnalazioni giunte tra il 1982 e il 1999 al WHO oltre metà riguardavano antinfettivi, anche se non più del 5-15% dei 191 paesi membri riferisce casi di farmaci contraffatti (che nella rampante Cina nel 2001 avrebbero causato 192 mila morti). A sua volta il problema dei farmaci sottostandardizzati avrebbe una diffusione preoccupante, come risulterebbe dal dato del 40% degli antinfettivi in Tailandia e del 36% in Nigeria. Nei paesi tropicali, al centro delle contraffazioni sono soprattutto gli antimalarici, in quanto farmaci più usati in loco: ne sono state riferite per otto dei dodici principali. Altri bersagliati su larga scala perché costosi sarebbero gli antiretrovirali contro l'HIV e contro l'influenza, i secondi anche perché richiesti sull'onda della paura per l'influenza aviaria.
Le conseguenze di tutto questo sono, in assenza o scarsità di principi attivi, un'ulteriore mortalità per malattie diffuse come malaria, polmonite, meningite, tifo e tubercolosi; in presenza di dosi eccessive o componenti errati, incrementi di effetti indesiderati anche mortali; in caso di sottodosaggi, la selezione di ceppi resistenti; senza contare la disaffezione verso le cure mediche e le conseguenze socioeconomiche per malati e familiari, ma anche per i produttori dei farmaci corretti. Quali le contromisure da adottare contro la contraffazione-sottostandardizzazione degli antinfettivi? Dovrebbe prima di tutto aumentare la consapevolezza del problema e andrebbero avviati piani d'azione nazionali coordinati tra governi, aziende, società civile, con l'aggiunta auspicata di una task force internazionale; sarebbero utili poi un'armonizzazione degli aspetti legali, regolatori, penali tra i vari paesi, e maggiori informazioni sul fenomeno da parte delle aziende farmaceutiche; ma resta anche l'esigenza di aumentare la disponibilità di preparati poco costosi per le nazioni povere. Il 90% dei decessi per malattie infettive si verifica nelle aree in via di sviluppo e benché l'Africa più l'Asia contino il 72% della popolazione mondiale, consumano poco oltre il 10% della produzione farmaceutica globale: una disparità ulteriormente aggravata considerando le contraffazioni.
Elettra Vecchia
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Dagli antimalarici agli antivirali
In una review su Lancet si nota che le stime sulla prevalenza del fenomeno contraffazione sono vaghe, variando dall'1 al 50%, anche se parlando di produzione farmaceutica globale si sottolinea che la valutazione più ottimistica dell'1% vedrebbe coinvolti comunque milioni di persone. E non si tratta di un problema moderno, dato che, a parte l'antichità, è stato documentato per esempio negli ultimi due secoli per l'antimalarico chinina e per la penicillina. A favorirlo sono diversi fattori, come il costo relativamente elevato dei farmaci correttamente realizzati, la loro scarsità o alta richiesta, carenze legislative e penali, fenomeni di corruzione; d'altra parte solo il 20% dei paesi membri dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) è dotato di regolamentazioni farmaceutiche adeguatamente sviluppate e il 30% non le ha o non è in grado di farle funzionare. Una ricerca ha per esempio documentato 206 casi di antibiotici contraffatti relativi a 38 nazioni e di 771 segnalazioni giunte tra il 1982 e il 1999 al WHO oltre metà riguardavano antinfettivi, anche se non più del 5-15% dei 191 paesi membri riferisce casi di farmaci contraffatti (che nella rampante Cina nel 2001 avrebbero causato 192 mila morti). A sua volta il problema dei farmaci sottostandardizzati avrebbe una diffusione preoccupante, come risulterebbe dal dato del 40% degli antinfettivi in Tailandia e del 36% in Nigeria. Nei paesi tropicali, al centro delle contraffazioni sono soprattutto gli antimalarici, in quanto farmaci più usati in loco: ne sono state riferite per otto dei dodici principali. Altri bersagliati su larga scala perché costosi sarebbero gli antiretrovirali contro l'HIV e contro l'influenza, i secondi anche perché richiesti sull'onda della paura per l'influenza aviaria.
Più mortalità e selezione di ceppi resistenti
Le conseguenze di tutto questo sono, in assenza o scarsità di principi attivi, un'ulteriore mortalità per malattie diffuse come malaria, polmonite, meningite, tifo e tubercolosi; in presenza di dosi eccessive o componenti errati, incrementi di effetti indesiderati anche mortali; in caso di sottodosaggi, la selezione di ceppi resistenti; senza contare la disaffezione verso le cure mediche e le conseguenze socioeconomiche per malati e familiari, ma anche per i produttori dei farmaci corretti. Quali le contromisure da adottare contro la contraffazione-sottostandardizzazione degli antinfettivi? Dovrebbe prima di tutto aumentare la consapevolezza del problema e andrebbero avviati piani d'azione nazionali coordinati tra governi, aziende, società civile, con l'aggiunta auspicata di una task force internazionale; sarebbero utili poi un'armonizzazione degli aspetti legali, regolatori, penali tra i vari paesi, e maggiori informazioni sul fenomeno da parte delle aziende farmaceutiche; ma resta anche l'esigenza di aumentare la disponibilità di preparati poco costosi per le nazioni povere. Il 90% dei decessi per malattie infettive si verifica nelle aree in via di sviluppo e benché l'Africa più l'Asia contino il 72% della popolazione mondiale, consumano poco oltre il 10% della produzione farmaceutica globale: una disparità ulteriormente aggravata considerando le contraffazioni.
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