#coronavirus e diabete, Del Prato (Easd): le regole di prevenzione
Se l'emergenza determinata dall'epidemia del nuovo coronavirus di Wuhan (SARS-CoV-2 o nCoV-2019) impone attenzioni e comportamenti responsabili a tutti, questo è particolarmente vero per le persone con diabete. È questo, in estrema sintesi, il punto centrale attorno alle quali ruotano le raccomandazioni rivolte ai pazienti da un recente comunicato congiunto dell'Associazione Medici Diabetologi (AMD) e della Società Italiana di Diabetologia (SID), che hanno recepito e diffuso un documento rilasciato dell'International Diabetes Federation (IDF). Sul perché dell'importanza di tali raccomandazioni, abbiamo chiesto ulteriori precisazioni a Stefano Del Prato, presidente dell'European Association for the Study of Diabetes (EASD) e docente di Endocrinologia presso l'Università di Pisa.
Prof. Del Prato, le persone con diabete sono più vulnerabili al Covid-19?
In realtà, il problema non è se la persona con diabete sia più vulnerabile al Covid-19 ma risiede nel fatto che è, in genere, più vulnerabile ma ancor più soggetta alle complicazioni delle infezioni sia batteriche sia virali. Proprio per questo motivo, la persona con diabete è inclusa nelle classi a rischio per le quali si raccomanda la vaccinazione per la comune influenza. Il principio di maggiore vulnerabilità è quindi generale per le persone con diabete.
L'infezione da coronavirus può influire sul controllo glicemico?
Nel caso specifico del Covid-19, gli unici dati che abbiamo per capire qual è l'impatto sulla patologia diabetica di un'infezione da coronavirus provengono attualmente soprattutto dalla Cina. L'esperienza maturata con l'epidemia cinese evidenzia una maggiore suscettibilità al virus tra le persone con diabete di tipo 2, spesso di età avanzata e con concomitamiti patologie (per esempio malattie cardiovascolari, ipertensione, etc.). La presenza di più di una patologia espone quelle persone a un rischio maggiore di mortalità. Proprio la coesistenza di più di una malattia rende difficile estrapolare quanto il solo diabete rappresenti una condizione di rischio. In questa situazione diventa ancor più stringente la prevenzione e la riduzione del rischio di contagio. Se esistono come esistono raccomandazioni ministeriali, queste raccomandazioni diventano ancora più pertinenti nella persona con diabete.
Rispetto alle raccomandazioni ministeriali e considerando anche le indicazioni aggiuntive delle società scientifiche specialistiche, a suo avviso vi sono alcuni aspetti che sono da evidenziare in modo particolare?
Occorre partire dalle evidenze, perché da queste deriva ciò che si deve fare. Sappiamo che la persona con diabete di tipo 1 o di tipo 2, nel caso di contagio da coronavirus, ha potenzialmente rischi maggiori rispetto alla persona che non soffre di diabete. Questa considerazione ha due immediate conseguenze: 1) la persona con diabete deve porre la massima attenzione per ridurre il rischio di contagio attenendosi scrupolosamente a tutte le raccomandazioni relative all'igiene, come lavarsi frequentemente le mani (che il paziente diabetico usa spesso anche nella gestione della propria malattia: controllo della glicemia con l'uso degli aghi pungidito, manipolazione della propria terapia); 2) evitare attentamente di trovarsi in condizioni di sovraffollamento, compreso l'ospedale stesso, a meno che non ci sia un'esigenza reale legata alla propria condizione diabetica. In assenza di indicazioni assolute, data la situazione attuale d'emergenze, è bene non recarsi presso l'ambulatorio diabetologico, anche se si ha un appuntamento. In ogni caso e sempre è necessario mantenere le distanze di sicurezza. Ribadisco: tutti questi concetti, se valgono per le persone senza diabete, valgono ancora di più per le persone con diabete.
Prof. Del Prato, se una persona con diabete sviluppa febbre o tosse, che cosa deve fare?
Vale l'indicazione generale: non recarsi al Pronto Soccorso ma contattare i numeri telefonici preposti o, sempre telefonicamente, il proprio medico curante che fornirà tutte le informazioni del caso. Nel frattempo, la persona con diabete dovrà fare quanto noi consigliamo per la persona con diabete con malattia intercorrente dato che può aumentare il rischio di scompenso glicemico. Pertanto la persona con diabete con febbre e stato di malattia deve: 1) monitorare attentamente la propria glicemia e, se in terapia insulinica, controllare la presenza di chetoni nelle urine e adeguare la dose di insulina, eventualmente anche contattando il proprio diabetologo in caso di dubbi; 2) bere abbondantemente: una buona idratazione favorisce la riduzione della glicemia e garantisce una buona distribuzione dell'insulina a tutti i tessuti dell'organismo; 3) in caso di disappetenza - come può avvenire in concomitanza con una patologia infettiva inclusa l'influenza - ricordarsi che questo non vuol dire ridurre la terapia. In questi casi, anzi, la richiesta di insulina dell'organismo aumenta. Quello che conta sono i livelli di glicemia che devono guidare gli eventuali aggiustamenti terapeutici. Ovviamente, può essere sempre possibile, come già accennato, contattare il proprio diabetologo per via telefonica.
In ottica ospedaliera, in questa fase di emergenza, come sta cambiando per lo specialista la gestione dei pazienti diabetici?
In questo momento il potenziale sovraffollamento condiziona soprattutto la routine del controllo ambulatoriale. Le visite di controllo sono state largamente ridotte mantenendo solo quelle per le quali vi è stretta necessità. L'obiettivo è ridurre le occasioni di contatto e il rischio di diffusione del contagio sia per le persone con diabete sia per il personale sanitario, contribuendo a garantire integrità ed efficienza del sistema. Ovviamente massima è la disponibilità dei diabetologi a essere contattati per rispondere a eventuali domande o incertezze delle persone con diabete e delle loro famiglie.
Nel caso di persone con diabete in terapia intensiva c'è un supporto specifico interdisciplinare?
Stiamo affrontando un momento difficile e la collaborazione, che è già in atto, non può che rafforzarsi per garantire tutte le competenze in funzione delle specifiche necessità, inclusa quella di tipo diabetologico. Nel contempo, i diabetologi sono pronti a schierarsi a sostegno della lotta contro questa epidemia. Lo sforzo è comune e ognuno deve svolgere il proprio ruolo compresa la persona con diabete che deve stare a casa senza per questo rinunciare alle abituali attenzioni alla dieta, cercando di muoversi (anche in casa), controllando la propria glicemia, attenendosi alla propria terapia. La persona con diabete può, in questo momento, offrire un modello di comportamento a quanti gli stanno vicino proprio perché è una persona con una più attenta disciplina personale.
Arturo Zenorini
Fonte: Diabetologia33
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