Flebite: di nuovo c'è il laser

21 giugno 2006
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Flebite: di nuovo c'è il laser



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Indipendentemente dalla causa, quando una vena non svolge più correttamente la sua funzione, e quando le terapie mediche e non farmacologiche non hanno effetto, la soluzione è eliminarla. Può sembrare una scelta drastica e potenzialmente dannosa, ma in effetti la circolazione venosa non viene compromessa perchè le altre vene sopperiscono o aumentando la portata di sangue o creando veri e propri ''percorsi alternativi''.
Normalmente il paziente viene avviato a questi trattamenti invasivi quando le vene varicose sono spesso dolenti, oppure quando si producono ricorrenti trombi e infiammazioni o anche per motivi estetici. Secondo una recente indagine condotta tra i chirurghi della britannica Vascular Surgical Society, i sintomi e le complicazioni sono la motivazione prevalente dell'intervento (97 e 98% di indicazioni) ma anche il desiderio di migliorare l'estetica delle gambe, la localizzazione prevalente delle vene varicose, ha il suo peso (55%)
Sostanzialmente i metodi sono due: si può rimuovere chirurgicamente, in modo più o meno invasivo, la vena oppure la si può eliminare dal circolo senza asportarla con la scleroterapia o terapia sclerosante

Luce nelle vene
La novità è una tecnica, certamente chirurgica ma con uninvasività molto ridotta rispetto al bisturi tradizionale, è il trattamento laser endovenoso (ELVeS), un intervento ambulatoriale di recente introduzione che garantisce una cura risolutiva dellincontinenza venosa della grande e piccola safena.
Si procede in anestesia locale: attraverso una piccola incisione la fibra ottica che trasporta la luce laser viene inserita nel lume della vena da trattare, quando il laser viene attivato la fibra viene fatta arretrare molto lentamente. La fibra viene guidata servendosi dell'ecografia.
Lelevata energia trasferita dalla luce laser è in grado di necrotizzare il tessuto del vaso sanguigno e quindi di chiudere la vena. In questo caso la vena rimane al suo posto ma non verrà più attraversata dal flusso sanguigno. Dopo lintervento il paziente viene avvolto con un bendaggio compressivo che deve essere tenuto per un paio di giorni. I risultati clinici ed estetici finora raggiunti sono ottimi.

Bisturi chirurgico
Ormai da tempo è stata standardizzata una metodica chiamata dall'inglese stripping, che significa ''sfilare''. L'intervento viene condotto in anestesia generale e consiste nel legare e tagliare l'estremità superiore della vena varicosa, di norma all'altezza dell'anca quando sono i gioco i vasi più grossi, così come quella inferiore. Fatto questo si inserisce nel lume della vena sezionata una sonda simile a un cavetto e si procede a sfilare il segmento.
Dopo l'intervento, alla zona interessata dallo stripping viene applicato un bendaggio compressivo, così da minimizzare il gonfiore (edema). La convalescenza è piuttosto rapida e sempre più spesso il paziente è dimesso il giorno successivo allo stripping, visto che di norma è possibile camminare e, anzi, è consigliato; allo stesso modo si consiglia di tenere le gambe sollevate rispetto al piano in cui giace il tronco quando il paziente si corica.

La terapia sclerosante
Si effettua iniettando nella vena o nelle vene varicose una sostanza irritante (molto frequentemente sodio tetradecilfosfato) che provoca l'infiammazione del vaso con la formazione di tessuto fibroso, così che il lume della vena viene completamente chiuso e non si ha più passaggio di sangue. Per la terapia sclerosante si procede con il paziente sveglio e in posizione eretta; la procedura è piuttosto breve, viene praticata ambulatorialmente e comunque, dopo l'applicazione di un bendaggio elastico, il paziente può tornarsene a casa. In aggiunta a questi due trattamenti, si possono avere interventi ''misti'' in cui alcune vene più grandi vengono legate e altre più piccole sottoposte a scleroterapia.

La scelta del trattamento
Sempre secondo l'indagine britannica citata prima, il 60% dei chirurghi ricorre alla terapia sclerosante, ma se sono coinvolti grossi vasi, cioè in pratica la safena, il ricorso alla chirurgia laser o tradizionale è, correttamente, la prima scelta. Un altro studio, però, ha segnalato che la terapia sclerosante sta un po' perdendo terreno, e viene spesso riservata ai casi in cui si è già intervenuto chirurgicamente e, quindi, si tratta di eliminare le varici residue, oppure ancora ai casi in cui non vi sono problemi a monte della vena da trattare. I vantaggi soggettivi per i pazienti sono presto detti: la terapia sclerosante non richiede ricovero nè anestesia generale; d'altra parte lo stripping garantisce un minor numero di ricadute a 5-10 anni, e il paziente non deve indossare il bendaggio elastico per le 4-6 settimane richieste invece dalla terapia sclerosante. Con lELVeS, infine, si ha una notevole semplificazione della procedura che dura meno di unora di tempo, tra esame e trattamento, non lascia cicatrici, non presenta rischio di infezione postoperatoria e permette di riprendere subito le normali attività. In un recente studio italiano, il metodo è stato testato su circa mille pazienti affetti da insufficienza venosa cronica, ottenendo con efficacia la chiusura della grande safena incompetente e delle altre vene varicose trattate. A distanza di tre anni, il tasso di occlusione totale era del 97%, in totale assenza di casi di trombosi venosa profonda e secondo un questionario il tasso di soddisfazione del metodo era del 96,7%.
Gli effetti indesiderati sono abbastanza simili per tutti i trattamenti, consistendo prevalentemente nella possibilità che si riformino le vene varicose. Inoltre, a seguito dell'azione delle sostanze sclerosanti, si possono formare delle zone iperpigmentate sulla cute (macchie).
In linea generale, nella maggioranza dei casi dei casi il primo intervento di stripping è risolutivo, anche se c'è un 30% di casi in cui è necessario intervenire di nuovo. Alcuni studi hanno riportato che se si procede all'asportazione della safena il rischio che si ripresentino vene varicose si riduce di due terzi. In effetti, gran parte delle vene varicose sono dovute proprio alla scarsa funzionalità di questa vena, in particolare nella giunzione con la femorale. Se da questo punto ''alto'' comincia il reflusso del sangue è chiaro che le vene a valle sopporteranno un carico maggiore, e che intervenire solo su di esse, senza rimuovere la causa prima non può che favorire le recidive.

Maurizio Imperiali



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