Doping minorenne

14 settembre 2005
Aggiornamenti e focus

Doping minorenne



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La notizia non è delle migliori. Di doping nello sport si inizia a parlare molto presto, addirittura, dicono i resoconti più preoccupanti, a cominciare dai 7-8 anni. Secondo le stime statunitensi, più di 500 mila alunni delle secondarie americane usano prodotti dopanti. Senza andare così lontano uno studio pilota realizzato nel 1999 fra 3768 studenti delle scuole medie inferiori e dei licei del Veneto, opera dell'Unità operativa di tossicologia forense e antidoping di Padova, pubblicato dall'Espresso, ha dato risultati altrettanto allarmanti. Il 5,8% del campione ha ammesso l'uso personale di dopanti, mentre il 9,5% ne ha segnalato l'uso da parte di un compagno. Ma anche un'indagine più recente svolta nel 2003, su oltre 13mila ragazzi delle scuole medie superiori di tutta Italia, non conforta. Sui 10mila che hanno dichiarato di praticare almeno un tipo di sport, il 7% ha ammesso di assumere sostanze dopanti. E l'età tende ad abbassarsi. Possibile? Si, in una società come la nostra dove la competizione è già esasperata a livello giovanile e dove chi dovrebbe vigilare spesso non lo fa. Dalla federazione che dice di non avere soldi per effettuare test antidoping a tappeto già a livello giovanile, alle famiglie stesse spesso complici nel doping adolescente. Adulti o bambini, le sostanze dopanti non cambiano: ormoni peptidici (Gh o ormone della crescita in particolare) e steroidi anabolizzanti. Con rischi però molto maggiori quando l'organismo è ancora in formazione. A crescere in modo abnorme, infatti, oltre alle masse muscolari sono anche organi vitali come il fegato e il cuore con le conseguenze che si possono immaginare. In un simile contesto, perciò, non stupisce che l'American Academy of Pediatrics (AAP) abbia realizzato una pubblicazione sull'argomento, ripresa da Lancet.

Il doping nei giovani


La dichiarazione dell'associazione affronta vari aspetti della cosiddetta guerra ai farmaci nello sport e su come potrebbe essere vinta. Ma l'aspetto che sta più a cuore concerne la categoria più vulnerabile, quella rappresentata dai bambini. Un numero significativo di adolescenti, infatti, osserva l'AAP, pur non coinvolto in competizioni agonistiche, fa ricorso a sostanze che incrementano le prestazioni. Il dibattito, del resto anche negli Stati Uniti è molto acceso e lo stesso presidente Bush si è espresso in materia di steroidi nello sport e di "giusti segnali" da inviare alle fasce più giovani. Non è casuale, perciò, che sia in prospettiva il ricorso a test antidoping da effettuare nelle scuole superiori statunitensi. Un provvedimento rispetto al quale l'AAP si mostra scettica. Si tratta di deterrenti, dicono all'associazione, che hanno poco effetto sui giovani sportivi. Quindi che fare? L'Associazione dei pediatri statunitensi rimarca il ruolo svolto dai medici. Il medico sportivo, infatti, deve rapportarsi all'atleta consapevole dei limiti etici rispetto all'uso della medicina nello sport. L'atleta non va forzato e la pressione a partecipare alla competizione non deve essere eccessiva. Un problema ancora più evidente quando l'atleta è un giovane, un caso nel quale più che mai il danno reale e potenziale al bambino deve essere al centro dell'attenzione. Urge, perciò, continua la nota dell'AAP, una stretta collaborazione tra aziende farmaceutiche e autorità anti-doping. Conoscere i nuovi prodotti sul mercato, per intendersi, porta a sviluppare più rapidamente nuovi sistemi di identificazione delle sostanze proibite. In più potrebbe essere utile ridurre l'incentivo finanziario per le compagnie farmaceutiche e aumentare quello per la ricerca medico-scientifica altrimenti poco motivata alle indagini in campo medico sportivo. Infine, conclude la dichiarazione dell'AAP, oltre a pubblicare liste di sostanze proibite occorre anche seguire l'evolversi delle tecnologie manipolative. Gli ultimi esempi in questo senso sono il sangue centrifugato o il ricorso a camere ipobariche. Bisogna promuovere un dibattito etico e i medici sportivi hanno un ruolo centrale in questo senso. Educare i giovani, perciò, a non vincere a ogni costo, se possibile.

Marco Malagutti



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