26 febbraio 2015
Aggiornamenti e focus
Le donne promuovono i generici
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Sostanzialmente positivo l'approccio delle donne italiane all'impiego di farmaci generici nel trattamento di patologie cardio-metaboliche e psichiche. Più di 8 su 10 si dichiarano molto soddisfatte dei farmaci generici, scelti per il loro costo inferiore, perché li ritengono uguali ai brand di riferimento e per la fiducia nutrita verso la figura che li consiglia loro, in primis il medico di famiglia (37 per cento), seguito dal farmacista (25 per cento).
Problematica, invece, risulta l'esperienza, in chi ha accettato lo switch terapeutico con farmaci generici di diverse aziende. Un'intervistata su 4 ha riferito l'esistenza di difficoltà nel non reperire sempre il farmaco generico della stessa marca. Il 56 per cento del campione ha affermato di aver incontrato delle difficoltà a causa del cambiamento, legate principalmente al rischio di fare confusione nell'assunzione per la diversità delle confezioni e del farmaco in sé. Inoltre, il 19 per cento delle donne intervistateche ha cambiato l'abituale farmaco generico con un altro mette in atto dei comportamenti che impattano sull'aderenza alla terapia. L'indagine evidenzia che la sostituzione tra generici può causare confusione nelle pazienti, portandole a errori di assunzione, alla sospensione momentanea della terapia, in attesa di trovare il proprio farmaco, fino all'interruzione della cura in modo prolungato. Questi comportamenti, spesso messi in atto in autonomia, possono incidere negativamente sul successo delle cure, soprattutto nei casi di disturbi cardio-metabolici e psichici.
Sono questi i risultati principale di una indagine presentata recentemente alla stampa a Milano e condotta da Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna) su un campione di 445 donne, di età compresa tra i 40 e i 91 anni, in 9 Regioni italiane, il 75 per cento in terapia con un farmaco generico per disturbi cardio-metabolici e il 25 per cento per disturbi psichici, sull'impatto del cambiamento del farmaco generico sull'aderenza terapeutica.
Nel commentare i risultati, Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di Neuroscienze dell'Ospedale Fatebenefratelli di Milano, ha sottolineato il primato del medico e la necessità di un'alleanza medico-paziente per combattere la pratica dello switch terapeutico indiscriminato:«Durante il percorso di cura è indispensabile che il medico, una volta raggiunti gli esiti positivi, garantisca la continuità terapeutica con la stessa molecola prodotta dalla medesima azienda. Questo al fine di garantire la compliance (cioè l'adesione del malato alle prescrizioni mediche e ai trattamenti in generale previsti nella gestione di una determinata forma morbosa), il proseguimento dei benefici, oltre che per motivi medico legali. Il medico, e non il farmacista, è garante e contemporaneamente responsabile degli esiti della cura. La dizione di non sostituibilità, esercitata anche su una molecola a brevetto scaduto, rappresenta una garanzia per paziente e medico, sia sulla continuità sia sull'efficacia terapeutica».
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Problematica, invece, risulta l'esperienza, in chi ha accettato lo switch terapeutico con farmaci generici di diverse aziende. Un'intervistata su 4 ha riferito l'esistenza di difficoltà nel non reperire sempre il farmaco generico della stessa marca. Il 56 per cento del campione ha affermato di aver incontrato delle difficoltà a causa del cambiamento, legate principalmente al rischio di fare confusione nell'assunzione per la diversità delle confezioni e del farmaco in sé. Inoltre, il 19 per cento delle donne intervistateche ha cambiato l'abituale farmaco generico con un altro mette in atto dei comportamenti che impattano sull'aderenza alla terapia. L'indagine evidenzia che la sostituzione tra generici può causare confusione nelle pazienti, portandole a errori di assunzione, alla sospensione momentanea della terapia, in attesa di trovare il proprio farmaco, fino all'interruzione della cura in modo prolungato. Questi comportamenti, spesso messi in atto in autonomia, possono incidere negativamente sul successo delle cure, soprattutto nei casi di disturbi cardio-metabolici e psichici.
Sono questi i risultati principale di una indagine presentata recentemente alla stampa a Milano e condotta da Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna) su un campione di 445 donne, di età compresa tra i 40 e i 91 anni, in 9 Regioni italiane, il 75 per cento in terapia con un farmaco generico per disturbi cardio-metabolici e il 25 per cento per disturbi psichici, sull'impatto del cambiamento del farmaco generico sull'aderenza terapeutica.
Nel commentare i risultati, Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di Neuroscienze dell'Ospedale Fatebenefratelli di Milano, ha sottolineato il primato del medico e la necessità di un'alleanza medico-paziente per combattere la pratica dello switch terapeutico indiscriminato:«Durante il percorso di cura è indispensabile che il medico, una volta raggiunti gli esiti positivi, garantisca la continuità terapeutica con la stessa molecola prodotta dalla medesima azienda. Questo al fine di garantire la compliance (cioè l'adesione del malato alle prescrizioni mediche e ai trattamenti in generale previsti nella gestione di una determinata forma morbosa), il proseguimento dei benefici, oltre che per motivi medico legali. Il medico, e non il farmacista, è garante e contemporaneamente responsabile degli esiti della cura. La dizione di non sostituibilità, esercitata anche su una molecola a brevetto scaduto, rappresenta una garanzia per paziente e medico, sia sulla continuità sia sull'efficacia terapeutica».
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