Il calore per eliminare piccole lesioni tumorali

01 aprile 2019
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Il calore per eliminare piccole lesioni tumorali



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Distruggere le cellule tumorali di piccole masse tumorali senza ricorrere all'intervento chirurgico. E' possibile con la tecnica di termoablazione con microonde. Si tratta di una procedura di radiologia interventistica che consiste nell'inserimento di un ago molto sottile, attraverso la cute e con l'ausilio della guida ecografica, che generando calore "brucia" le cellule neoplastiche.
Presso l'Azienda Ospedaliera/Università di Padova è stato eseguito un intervento di termoablazione con microonde di due metastasi in due organi diversi, fegato e polmone, in una unica seduta. Una procedura che in simultanea è stata eseguita poche volte, in Italia e in Veneto, ma frutto di una tecnica già utilizzata.
"Si tratta di una tecnica introdotta negli anni '90, che trova la sua migliore applicazione nei casi di lesioni localizzate solo nell'organo bersaglio" afferma Mario Clerico, presidente CIPOMO (Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri). È il caso per esempio del carcinoma epatico, che spesso insorge in un fegato cirrotico e quindi molto compromesso. Evitare le procedure chirurgiche e di anestesia in questo tipo di pazienti, fragili, offre certamente un vantaggio".
La tecnica nasce infatti per il tumore del fegato; con le microonde si generano campi magnetici che fanno salire la temperatura oltre i 100° C. in questo modo i radiologi interventisti hanno potuto distruggere i noduli neoplastici.
 "La tecnica può essere utile per rimuovere metastasi, magari portando a rallentare temporaneamente la progressione della malattia. Quando la malattia ha una diffusione sistemica, tuttavia, eliminare le lesioni visibili non è detto che si traduca in una guarigione o in un aumento della sopravvivenza. Ma ogni caso è da valutare singolarmente" precisa Clerico.

Solo in casi selezionati


Affinché questa procedura possa essere applicata con successo, è necessaria un'accurata selezione dei casi, in base al tipo di tumore, al numero e alla dimensione delle lesioni, alle caratteristiche del paziente e all'eventuale presenza di altri problemi clinici.
"Non tutti i tumori possono essere trattati in questo modo" spiega Clerico. "Il fegato è l'organo che si presta meglio e per il quale è stata maggiormente impiegata. Inoltre le lesioni devono essere di dimensioni ridotte, al massimo quattro centimetri, in numero limitato, e in posizione facilmente raggiungibile. La tecnica viene eseguita solo in centri ad alta specializzazione".
Nonostante le precauzioni, esistono rischi associati a questo tipo di intervento: "è necessario valutare lo stato della coagulazione, per ridurre il rischio di sanguinamenti.".
Poiché si tratta di una procedura scarsamente invasiva, il suo impiego può essere vantaggioso in pazienti molto anziani, quando le lesioni non siano operabili o nei casi in cui il rischio chirurgico sarebbe molto elevato. Ma non può sostituire la chirurgia o eliminare chemioterapia e radioterapia. "Oggi è possibile ricorrere anche a immunoterapia e terapie biologiche, che sempre in casi selezionati, offrono buoni risultati" conclude Clerico.


Stefania Cifani



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