24 marzo 2004
Aggiornamenti e focus
Aerobica utile al sub
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Una delle prime cose che vengono insegnate nei corsi di immersione è il rispetto dei tempi di decompressione, vale a dire le soste a quote prestabilite che il sub deve osservare nella risalita in superficie. Il mancato rispetto di questa pratica conduce alle cosiddette baropatie, embolie che si producono quando, a causa della diminuzione repentina della pressione, i gas disciolti nel sangue ritornano allo stato naturale formando delle bolle capaci di ostruire i vasi. Questo fenomeno, noto quanto meno nei suoi effetti da molto tempo, viene appunto scongiurato dalle fasi di compressione o, a danno fatto, ricreando le condizioni di partenza all'interno delle camere iperbariche. Oggi però potrebbe esserci un ulteriore mezzo di protezione: l'esercizio intenso precedente l'immersione. Non si tratta - è doverosa la precisazione - di prevenire i danni gravi che conseguono alle risalite rapidissime (a palloncino) ma piuttosto di contrastare la formazione delle bolle più piccole che, pur non provocando gravi embolie polmonari o periferiche, possono con un procedimento di accumulo causare danni al circolo cerebrale e, quindi, deficit sensibili.
Il suggerimento viene da una ricerca condotta all'Università di Spalato (Croazia), dove sono partiti da osservazioni sull'animale. Infatti i ratti, se sottoposti a esercizio fisico strenuo e poi a immersione e violenta decompressione non hanno accusato baropatie manifeste e, ovviamente, hanno prevenuto in misura significativa la formazione di microbolle. Siccome il ratto è una cosa, l'uomo un'altra, i ricercatori croati hanno radunato 12 sub esperti, tutti uomini di età inferiore a 40 anni, senza precedenti di baropatie. I partecipanti allo studio, 24 ore prima dell'immersione, hanno compiuto una sessione al tapis roulant di 40 minuti in otto cicli di 5 minuti. Ciascun ciclo partiva con tre minuti di esercizio al 90% della massima frequenza cardiaca (che si ottiene sottraendo a 220 l'età in anni) seguiti da due al 50% della massima frequenza cardiaca. Dopodiché, i sub simulavano nella camera iperbarica un'immersione a 18 metri della durata di 80 minuti, per poi tornare gradatamente alla pressione atmosferica. Una volta ripristinate le condizioni di superficie, la formazione delle microbolle veniva controllata ecograficamente ogni venti minuti per quattro volte. Questa valutazione è stata ripetuta anche senza la preparazione al tapis roulant. Nel test preceduto dall'esercizio, la formazione delle microbolle a livello dell'arteria polmonare era inferiore sia per quantità sia per dimensioni delle singole bolle. Quindi una conferma dell'effetto visto nelle cavie, anche se per ora senza spiegazione.
Lo studio è stato pubblicato su una rivista, il Journal of Physiology, quindi è stato condotto in modo corretto, tuttavia non consente di trarre indicazioni definitive, ragion per cui è il caso di evitare il fai da te. Soprattutto perché vi sono alcuni aspetti da indagare ancora. Per esempio, l'effetto protettivo non si presenta se l'esercizio viene condotto poco prima dell'immersione, vale a dire entro le 10 ore precedenti, inoltre solo un'attività molto intensa ha una efficacia, mentre quello moderato è ininfluente. La cosa certa, per ora, è che vale la pena di continuare le ricerche in questa direzione. Nel frattempo attenti al computer da polso.
Davide Minzoni
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Sul tapis roulant a tutta forza
Il suggerimento viene da una ricerca condotta all'Università di Spalato (Croazia), dove sono partiti da osservazioni sull'animale. Infatti i ratti, se sottoposti a esercizio fisico strenuo e poi a immersione e violenta decompressione non hanno accusato baropatie manifeste e, ovviamente, hanno prevenuto in misura significativa la formazione di microbolle. Siccome il ratto è una cosa, l'uomo un'altra, i ricercatori croati hanno radunato 12 sub esperti, tutti uomini di età inferiore a 40 anni, senza precedenti di baropatie. I partecipanti allo studio, 24 ore prima dell'immersione, hanno compiuto una sessione al tapis roulant di 40 minuti in otto cicli di 5 minuti. Ciascun ciclo partiva con tre minuti di esercizio al 90% della massima frequenza cardiaca (che si ottiene sottraendo a 220 l'età in anni) seguiti da due al 50% della massima frequenza cardiaca. Dopodiché, i sub simulavano nella camera iperbarica un'immersione a 18 metri della durata di 80 minuti, per poi tornare gradatamente alla pressione atmosferica. Una volta ripristinate le condizioni di superficie, la formazione delle microbolle veniva controllata ecograficamente ogni venti minuti per quattro volte. Questa valutazione è stata ripetuta anche senza la preparazione al tapis roulant. Nel test preceduto dall'esercizio, la formazione delle microbolle a livello dell'arteria polmonare era inferiore sia per quantità sia per dimensioni delle singole bolle. Quindi una conferma dell'effetto visto nelle cavie, anche se per ora senza spiegazione.
L'esercizio moderato non serve
Lo studio è stato pubblicato su una rivista, il Journal of Physiology, quindi è stato condotto in modo corretto, tuttavia non consente di trarre indicazioni definitive, ragion per cui è il caso di evitare il fai da te. Soprattutto perché vi sono alcuni aspetti da indagare ancora. Per esempio, l'effetto protettivo non si presenta se l'esercizio viene condotto poco prima dell'immersione, vale a dire entro le 10 ore precedenti, inoltre solo un'attività molto intensa ha una efficacia, mentre quello moderato è ininfluente. La cosa certa, per ora, è che vale la pena di continuare le ricerche in questa direzione. Nel frattempo attenti al computer da polso.
Davide Minzoni
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