21 settembre 2005
Aggiornamenti e focus
L'attività passata non conta
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Ormai è risaputo: con 30 minuti di attività fisica giornaliera si evitano parecchi malanni, a cominciare da quelli cardiovascolari. Indicazione che dovrebbe essere raccolta da tutti ma, in particolare, dalle donne. Infatti, dati statunitensi probabilmente generalizzabili indicano che a tutte le età la popolazione femminile risulta meno attiva. Alla mole di lavori in tema se ne aggiunge ora un altro, che ha valutato gli effetti, sempre nella popolazione femminile, dell'attività fisica fatta in passato sia sul rischio cardiovascolare sia sulla capacità o volontà di partire con un programma di esercizio una volta raggiunta la maturità. Il campione è quello a suo tempo selezionato per il Women Health Study (1992-1995), cioè poco meno di 40000 donne.
A queste donne, al momento del coinvolgimento nello studio, è stato chiesto di indicare anche quanto tempo avevano dedicato all'attività fisica sia durante le scuole superiori, sia nel periodo dai 18 ai 22 anni di età. Le attività considerate erano diverse: camminare in piano e in salita, correre, andare in bicicletta, ma anche l'allenamento con le macchine in palestra o il nuoto, il basket e altre più intense. Al momento dell'inizio dello studio va sottolineato che le donne erano tutte sane e, in particolare, non avevano malattie cardiovascolari o tumori. Oltre al livello di passata attività fisica veniva naturalmente chiesto quanto esercizio si faceva attualmente e tutti gli altri dati interessanti ai fini del rischio cardiovascolare (fumo, dieta...) Ottenuti questi dati, il campione è stato poi suddiviso in gruppi in funzione del livello di attività e, periodicamente per la durata dello studio, alle donne è stato chiesto di segnalare eventuali infarti, interventi di angioplastica, diagnosi di ipertensione: insomma, se era successo qualcosa al loro cuore.
I dati ottenuti sono diversi. Per cominciare, tra le donne che erano attive in gioventù e quelle che non lo erano, non c'erano differenze nella frequenza di ipertensione e diabete. In compenso quelle attive avevano valori di colesterolo più bassi. Infine, un passato attivo determina più spesso uno stile di vita dinamico anche raggiunta la cinquantina. E il rischio cardiovascolare? Ovviamente tutto confermato: tra le donne che spendono da 200 a 599 calorie la settimana in attività fisica la possibilità di eventi cardiovascolari scende del 38%. Non vi è invece un ulteriore beneficio aumentando l'attività fisica oltre le 600 calorie, se non forse quello estetico e il piacere della prestazione. L'effetto dell'attività passata conta? No, è la risposta, perché chi era attiva e tale è rimasta ha gli stessi vantaggi di chi attiva è diventata solo nella maturità. Acqua passata non macina più ma, d'altra parte, non è mai troppo tardi per cominciare e forse è meglio così. Certo resta il fatto che è più facile mantenersi attive o attivi che non diventarlo di colpo, e in questo molto può la scuola. Infatti negli Stati Uniti l'educazione fisica raramente fa parte del corso di studi standard, ma è più spesso una "materia" facoltativa...
Sveva Prati
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Piccole sportive crescono
A queste donne, al momento del coinvolgimento nello studio, è stato chiesto di indicare anche quanto tempo avevano dedicato all'attività fisica sia durante le scuole superiori, sia nel periodo dai 18 ai 22 anni di età. Le attività considerate erano diverse: camminare in piano e in salita, correre, andare in bicicletta, ma anche l'allenamento con le macchine in palestra o il nuoto, il basket e altre più intense. Al momento dell'inizio dello studio va sottolineato che le donne erano tutte sane e, in particolare, non avevano malattie cardiovascolari o tumori. Oltre al livello di passata attività fisica veniva naturalmente chiesto quanto esercizio si faceva attualmente e tutti gli altri dati interessanti ai fini del rischio cardiovascolare (fumo, dieta...) Ottenuti questi dati, il campione è stato poi suddiviso in gruppi in funzione del livello di attività e, periodicamente per la durata dello studio, alle donne è stato chiesto di segnalare eventuali infarti, interventi di angioplastica, diagnosi di ipertensione: insomma, se era successo qualcosa al loro cuore.
Non dormire sugli allori
I dati ottenuti sono diversi. Per cominciare, tra le donne che erano attive in gioventù e quelle che non lo erano, non c'erano differenze nella frequenza di ipertensione e diabete. In compenso quelle attive avevano valori di colesterolo più bassi. Infine, un passato attivo determina più spesso uno stile di vita dinamico anche raggiunta la cinquantina. E il rischio cardiovascolare? Ovviamente tutto confermato: tra le donne che spendono da 200 a 599 calorie la settimana in attività fisica la possibilità di eventi cardiovascolari scende del 38%. Non vi è invece un ulteriore beneficio aumentando l'attività fisica oltre le 600 calorie, se non forse quello estetico e il piacere della prestazione. L'effetto dell'attività passata conta? No, è la risposta, perché chi era attiva e tale è rimasta ha gli stessi vantaggi di chi attiva è diventata solo nella maturità. Acqua passata non macina più ma, d'altra parte, non è mai troppo tardi per cominciare e forse è meglio così. Certo resta il fatto che è più facile mantenersi attive o attivi che non diventarlo di colpo, e in questo molto può la scuola. Infatti negli Stati Uniti l'educazione fisica raramente fa parte del corso di studi standard, ma è più spesso una "materia" facoltativa...
Sveva Prati
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