27 marzo 2017
Interviste
Di tumore si muore meno. Ma fanno eccezione polmone e pancreas nelle donne
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Progressi della prevenzione e della ricerca medica hanno cambiato il volto a una malattia che un tempo veniva considerata "male incurabile": con il cancro si arriva sempre più spesso a convivere e in molti casi dal tumore si riesce anche a guarire. Lo dimostrano anche i dati relativi alla mortalità per tumore in Europa recentemente pubblicati sulla rivista Annals of Oncology da un gruppo di ricerca coordinato da Carlo La Vecchia, dell'Università degli studi di Milano al quale abbiamo chiesto un commento per aiutarci a capire meglio la situazione attuale e le possibili strategie per migliorarne i punti deboli.
Il cancro sta diventando una malattia sempre meno letale. Cosa dicono i numeri in proposito?
«La mortalità per tumore in Europa sta diminuendo ormai da molti anni: è sempre cresciuta da quando ci sono dati disponibili - ovvero la metà del secolo scorso - fino a raggiungere il picco nel 1988, poi i tassi si sono livellati e infine hanno cominciato a scendere sia in Europa sia in Nord America. Per calcolare le stime di mortalità per il 2017 abbiamo utilizzato i dati disponibili, che si fermano tra il 2012 e il 2014 per i vari Paesi, e su questi dati abbiamo creato modelli per la previsione grazie ai quali si generano dati con errori molto piccoli, attorno all'1-2 per cento. In estrema sintesi, i numeri ci dicono che l'andamento positivo continua in entrambi i sessi, pur essendo molto più marcato (8 per cento) per gli uomini che per le donne (4 per cento)».
Quali sono le ragioni di queste differenze tra uomini e donne?
«La ragione principale è facile da individuare: il tumore del polmone e tutti quelli legati al fumo. In generale gli uomini hanno tassi di mortalità per tumore al polmone più alti perché hanno fumato di più in passato, ma adesso la mortalità negli uomini si sta riducendo poiché riflette la cessazione del fumo nei maschi che in Europa occidentale è stata considerevole a partire dagli anni '70-'80, mentre nei Paesi del Centro Europa è cominciata negli anni '90. Per le donne la situazione è diversa: in tutti i Paesi europei a eccezione di Gran Bretagna e Danimarca hanno cominciato a fumare negli anni '70, quindi quelle nate nel 1950-1955 vedono aumentare i tassi di mortalità per il tumore al polmone. L'altro problema è che le donne hanno smesso meno di fumare rispetto agli uomini. Bisogna precisare che, nonostante ciò, il tasso di mortalità nelle donne (14 per 100.000) è ancora inferiore a quello registrato negli uomini (32 per 100.000)».
Oltre al tumore del polmone anche quello del pancreas è "in controtendenza" e non fa registrare grandi progressi in termini di mortalità. Come si spiega?
«Il problema principale in questo caso è che le cause note, come per esempio il fumo, ma anche diabete e familiarità, spiegano solo il 25-30 per cento di tutti i tumori del pancreas. Negli uomini che hanno diminuito il fumo va meglio che nelle donne, ma è un tumore difficile da diagnosticare e da curare a livello chirurgico e anche farmacologico».
I casi di successo però non mancano. Ci fa qualche esempio?
«Nelle donne c'è una tendenza estremamente favorevole per il tumore della mammella che in alcuni Paesi (Regno Unito e Nord Europa) è dimezzato in termini di mortalità e in Italia è diminuito di oltre il 30 per cento. Questo grazie soprattutto allo sviluppo di un insieme di strategie vincenti nella terapia di questa patologia. Ovviamente anche la prevenzione grazie alla diagnosi precoce ha un ruolo importante.
L'altro tumore che diminuisce costantemente è quello dell'intestino (il più frequente tra i non fumatori nei due sessi combinati), ancora una volta grazie alla diagnosi precoce: con la colonscopia si riescono a vedere direttamente e a togliere le lesioni precancerose e l'efficacia dello screening in questo caso è davvero molto alta. Come lo è per il tumore della cervice uterina».
Che fare dunque per migliorare ulteriormente una tendenza in generale già positiva?
«Bisogna innanzitutto puntare sullo stile di vita e smettere di fumare è il passo più importante. Le regole e le leggi non mancano, l'unica cosa che ancora si potrebbe aggiungere è il disincentivo più efficace ovvero un aumento drastico del prezzo delle sigarette. Poi c'è il problema dell'alcol: sebbene in Italia il consumo di bevande alcoliche sia già sceso del 70-75 per cento negli ultimi 40 anni, resta un problema soprattutto nei Paesi del nord e centro Europa. L'altro problema impossibile da ignorare è rappresentato da sovrappeso e obesità, soprattutto nei Paesi del Nord».
E oltre allo stile di vita?
«Un aspetto fondamentale del successo nella lotta contro il cancro è la scelta del centro di cura. I miglioramenti in oncologia ci sono stati e sono anche notevoli, ma se ne può beneficiare solo scegliendo uno di quelli che gli americani chiamano "comprehensive cancer center" e che in Italia potremmo tradurre con "istituto dei tumori" dove la malattia viene vista e seguita sotto tutti i suoi diversi aspetti e non solo dal punto di vista della chirurgia. Sono strutture integrate dove non c'è solo il chirurgo, ma anche chi sa fare bene la chemioterapia, la radioterapia, eccetera. Il problema non solo italiano è infatti che la prima fase del trattamento (in genere chirurgica) viene eseguita in centri periferici dove i chirurghi operano, spesso senza grandi problemi come nel caso del tumore del seno, ma poi manca l'approccio integrato alle terapie che solo una struttura di secondo livello può garantire».
