Ne uccide più la droga che il virus

15 settembre 2006
Aggiornamenti e focus

Ne uccide più la droga che il virus



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Se divengono croniche, epatite B ed epatite C espongono a malattie epatiche gravi: cirrosi e carcinoma epatocellulare. La possibilità di questo esito aumenta se, come accade in una certa quota di casi, si ha coinfezione, cioè si è stati contagiati sia dal virus B sia dal virus C.
Forse è però stato dato per scontato che, nei portatori di queste infezioni croniche, la morte quando sopravviene, sia dovuta principalmente a cause legate al fegato. Un gruppo di ricercatori australiano ha voluto valutare se era proprio così e, soprattutto, se era così indipendentemente dal tipo di infezione. Per farlo ha considerato tutte le diagnosi di infezione da HBV, HCV e HBV più HCV nello stato del New South Wales. In totale, sono stati censiti 39109 casi di epatite B, 75834 di epatite C e 2604 di coinfezione B e C, tutti notificati tra il 1990 e il 2002.

Dieci anni di osservazione


In questa popolazione, nel tempo, sono stati raccolti anche i certificati di morte, quindi le cause che hanno determinato il decesso, mettendole in relazione con il tipo di infezione, l'età, il sesso, e le altre variabili. Nell'analisi, però, non sono state considerate le morti verficatesi entro sei mesi dalla diagnosi, per evitare l'effetto confondente apportato da diagnosi fatte incidentalmente su pazienti già molto malati e giunti all'attenzione del medico proprio per le loro condizioni gravi.
Al termine dello studio, si erano verificate 1233 (3,2%) nel gruppo HBV, 4008 (5,3%) in quello HCV e 186 (7,1%) nel gruppo delle coinfezioni. Fin qui, quello che si nota è solo una percentuale di decessi leggermente più elevata per l'epatite C, ma le differenze vere emergono se si va a guardare la causa del decesso. Rispetto alla popolazione generale, è evidente che la possibilità di morire di malattie epatiche era notevolmente più alta nei tre gruppi, da 12 a 33 volte superiore, e tra queste, la più importante era il carcinoma epatocellulare. Qui però va notato che in chi era affetto da epatite C, la possibilità di morire di epatocarcinoma era significativamente più bassa che tra i malati di epatite B e B+C.

Più il comportamento della malattia


Altro capitolo, la mortalità legata all'alcol, dove il rapporto era inverso: per i portatori di HCV, la possibilità di morire a causa di una malattia legata all'abuso di alcol era da tre a quattro volte superiore a quella degli altri malati. C'è poi il capitolo dell'abuso di droghe iniettabili, importante perché lo scambio di sangue, attraverso l'uso di siringhe o altre manovre invasive, è il principale veicolo di contagio dell'epatite C e uno di quelli possibili per l'epatite B. Altro aspetto da non trascurare: l'andamento in base all'età. Mentre in tutti i gruppi la morte per cancro è più comune con l'aumento dell'età, i decessi dovuti alla droga si concentrano nelle fasce più giovani, cioè da 15 a 40 anni.
Che cosa significhino questi dati è abbastanza chiaro. Nelle persone affette da epatite C e B+C, ne uccide più la droga, cioè, se si vuole, la causa della malattia, che la malattia stessa. Le terapie disponibili, in particolare per l'epatite C, consentono di tenere sotto controllo la situazione in maniera spesso molto soddisfacente. Però si sa che la terapia farmacologica non è tutto ed è inutile affrontare cicli di interferone se poi si continua in un comportamento intrinsecamente pericoloso. Di converso, se si vuole ridurre la mortalità da epatite C, non basta usare i farmaci, ma sono necessarie altre misure non mediche e nemmeno sanitarie, ma sociali. In altre parole allontanare i pazienti dalla tossicodipendenza. E se poi arrivasse finalmente un vaccino, come è avvenuto per l'epatite B, sarebbe tanto di guadagnato.

Maurizio Imperiali



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