28 luglio 2004
Aggiornamenti e focus
L'umidità guarisce la ferita
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Fermare l'emorragia, disinfettare, lasciare un po' all'aria e non togliere per nessuna ragione la crosta. Sono le regole base nel trattare le ferite superficiali, che vengono insegnate sin da bambini. Valgono sempre? Un articolo, pubblicato sul New York Times le mette in discussione perché datate e bisognose di aggiornamenti.
La ferita, come definizione generale, è una lacerazione provocata da un agente meccanico. Può essere superficiale, profonda o penetrante con eventuale lesione di organi interni. A seconda, poi, dell'agente responsabile si distinguono ferite da taglio, da punta, lacere e lacero-contuse. L'immediato pericolo di una ferita è costituito dalla perdita di sangue che si determina per la rottura di vasi sanguigni. In molti casi, trattandosi di vasi di piccolo calibro, cessano spontaneamente di sanguinare, altrimenti è opportuno intervenire. Il secondo pericolo connesso alle ferite è quello delle infezioni, malattie causate da microbi penetrati attraverso la breccia aperta dalla ferita. Il primo soccorso di fronte a una ferita, perciò, prevede che si comprima e si eserciti una forte pressione con le dita o con il palmo della mano per fermare la fuoriuscita di sangue e quindi che si disinfetti e si protegga la parte con un bendaggio sterile. A questo punto secondo le linee dettate dall'articolo statunitense è opportuno, al contrario di quanto si potrebbe pensare, mantenere umida la ferita e rimuovere lentamente la crosta. Quindi applicare un liquido antisettico o una pomata contenete sulfamidici e coprire la zona con un cerotto aerato. Un ambiente umido, suggeriscono le ricerche più recenti, favorisce la guarigione e riduce le cicatrici. Perciò mai lasciare una ferita scoperta per "farla respirare", bensì proteggerla con un cerotto che ha un effetto protettivo anche dai raggi del sole che potrebbero provocare scolorimento della cute. Da questo punto di vista, poi, la tecnologia offre soluzioni nuove e sempre più sofisticate come i cerotti a base di gel, il cui rilascio inibisce la formazione della crosta e favorisce la cicatrizzazione. In prospettiva sembra all'orizzonte un gel anti-DNA che permette di accelerare la guarigione delle ferite cutanee e di ridurre i segni delle cicatrici. Agisce - secondo uno studio pubblicato sulla rivista Current Biology - inibendo un gene, quello per la connessina 43, che stimola i processi infiammatori e che normalmente si "spegne" solo quando la ferita è pronta a richiudersi. Per ora la sperimentazione è stata effettuata sugli animali ma non è da escludere che presto anche per guarire le ferite sarà una questione di geni e DNA.
Marco Malagutti
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Ferite: come intervenire
La ferita, come definizione generale, è una lacerazione provocata da un agente meccanico. Può essere superficiale, profonda o penetrante con eventuale lesione di organi interni. A seconda, poi, dell'agente responsabile si distinguono ferite da taglio, da punta, lacere e lacero-contuse. L'immediato pericolo di una ferita è costituito dalla perdita di sangue che si determina per la rottura di vasi sanguigni. In molti casi, trattandosi di vasi di piccolo calibro, cessano spontaneamente di sanguinare, altrimenti è opportuno intervenire. Il secondo pericolo connesso alle ferite è quello delle infezioni, malattie causate da microbi penetrati attraverso la breccia aperta dalla ferita. Il primo soccorso di fronte a una ferita, perciò, prevede che si comprima e si eserciti una forte pressione con le dita o con il palmo della mano per fermare la fuoriuscita di sangue e quindi che si disinfetti e si protegga la parte con un bendaggio sterile. A questo punto secondo le linee dettate dall'articolo statunitense è opportuno, al contrario di quanto si potrebbe pensare, mantenere umida la ferita e rimuovere lentamente la crosta. Quindi applicare un liquido antisettico o una pomata contenete sulfamidici e coprire la zona con un cerotto aerato. Un ambiente umido, suggeriscono le ricerche più recenti, favorisce la guarigione e riduce le cicatrici. Perciò mai lasciare una ferita scoperta per "farla respirare", bensì proteggerla con un cerotto che ha un effetto protettivo anche dai raggi del sole che potrebbero provocare scolorimento della cute. Da questo punto di vista, poi, la tecnologia offre soluzioni nuove e sempre più sofisticate come i cerotti a base di gel, il cui rilascio inibisce la formazione della crosta e favorisce la cicatrizzazione. In prospettiva sembra all'orizzonte un gel anti-DNA che permette di accelerare la guarigione delle ferite cutanee e di ridurre i segni delle cicatrici. Agisce - secondo uno studio pubblicato sulla rivista Current Biology - inibendo un gene, quello per la connessina 43, che stimola i processi infiammatori e che normalmente si "spegne" solo quando la ferita è pronta a richiudersi. Per ora la sperimentazione è stata effettuata sugli animali ma non è da escludere che presto anche per guarire le ferite sarà una questione di geni e DNA.
Marco Malagutti
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