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Il cancro sta diventando una malattia sempre meno letale. Cosa dicono i numeri in proposito?
«La mortalità per tumore in Europa sta diminuendo ormai da molti anni: è sempre cresciuta da quando ci sono dati disponibili - ovvero la metà del secolo scorso - fino a raggiungere il picco nel 1988, poi i tassi si sono livellati e infine hanno cominciato a scendere sia in Europa sia in Nord America. Per calcolare le stime di mortalità per il 2017 abbiamo utilizzato i dati disponibili, che si fermano tra il 2012 e il 2014 per i vari Paesi, e su questi dati abbiamo creato modelli per la previsione grazie ai quali si generano dati con errori molto piccoli, attorno all'1-2 per cento. In estrema sintesi, i numeri ci dicono che l'andamento positivo continua in entrambi i sessi, pur essendo molto più marcato (8 per cento) per gli uomini che per le donne (4 per cento)».
Quali sono le ragioni di queste differenze tra uomini e donne?
«La ragione principale è facile da individuare: il tumore del polmone e tutti quelli legati al fumo. In generale gli uomini hanno tassi di mortalità per tumore al polmone più alti perché hanno fumato di più in passato, ma adesso la mortalità negli uomini si sta riducendo poiché riflette la cessazione del fumo nei maschi che in Europa occidentale è stata considerevole a partire dagli anni '70-'80, mentre nei Paesi del Centro Europa è cominciata negli anni '90. Per le donne la situazione è diversa: in tutti i Paesi europei a eccezione di Gran Bretagna e Danimarca hanno cominciato a fumare negli anni '70, quindi quelle nate nel 1950-1955 vedono aumentare i tassi di mortalità per il tumore al polmone. L'altro problema è che le donne hanno smesso meno di fumare rispetto agli uomini. Bisogna precisare che, nonostante ciò, il tasso di mortalità nelle donne (14 per 100.000) è ancora inferiore a quello registrato negli uomini (32 per 100.000)».
Oltre al tumore del polmone anche quello del pancreas è "in controtendenza" e non fa registrare grandi progressi in termini di mortalità. Come si spiega?
«Il problema principale in questo caso è che le cause note, come per esempio il fumo, ma anche diabete e familiarità, spiegano solo il 25-30 per cento di tutti i tumori del pancreas. Negli uomini che hanno diminuito il fumo va meglio che nelle donne, ma è un tumore difficile da diagnosticare e da curare a livello chirurgico e anche farmacologico».
I casi di successo però non mancano. Ci fa qualche esempio?
«Nelle donne c'è una tendenza estremamente favorevole per il tumore della mammella che in alcuni Paesi (Regno Unito e Nord Europa) è dimezzato in termini di mortalità e in Italia è diminuito di oltre il 30 per cento. Questo grazie soprattutto allo sviluppo di un insieme di strategie vincenti nella terapia di questa patologia. Ovviamente anche la prevenzione grazie alla diagnosi precoce ha un ruolo importante.
L'altro tumore che diminuisce costantemente è quello dell'intestino (il più frequente tra i non fumatori nei due sessi combinati), ancora una volta grazie alla diagnosi precoce: con la colonscopia si riescono a vedere direttamente e a togliere le lesioni precancerose e l'efficacia dello screening in questo caso è davvero molto alta. Come lo è per il tumore della cervice uterina».
Che fare dunque per migliorare ulteriormente una tendenza in generale già positiva?
«Bisogna innanzitutto puntare sullo stile di vita e smettere di fumare è il passo più importante. Le regole e le leggi non mancano, l'unica cosa che ancora si potrebbe aggiungere è il disincentivo più efficace ovvero un aumento drastico del prezzo delle sigarette. Poi c'è il problema dell'alcol: sebbene in Italia il consumo di bevande alcoliche sia già sceso del 70-75 per cento negli ultimi 40 anni, resta un problema soprattutto nei Paesi del nord e centro Europa. L'altro problema impossibile da ignorare è rappresentato da sovrappeso e obesità, soprattutto nei Paesi del Nord».
E oltre allo stile di vita?
«Un aspetto fondamentale del successo nella lotta contro il cancro è la scelta del centro di cura. I miglioramenti in oncologia ci sono stati e sono anche notevoli, ma se ne può beneficiare solo scegliendo uno di quelli che gli americani chiamano "comprehensive cancer center" e che in Italia potremmo tradurre con "istituto dei tumori" dove la malattia viene vista e seguita sotto tutti i suoi diversi aspetti e non solo dal punto di vista della chirurgia. Sono strutture integrate dove non c'è solo il chirurgo, ma anche chi sa fare bene la chemioterapia, la radioterapia, eccetera. Il problema non solo italiano è infatti che la prima fase del trattamento (in genere chirurgica) viene eseguita in centri periferici dove i chirurghi operano, spesso senza grandi problemi come nel caso del tumore del seno, ma poi manca l'approccio integrato alle terapie che solo una struttura di secondo livello può garantire».
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