Rischio cardiovascolare, allo studio nuove carte per valutarlo

20 marzo 2018
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Rischio cardiovascolare, allo studio nuove carte per valutarlo



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Il rischio cardiovascolare di ciascun individuo viene valutato dai medici attraverso alcune carte, cioè tabelle che prendono in considerazione diversi fattori individuali. Questi importanti strumenti risultano oggi non più adeguati: nella pratica medica, infatti, sono emerse una serie di limitazioni di quelle in uso date anche dai cambiamenti verificatisi nella popolazione. Per questo la Società Italiana di Medicina Generale, ha promosso un confronto tra gli addetti ai lavori, per una revisione delle carte del rischio cardiovascolare, mettendo a disposizione le informazioni raccolte nel database Health Search, della società scientifica.

Nate negli anni '90

«Le carte del rischio cardiovascolare sono state prodotte ormai molti anni fa, quando il profilo del rischio nella popolazione mondiale e in quella italiana era sostanzialmente diverso da quello attuale» spiega Claudio Cricelli, Presidente SIMG «Questi strumenti sono stati estremamente utili: le carte sono state utilizzate innanzitutto dai medici per individuare il rischio nei singoli individui all'interno della popolazione, ma anche per stimolare la cultura del rischio cardiovascolare e per favorire un corretto impiego delle risorse e dei farmaci per la prevenzione cardiovascolare. Naturalmente con il passare del tempo sono invecchiate anche loro: non possiamo dire che siano superate, ma sono sicuramente da rivedere».

Dove sono invecchiate le carte del rischio?

Il primo limite è che sono incentrate sul rischio ischemico, escludendo di conseguenza condizioni quali la fibrillazione atriale e lo scompenso cardiaco. Una seconda limitazione è che fanno essenzialmente riferimento alla popolazione italiana degli anni novanta: la popolazione di oggi presenta caratteristiche molto diverse da quella di allora, ma i cambiamenti che ha subìto nel tempo non sono stati considerati dalle attuali carte del rischio.
Secondo gli esperti c'è poi un altro limite: «Escludono una serie di fattori di rischio la cui importanza è già stata dimostrata in letteratura» aggiunge Cricelli «Le carte del rischio attuali hanno pochi parametri che si combinano in base a un modello di stima del rischio caratterizzato da un certo grado di complessità statistica, ma escludono altri parametri altrettanto importanti e questo, data l'odierna presenza di software per alcuni setting specifici, che possono dare automaticamente una stima del rischio, rappresenta una limitazione».
Fra i parametri non valutati vi sono l'iperuricemia, la familiarità cardiovascolare, la durata della malattia diabetica, i livelli dell'emoglobina glicata e le sue variazioni, la variabilità dell'ipertrigliceridemia e l'uso degli antipsicotici. Si rende quindi necessaria una loro revisione all'interno di uno sforzo coordinato per ottimizzare la prevenzione cardiovascolare che a sua volta si fonda su alcuni aspetti principali.

Una popolazione sempre più ampia

Inoltre la popolazione di pazienti a rischio si fa sempre più ampia: ciò dipende in primo luogo dall'incremento della prevalenza delle malattie cardiovascolari secondario all'invecchiamento della popolazione, ma entrano in gioco anche altri fattori. «Per una serie di ragioni, negli ultimi anni in Italia si sta osservando un anticipo della data di prima insorgenza delle patologie cardiovascolari» spiega Vincenzo Atella, Professore Ordinario, Facoltà di Economia, Università degli Studi di Roma «Se 10 anni fa la prima diagnosi veniva posta in media all'età di 58-59 anni, adesso si verifica 4-5 anni prima, a 53-54 anni. Le ragioni di questo fenomeno sono riconducibili essenzialmente al fatto che, in seguito al cambiamento delle linee guida, piuttosto che per la maggiore attenzione per questi temi, i medici diagnosticano prima il problema. Tuttavia vi sono forti indizi, anche se non delle prove certe, che questo anticipo dipenda anche da un cambiamento dello stato di salute della popolazione».
Quest'ultimo è riconducibile principalmente al fatto che le nuove generazioni, i quarantenni-cinquantenni di oggi, hanno livelli di obesità e sovrappeso maggiori rispetto a 10 anni fa e che hanno dovuto affrontare la crisi economica dell'ultimo decennio. «Vale la pena sottolineare che le persone in sovrappeso o obese fra i 45 e i 55 anni gravano di più sui costi del Sistema Sanitario rispetto alle persone normopeso della stessa età» aggiunge l'economista «Questo si spiega con il fatto che la presenza di sovrappeso o di obesità determina un anticipo dell'insorgenza delle patologie cardiovascolari». Un intervento di prevenzione può dunque riflettersi favorevolmente anche sui costi del sistema sanitario. I lavori di revisione delle carte dureranno per tutto il 2018 e 2019.

A cura di:
Chiara Romeo



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