21 settembre 2021
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Covid-19, la solitudine degli adolescenti
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Durante il lockdown i genitori hanno mostrato crescente preoccupazione per il fatto che i figli trascorressero tanto tempo davanti allo schermo del computer, o al tablet. Ma secondo una nuova ricerca dell'University of California Berkeley, il problema non è tanto il numero di ore che gli adolescenti trascorrono online, ma la qualità delle interazioni che avvengono in tale situazione.
«Abbiamo studiato più di 700 adolescenti in Perù durante il lockdown nella primavera del 2020. Nel complesso, abbiamo osservato che i giovani che hanno trovato supporto online, ad esempio chattando con amici e parenti tramite WhatsApp o partecipando a videogiochi online multiplayer, hanno riferito di sentirsi meno soli» afferma Lucía Magis-Weinberg, autrice principale dello studio, pubblicato sul Journal of Research on Adolescence, in un numero speciale sull'impatto del Covid-19 sugli adolescenti di tutto il mondo. «Per questo ipotizziamo che il modo in cui si trascorre il tempo davanti agli schermi, e non quanto tempo si trascorre online, sia il miglior predittore di solitudine e benessere» prosegue Magis-Weinberg.
Per sei settimane, i ricercatori hanno intervistato migliaia di studenti di età compresa tra 11 e 17 anni per comprendere i loro comportamenti e relazioni online in condizioni di isolamento sociale e per valutare come questi fattori fossero correlati ai loro stati d'animo e al loro senso di appartenenza. Su una scala da 1 (mai) a 5 (frequentemente), gli studenti hanno valutato fino a che punto erano d'accordo con affermazioni come "mi sento apprezzato dalle persone nei miei social media", "le persone nei miei social media mi danno consigli", "le persone nei miei social media mi fanno sentire come se non fossi parte di un gruppo" e "le persone nei miei social media mi trattano male". Hanno anche completato questionari separati su quali dispositivi elettronici hanno usato, le loro preferenze sui social media, i loro livelli di solitudine e il loro benessere generale.
Per la maggior parte degli studenti, gli smartphone sono stati i dispositivi preferiti per connettersi ad attività online non educative, seguiti dai computer portatili e dalle console per videogiochi. Per le ragazze, i social media, le app di messaggistica e i video di YouTube sono stati i passatempi online più popolari. Per i ragazzi, invece, le attività online più popolari sono state giocare ai videogiochi e guardare video. Per quanto riguarda la loro prospettiva sulla salute mentale, gli studenti hanno riportato interazioni online più positive che negative, in particolare per quanto riguarda la discussione dei problemi e l'ottenimento di feedback utili tramite WhatsApp. I dati di 735 degli studenti sono stati infine utilizzati per lo studio.
«I nostri risultati mostrano che l'utilizzo dei social media per connettersi attivamente con amici e familiari e trovare supporto, invece di scorrere all'infinito le pagine di Instagram e confrontarsi con gli altri e sentirsi esclusi, può avere un impatto positivo sul benessere» conclude Maris-Weinberg. Gli autori sottolineano che questo è tra i primi studi a documentare l'impatto dell'uso dei social media sulla salute mentale degli adolescenti durante la pandemia nel "sud globale", ovvero nelle regioni del mondo al di fuori dell'Europa e degli Stati Uniti.
Fonte: Doctor33
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«Abbiamo studiato più di 700 adolescenti in Perù durante il lockdown nella primavera del 2020. Nel complesso, abbiamo osservato che i giovani che hanno trovato supporto online, ad esempio chattando con amici e parenti tramite WhatsApp o partecipando a videogiochi online multiplayer, hanno riferito di sentirsi meno soli» afferma Lucía Magis-Weinberg, autrice principale dello studio, pubblicato sul Journal of Research on Adolescence, in un numero speciale sull'impatto del Covid-19 sugli adolescenti di tutto il mondo. «Per questo ipotizziamo che il modo in cui si trascorre il tempo davanti agli schermi, e non quanto tempo si trascorre online, sia il miglior predittore di solitudine e benessere» prosegue Magis-Weinberg.
Lo studio
Per sei settimane, i ricercatori hanno intervistato migliaia di studenti di età compresa tra 11 e 17 anni per comprendere i loro comportamenti e relazioni online in condizioni di isolamento sociale e per valutare come questi fattori fossero correlati ai loro stati d'animo e al loro senso di appartenenza. Su una scala da 1 (mai) a 5 (frequentemente), gli studenti hanno valutato fino a che punto erano d'accordo con affermazioni come "mi sento apprezzato dalle persone nei miei social media", "le persone nei miei social media mi danno consigli", "le persone nei miei social media mi fanno sentire come se non fossi parte di un gruppo" e "le persone nei miei social media mi trattano male". Hanno anche completato questionari separati su quali dispositivi elettronici hanno usato, le loro preferenze sui social media, i loro livelli di solitudine e il loro benessere generale.
Per la maggior parte degli studenti, gli smartphone sono stati i dispositivi preferiti per connettersi ad attività online non educative, seguiti dai computer portatili e dalle console per videogiochi. Per le ragazze, i social media, le app di messaggistica e i video di YouTube sono stati i passatempi online più popolari. Per i ragazzi, invece, le attività online più popolari sono state giocare ai videogiochi e guardare video. Per quanto riguarda la loro prospettiva sulla salute mentale, gli studenti hanno riportato interazioni online più positive che negative, in particolare per quanto riguarda la discussione dei problemi e l'ottenimento di feedback utili tramite WhatsApp. I dati di 735 degli studenti sono stati infine utilizzati per lo studio.
La connessione attiva aiuta
«I nostri risultati mostrano che l'utilizzo dei social media per connettersi attivamente con amici e familiari e trovare supporto, invece di scorrere all'infinito le pagine di Instagram e confrontarsi con gli altri e sentirsi esclusi, può avere un impatto positivo sul benessere» conclude Maris-Weinberg. Gli autori sottolineano che questo è tra i primi studi a documentare l'impatto dell'uso dei social media sulla salute mentale degli adolescenti durante la pandemia nel "sud globale", ovvero nelle regioni del mondo al di fuori dell'Europa e degli Stati Uniti.
Fonte: Doctor33
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