Campari (Fujifilm): il futuro è nelle cure domiciliari
La tecnologia diagnostica biomedica dopo la pandemia sta cambiando volto e gli ultimi anni hanno visto una accelerazione di questo mercato. Da 90 anni operativa tra radiologia, endoscopia, informatica, diagnostica in vitro, farmaceutica, Fujifilm oggi trae il 50% del fatturato dal biomedicale ed investe il 5% dei ricavi in ricerca e sviluppo. In materia di salute, da decenni acquisisce aziende operanti nella diagnostica per completare il portafoglio. Ad aprile, poco tempo dopo aver acquisito la divisione medicale di Hitachi, ha costituito una Health Care & Business Division per sviluppare soluzioni diversificate in sanità. Delle possibilità che si schiudono per la diagnostica hi-tech nell'era della riforma della medicina territoriale in Italia ed altri paesi del mondo, parla con Sanità 33 Davide Siro Campari general manager Fujifilm Italia Health Care & Business Division. «Durante il Covid-19- spiega Campari - si è vista la fragilità determinata in precedenza nei sistemi sanitari da anni di centralizzazione delle attività di cura sull'ospedale. Oggi serve un'attività più vicina al paziente».
Specie nelle aree interne, per Campari, «l'Italia chiede più attenzione alla domiciliarità. Noi disponiamo di tecnologie per le cure di prossimità: non solo sistemi di diagnostica radiologici portatili ed ecografi, ma anche soluzioni d'informatica sanitaria che consentono di effettuare esami in collegamento con specialisti in remoto. È questa l'evoluzione che prevedo per il prossimo futuro». Un'evoluzione che genererà una messe di dati di salute d'importanza straordinaria anche per "nutrire" l'intelligenza artificiale, ammette Campari. «Il trend è partito; una recente ricerca Market-to-Market indica l'avvio di un grande percorso di sviluppo. Se nel 2020 si stimavano 5 miliardi di investimenti sull'AI, al 2026 saremo a 45 miliardi. Fujifilm lavora (anche con importanti ospedali italiani, ndr) ad una piattaforma di intelligenza artificiale in radiologia, REiLI, applicabile a diversi ambiti diagnostici». L'intelligenza artificiale riduce il margine d'errore ed è in grado di accelerare i processi di lavoro, ma per Campari «non potrà mai sostituire in toto la capacità di valutazione del singolo clinico. Il personale medico e sanitario dovrà continuare a guidare i processi».
Fonte: Sanità33
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