24 febbraio 2006
Aggiornamenti e focus
Se costa meno, ci si cura di più
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La salute è anche una "questione di soldi", è inutile nasconderselo. Di conseguenza, ogni qual volta si pone un pagamento a carico del paziente, se è vero che si scoraggiano le prestazioni inutili, c'è il rischio di far abbandonare a qualcuno le cure. Una conferma in questo senso viene da un recentissimo studio statunitense che, tra l'altro, mostra come le condizioni economiche del paziente pesino solo fino a un certo punto. L'indagine ha riguardato i farmaci, più precisamente quelli prescritti per condizioni croniche, cioè da assumere a lungo o vita natural durante. Per esempio antipertensivi, statine per il controllo della colesterolemia, steroidi inalatori per l'asma e la pillola anticoncezionale. Per spiegare lo studio, però, è necessaria una breve illustrazione dell'assistenza farmaceutica negli Stati Uniti. A pagare le medicine è la compagnia assicurativa, o l'assistenza statale per alcune fasce della popolazione.
Le compagnie hanno diversi sistemi di ticket. Il più recente è quello "a tre vie", nel quale il paziente paga un ticket molto basso, o nessun ticket, se accetta dei farmaci generici; un ticket intermedio se accetta farmaci di marca presenti in una lista compilata dall'assicurazione (preferred drug), oppure un ticket elevato se vuole un farmaco di marca non presente nella lista (non preferred drug). I ricercatori hanno voluto controllare se l'adesione alla terapia da parte del paziente dipendesse dal tipo di farmaco, e quindi di ticket, che si trovava a pagare. In parole molto semplici: se un paziente paga poco fin dall'inizio è più probabile che segua le cure? Nello studio si è anche controllato in quale misura il paziente fosse incline a cambiare tipo di farmaco, per esempio passando da un generico a uno di marca o viceversa. Infine, i dati sono stati incrociati con la residenza, per stabilire in base al quartiere in cui abitavano se si trattava di persone più o meno facoltose.L'adesione alla terapia è stata valutata dividendo il numero di dosi acquistate per 365, così da stabilire in quanti giorni dell'anno il paziente aveva in casa una dose adeguata alla prescrizione, nell'ipotesi che, se aveva in casa le pillole, le avrebbe anche assunte.
In totale, sono state considerate 7532 "prime prescrizioni": nel 23% dei casi il medico ha cominciato la terapia con un medicinale ad alto ticket, nel 58% con un farmaco a ticket intermedio e nel 18,7% con un generico. Il 13% dei pazienti avviati al generico ha poi cambiato tipo di medicinale, come ha fatto poco meno del 20% di quelli avviati al preferred drug. Ovviamente, tra chi ha cominciato con un farmaco ad alto ticket gli abbandoni sono stati più consistenti: il 28,3%. Quanto all'adesione alla terapia, al di là del fatto che variava in funzione della malattia cui era destinata (massima per i farmaci per l'ipertensione, minima per gli antiasmatici), effettivamente era superiore del 12% tra chi assumeva il generico rispetto a chi assumeva il farmaco più costoso, con un vantaggio intermedio per chi assumeva il farmaco di marca approvato dall'assicurazione. Insomma, meno si paga di ticket e più facilmente si segue la prescrizione del medico. Le differenze non sono enormi ma ci sono. Inoltre, come anticipato, il fatto di essere più o meno benestanti non influisce su questo aspetto: insomma, spendere di più non fa piacere a nessuno. Lo studio conclude quindi che il medico dovrebbe essere un po' più attento a scegliere per le terapie croniche medicinali che non pesino eccessivamente sulle tasche del paziente, se si vuole garantire la massima adesione alla prescrizione. Anche perché, si dice a chiare lettere nello studio, all'interno di ciascuna classe di farmaci, le differenze in termini di efficacia e sicurezza tra quelli più costosi e quelli meno costosi erano trascurabili, posto che vi fossero. "Va bene" dirà qualcuno "ma agli italiani che importa?". Importa perché, ancora oggi, si vedono molte persone, in farmacia, che non accettano il generico anche quando viene proposto dai farmacisti (il che non accade spessissimo) e preferiscono pagare di tasca propria la differenza. Va bene, se uno i soldi li ha... Ma se un giorno ne avesse meno? Abituarsi prima, è meglio.
Maurizio Imperiali
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...e inoltre su Dica33:
Rimborsi variabili
Le compagnie hanno diversi sistemi di ticket. Il più recente è quello "a tre vie", nel quale il paziente paga un ticket molto basso, o nessun ticket, se accetta dei farmaci generici; un ticket intermedio se accetta farmaci di marca presenti in una lista compilata dall'assicurazione (preferred drug), oppure un ticket elevato se vuole un farmaco di marca non presente nella lista (non preferred drug). I ricercatori hanno voluto controllare se l'adesione alla terapia da parte del paziente dipendesse dal tipo di farmaco, e quindi di ticket, che si trovava a pagare. In parole molto semplici: se un paziente paga poco fin dall'inizio è più probabile che segua le cure? Nello studio si è anche controllato in quale misura il paziente fosse incline a cambiare tipo di farmaco, per esempio passando da un generico a uno di marca o viceversa. Infine, i dati sono stati incrociati con la residenza, per stabilire in base al quartiere in cui abitavano se si trattava di persone più o meno facoltose.L'adesione alla terapia è stata valutata dividendo il numero di dosi acquistate per 365, così da stabilire in quanti giorni dell'anno il paziente aveva in casa una dose adeguata alla prescrizione, nell'ipotesi che, se aveva in casa le pillole, le avrebbe anche assunte.
In totale, sono state considerate 7532 "prime prescrizioni": nel 23% dei casi il medico ha cominciato la terapia con un medicinale ad alto ticket, nel 58% con un farmaco a ticket intermedio e nel 18,7% con un generico. Il 13% dei pazienti avviati al generico ha poi cambiato tipo di medicinale, come ha fatto poco meno del 20% di quelli avviati al preferred drug. Ovviamente, tra chi ha cominciato con un farmaco ad alto ticket gli abbandoni sono stati più consistenti: il 28,3%. Quanto all'adesione alla terapia, al di là del fatto che variava in funzione della malattia cui era destinata (massima per i farmaci per l'ipertensione, minima per gli antiasmatici), effettivamente era superiore del 12% tra chi assumeva il generico rispetto a chi assumeva il farmaco più costoso, con un vantaggio intermedio per chi assumeva il farmaco di marca approvato dall'assicurazione. Insomma, meno si paga di ticket e più facilmente si segue la prescrizione del medico. Le differenze non sono enormi ma ci sono. Inoltre, come anticipato, il fatto di essere più o meno benestanti non influisce su questo aspetto: insomma, spendere di più non fa piacere a nessuno. Lo studio conclude quindi che il medico dovrebbe essere un po' più attento a scegliere per le terapie croniche medicinali che non pesino eccessivamente sulle tasche del paziente, se si vuole garantire la massima adesione alla prescrizione. Anche perché, si dice a chiare lettere nello studio, all'interno di ciascuna classe di farmaci, le differenze in termini di efficacia e sicurezza tra quelli più costosi e quelli meno costosi erano trascurabili, posto che vi fossero. "Va bene" dirà qualcuno "ma agli italiani che importa?". Importa perché, ancora oggi, si vedono molte persone, in farmacia, che non accettano il generico anche quando viene proposto dai farmacisti (il che non accade spessissimo) e preferiscono pagare di tasca propria la differenza. Va bene, se uno i soldi li ha... Ma se un giorno ne avesse meno? Abituarsi prima, è meglio.
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