24 novembre 2014
Interviste, Speciale Bocca sana
Un’odontoiatria “speciale” per pazienti “speciali”
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Ci sono le persone con disabilità fisiche gravi e quelle con problemi di tipo psichiatrico che molto spesso non sono collaboranti. Bambini e adulti che quando devono affrontare un trattamento odontoiatrico hanno bisogno di essere seguiti da personale medico attento e preparato e in strutture progettate ad hoc per venire incontro alle loro esigenze tanto particolari e non sempre semplici da identificare. Ci parla di questa "odontoiatria speciale" Roberto Rozza, odontoiatra e presidente nazionale della Società italiana di odontostomatologia dell'handicap (Sioh).
Quali sono i pazienti che hanno bisogno di attenzioni speciali nelle cure odontoiatriche?
«L'odontoiatria "speciale" riguarda lo sviluppo e la diffusione di un miglioramento della salute orale in individui e gruppi che soffrono di limitazioni sensoriali, fisiche, intellettuali, mentali o, molto spesso, di una combinazione di questi fattori.
La disabilità può essere fisica - pensiamo per esempio alle persone con deficit di vista e udito e che di conseguenza hanno difficoltà nel poter percepire ciò che succede intorno a loro - oppure una disabilità di tipo psichico, come per esempio un disturbo dello spettro autistico che rende a volte impossibile la collaborazione paziente-dentista. E non parliamo solo di bambini: i problemi sono presenti anche negli adulti, nei quali si accumulano anche i danni causati da anni di igiene orale poco corretta».
Quali le problematiche principali di questi pazienti?
«Uno dei problemi principali che si incontrano con i pazienti "speciali" è legato alla scarsa attenzione che viene posta alle problematiche di salute orale. Tale situazione viene definita con il termine di "effetto alone", cioè il fatto che in presenza di una disabilità magari anche grave, i problemi odontoiatrici vengono trascurati o comunque messi in secondo piano per potersi focalizzare esclusivamente sul problema sistemico principale trascurando o dando comunque meno attenzione a tutto il resto. Il risultato è che questi pazienti arrivano spesso sulla poltrona del dentista con una situazione molto compromessa e quindi più difficile da trattare. Non dobbiamo poi dimenticare che anche un'azione banale come il lavarsi i denti può trasformarsi in un'impresa per alcuni di questi pazienti, in parte perché non si rendono conto dell'importanza dell'igiene orale quotidiana, in parte perché non riescono a portare a termine in modo corretto le azioni di base per garantirsi una bocca sana».
Come strutturare le cure per questi pazienti?
«Nel corso della prima visita è fondamentale comprendere il grado di collaborazione del paziente. Questo dato è anche più importante della disabilità fisica o mentale di per sé visto che, se la persona collabora, non ci sono problemi nel trattamento anche se si è di fronte a un paziente che può avere severe problematiche di salute generale. Ed è essenziale in questa fase il rapporto stretto con la famiglia o con chi si prende cura del paziente e che potrà fornire informazioni essenziali sulla storia clinica e su tanti altri aspetti, magari apparentemente insignificanti, che permetta al medico attento e preparato di stabilire quale sarà l'approccio terapeutico migliore per arrivare infine alla stesura di un piano di trattamento ad hoc».
Come si può curare un paziente che non collabora?
«Un tempo, e troppo spesso anche oggi, di fronte a un paziente non collaborante si optava per la sala operatoria con troppa leggerezza. Ma questa non deve essere a mio parere la prima scelta. La sala operatoria è necessaria in alcuni casi estremi, non lo nego, ma con la pazienza, la determinazione e la collaborazione della famiglia e di un team di specialisti preparati ed esperti si riesce a rendere meno traumatica questa esperienza e ad aumentare notevolmente la collaborazione».
È possibile, magari con qualche accorgimento, curare questi pazienti negli studi odontoiatrici "classici"?
«Non è impossibile, ma di certo è molto difficile e le ragioni sono tante. Innanzitutto quando si tratta un paziente speciale, il medico deve essere pronto ad accettare delle sfide che vanno oltre quelle richieste nelle cure odontoiatriche della popolazione generale. Non dimentichiamo poi che a volte è necessario progettare strutture e ambienti clinici pensati per il fine specifico della cura del disabile. E questo non sempre è possibile dal punto di vista pratico per uno studio odontoiatrico "classico"».
Qual è lo stato di salute della cosiddetta "odontoiatria speciale" in Italia?
«Purtroppo non è delle migliori: non esistono allo stato attuale valutazioni delle esigenze di salute orale dei pazienti speciali e sono ancora pochi i centri dedicati a questa popolazione particolare (Dica33 ha attivato una Guida con un elenco di centri odontoiatrici italiani specializzati in cura dei pazienti con disabilità). Questo porta ad interventi tardivi e costosi, che hanno un peso importante sul sistema sanitario nazionale. Infine, un altro aspetto che a mio parere deve essere migliorato, è la formazione degli specialisti: a livello didattico ci sono dei corsi dedicati al trattamento di pazienti speciali, ma il curriculum non ha ancora una definizione ben precisa e mancano corsi post-laurea sull'argomento».
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