22 gennaio 2010
Aggiornamenti e focus
Il cesareo non taglia i rischi
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di Simona Zazzetta
A distanza di tre anni dal precedente, il report dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sulla salute materna e perinatale, registra un tasso ancora alto dei parti con taglio cesareo. Tra gli oltre 100mila parti registrati in nove paesi asiatici tra il 2007 e il 2008, il 27% era avvenuto mediante taglio cesareo, un dato in lieve calo rispetto al 33% rilevato in America Latina, ma pur sempre significativo. Fa riflettere, soprattutto gli esperti del settore il dato raccolto da un'indagine condotta dalla Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (Sigo): in Italia la modalità chirurgica viene applicata in media nel 38% dei parti, record che non ha eguali in Europa (in Francia è il 20,2%, in Inghilterra il 23%).
Secondo gli esperti dell'OMS, questa opzione viene percepita come un intervento intrinsecamente sicuro ed è dello stesso parere anche Giorgio Vittori, presidente della (Sigo): "Le donne spesso scelgono di programmare il parto con un taglio cesareo perché hanno la sensazione - spiega Vittori - che l'evento "parto" sia meno traumatico e possono essere certe di avere il proprio medico presente. Però ignorano i rischi a cui vanno incontro, non si rendono conto che il taglio cesareo è un intervento chirurgico che comporta rischi in quanto tale". Questa è una delle ragioni che spiegherebbero i dati raccolti dall'indagine italiana in cui, secondo i ginecologi, il 27% dei cesarei è frutto di una precisa scelta della paziente, senza indicazione clinica. Inoltre, secondo nove ginecologi su 10, sono le complicazioni medico-legali la motivazione principale di questo risultato, che in alcune regioni come la Campania raggiunge il 62%. E confermano che le esigenze organizzative pesano più di quelle cliniche: 59% contro solo il 32%, un caso su tre.
Eppure, non si tratta di un intervento innocuo e senza danni, stando a quanto riportato dall'indagine dell'Oms, i cui autori hanno valutato anche i rischi associati alle diverse modalità di parto. In particolare, è stato osservato che il rischio di mortalità e l'indice di complicanze e conseguenze negative per la salute della madre, aumentavano in tutti i casi di taglio cesareo, ma il dato rilevante è che il rischio triplicava, rispetto a un parto spontaneo naturale senza intervento medico, se il cesareo era stato programmato senza indicazione medica, vale a dire senza un reale bisogno per la salute del nascituro o della madre. Inoltre solo in caso di presentazione podalica si ottenevano dei miglioramenti sull'esito del parto, con il taglio cesareo indipendentemente se veniva programmato o deciso durante il parto. Per invertire la tendenza, quanto meno in italia esistono soluzioni percorribili e virtuosismi a cui aspirare: "Dall'inchiesta emerge un segnale di allarme lanciato da chi opera in prima linea e avverte la mancanza di medici preparati, il basso numero di ginecologi di turno e lo scarso accesso all'epidurale" spiega Vittori, e propone soluzioni: "Per il 35% degli intervistati la situazione potrebbe normalizzarsi se ci fossero meno pressioni di tipo medico-legale, per il 24% è necessario un investimento nella formazione professionale, per il 19% serve la presenza di un'anestesista dedicato (oggi c'è solo nel 34% dei punti nascita) e il 16% chiede una migliore informazione per le donne".
Lancet. 2010 Jan 11
Comunicato stampa Sigo
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
A distanza di tre anni dal precedente, il report dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sulla salute materna e perinatale, registra un tasso ancora alto dei parti con taglio cesareo. Tra gli oltre 100mila parti registrati in nove paesi asiatici tra il 2007 e il 2008, il 27% era avvenuto mediante taglio cesareo, un dato in lieve calo rispetto al 33% rilevato in America Latina, ma pur sempre significativo. Fa riflettere, soprattutto gli esperti del settore il dato raccolto da un'indagine condotta dalla Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (Sigo): in Italia la modalità chirurgica viene applicata in media nel 38% dei parti, record che non ha eguali in Europa (in Francia è il 20,2%, in Inghilterra il 23%).
Secondo gli esperti dell'OMS, questa opzione viene percepita come un intervento intrinsecamente sicuro ed è dello stesso parere anche Giorgio Vittori, presidente della (Sigo): "Le donne spesso scelgono di programmare il parto con un taglio cesareo perché hanno la sensazione - spiega Vittori - che l'evento "parto" sia meno traumatico e possono essere certe di avere il proprio medico presente. Però ignorano i rischi a cui vanno incontro, non si rendono conto che il taglio cesareo è un intervento chirurgico che comporta rischi in quanto tale". Questa è una delle ragioni che spiegherebbero i dati raccolti dall'indagine italiana in cui, secondo i ginecologi, il 27% dei cesarei è frutto di una precisa scelta della paziente, senza indicazione clinica. Inoltre, secondo nove ginecologi su 10, sono le complicazioni medico-legali la motivazione principale di questo risultato, che in alcune regioni come la Campania raggiunge il 62%. E confermano che le esigenze organizzative pesano più di quelle cliniche: 59% contro solo il 32%, un caso su tre.
Eppure, non si tratta di un intervento innocuo e senza danni, stando a quanto riportato dall'indagine dell'Oms, i cui autori hanno valutato anche i rischi associati alle diverse modalità di parto. In particolare, è stato osservato che il rischio di mortalità e l'indice di complicanze e conseguenze negative per la salute della madre, aumentavano in tutti i casi di taglio cesareo, ma il dato rilevante è che il rischio triplicava, rispetto a un parto spontaneo naturale senza intervento medico, se il cesareo era stato programmato senza indicazione medica, vale a dire senza un reale bisogno per la salute del nascituro o della madre. Inoltre solo in caso di presentazione podalica si ottenevano dei miglioramenti sull'esito del parto, con il taglio cesareo indipendentemente se veniva programmato o deciso durante il parto. Per invertire la tendenza, quanto meno in italia esistono soluzioni percorribili e virtuosismi a cui aspirare: "Dall'inchiesta emerge un segnale di allarme lanciato da chi opera in prima linea e avverte la mancanza di medici preparati, il basso numero di ginecologi di turno e lo scarso accesso all'epidurale" spiega Vittori, e propone soluzioni: "Per il 35% degli intervistati la situazione potrebbe normalizzarsi se ci fossero meno pressioni di tipo medico-legale, per il 24% è necessario un investimento nella formazione professionale, per il 19% serve la presenza di un'anestesista dedicato (oggi c'è solo nel 34% dei punti nascita) e il 16% chiede una migliore informazione per le donne".
Lancet. 2010 Jan 11
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