17 marzo 2004
Aggiornamenti e focus
Quel che conta è la pancia
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Si fa presto a dire magri: il peso non è tutto, e nemmeno le restrizioni alimentari. Uno studio statunitense viene ora a ricordare che ben prima dell'ago della bilancia, quando si parla di salute, quel che conta è il giro vita, cioè il deposito adiposo addominale. Da tempo è stata infatti dimostrata un'associazione piuttosto stretta tra depositi di grasso addominali e maggiori possibilità di sviluppo del diabete tipo 2 e malattie cardiovascolari potenzialmente fatali. Il che, per inciso, spiegherebbe la maggiore immunità cardiovascolare delle donne: per tutta l'età fertile, infatti, nelle donne il sovrappeso si traduce in un aumento dei depositi sottocutanei (fianchi e glutei, per esempio) ma non nello sviluppo della pancia, che resta triste prerogativa maschile.
I ricercatori della Cooper Clinic, però, sono andati oltre e hanno voluto inserire un altro aspetto e cioè la cosiddetta fitness cardiorespiratoria (in sigla CRF), cioè la capacità dell'organismo di consumare ossigeno, che a sua volta è un buon indicatore del grado di attività fisica svolta dalla persona. Anche per la CRF si è visto uno stretto rapporto con le malattie metaboliche e cardiache: quanto maggiore era, tanto minori le probabilità di malattia e morte. A questo punto restava da vedere se vi era anche un rapporto tra CRF e adiposità addominale e se gli effetti positivi restavano tali indipendentemente dal peso corporeo meglio dall'indice di massa corporea. Per dimostrarlo sono stati arruolati circa 280 uomini, tutti non fumatori e senza malattie in atto (soprattutto cardiache); il campione è stato suddiviso in due gruppi quelli con elevata fitness cardiorespiratoria e quelli con bassa fitness respiratoria. La suddivisione è stata condotta sulla base dei risultati di un esercizio al tapis roulant nel quale il soggetto doveva marciare a una velocità di 88 metri minuto in piano, con un aumento della pendenza e della velocità progressivo, il test terminava quando il soggetto restava "senza fiato".
Il campione è stato poi sottoposto sia alla misurazione del peso e dell'indice di massa corporea e soprattutto alla valutazione dei depositi adiposi addominali, tanto sottocutanei (quelli compresi tra la cute e la faccia esterna dei muscoli addominali) quanto viscerali (quelli profondi). Questa valutazione è stata condotta radiologicamente, eseguendo diverse TAC dell'area addominale.
A questo punto i diversi valori sono stati messi in relazione per ciascun individuo. I risultati sono stati chiari. A parità di indice di massa corporea (peso diviso il quadrato dell'altezza) le persone che avevano un'elevata fitness cardiorespiratoria presentavano depositi addominali sottocutanei e viscerali ridotti rispetto alle persone con lo stesso indice di massa corporea ma con bassa CRF. Questo valeva a tutti i livelli, cioè tra i più magri e i più grassi, e a tutte le età. Questo spiegherebbe perché chi fa attività fisica ha comunque una minore mortalità cardiovascolare anche se, in base alle tabelle ufficiali, il suo indice di massa corporea lo porrebbe nell'area del sovrappeso. Insomma, il movimento fa bene ma soprattutto perché riduce il grasso addominale. Resta aperto un altro interrogativo, e cioè quanta attività fisica si deve svolgere per ottenere un'elevata CRF. I ricercatori non hanno compiuto questa valutazione, tuttavia, sulla base dei precedenti studi, ritengono che i valori di fitness fatti registrare dal campione siano sovrapponibili a quelli totalizzati in studi precedenti, nei quali sia era stabilita una soglia pari a 30 minuti di attività fisica al giorno. Quale attività? Qui il discorso è più sfumato, ma si parla di riuscire a percorrere nei trenta minuti qualcosa in più di 5 chilometri. Sembra di poter concludere che però si parli sempre di attività aerobiche o miste aerobiche/anaerobiche: il sollevamento pesi non è l'attività più adeguata per questo genere di training. D'altra parte, la Cooper Clinic fa parte dell'impero costruito da Kenneth Cooper: medico, certo, ma anche padre dell'aerobica.
Davide Minzoni
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Più fiato, meno adipe
I ricercatori della Cooper Clinic, però, sono andati oltre e hanno voluto inserire un altro aspetto e cioè la cosiddetta fitness cardiorespiratoria (in sigla CRF), cioè la capacità dell'organismo di consumare ossigeno, che a sua volta è un buon indicatore del grado di attività fisica svolta dalla persona. Anche per la CRF si è visto uno stretto rapporto con le malattie metaboliche e cardiache: quanto maggiore era, tanto minori le probabilità di malattia e morte. A questo punto restava da vedere se vi era anche un rapporto tra CRF e adiposità addominale e se gli effetti positivi restavano tali indipendentemente dal peso corporeo meglio dall'indice di massa corporea. Per dimostrarlo sono stati arruolati circa 280 uomini, tutti non fumatori e senza malattie in atto (soprattutto cardiache); il campione è stato suddiviso in due gruppi quelli con elevata fitness cardiorespiratoria e quelli con bassa fitness respiratoria. La suddivisione è stata condotta sulla base dei risultati di un esercizio al tapis roulant nel quale il soggetto doveva marciare a una velocità di 88 metri minuto in piano, con un aumento della pendenza e della velocità progressivo, il test terminava quando il soggetto restava "senza fiato".
Il campione è stato poi sottoposto sia alla misurazione del peso e dell'indice di massa corporea e soprattutto alla valutazione dei depositi adiposi addominali, tanto sottocutanei (quelli compresi tra la cute e la faccia esterna dei muscoli addominali) quanto viscerali (quelli profondi). Questa valutazione è stata condotta radiologicamente, eseguendo diverse TAC dell'area addominale.
Un beneficio a tutte le età
A questo punto i diversi valori sono stati messi in relazione per ciascun individuo. I risultati sono stati chiari. A parità di indice di massa corporea (peso diviso il quadrato dell'altezza) le persone che avevano un'elevata fitness cardiorespiratoria presentavano depositi addominali sottocutanei e viscerali ridotti rispetto alle persone con lo stesso indice di massa corporea ma con bassa CRF. Questo valeva a tutti i livelli, cioè tra i più magri e i più grassi, e a tutte le età. Questo spiegherebbe perché chi fa attività fisica ha comunque una minore mortalità cardiovascolare anche se, in base alle tabelle ufficiali, il suo indice di massa corporea lo porrebbe nell'area del sovrappeso. Insomma, il movimento fa bene ma soprattutto perché riduce il grasso addominale. Resta aperto un altro interrogativo, e cioè quanta attività fisica si deve svolgere per ottenere un'elevata CRF. I ricercatori non hanno compiuto questa valutazione, tuttavia, sulla base dei precedenti studi, ritengono che i valori di fitness fatti registrare dal campione siano sovrapponibili a quelli totalizzati in studi precedenti, nei quali sia era stabilita una soglia pari a 30 minuti di attività fisica al giorno. Quale attività? Qui il discorso è più sfumato, ma si parla di riuscire a percorrere nei trenta minuti qualcosa in più di 5 chilometri. Sembra di poter concludere che però si parli sempre di attività aerobiche o miste aerobiche/anaerobiche: il sollevamento pesi non è l'attività più adeguata per questo genere di training. D'altra parte, la Cooper Clinic fa parte dell'impero costruito da Kenneth Cooper: medico, certo, ma anche padre dell'aerobica.
Davide Minzoni
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