30 maggio 2008
Aggiornamenti e focus
L'immobilismo è il problema
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Nel 1954 il New England pubblicò per la prima volta uno studio che si occupava di trombosi venosa profonda associata a una prolungata posizione seduta. Lo studio era firmato da un medico, John Homans, a cui si deve anche il merito di aver introdotto criteri per diagnosticare precocemente una trombosi venosa. Il dolore al polpaccio alla dorsiflessione del piede, chiamato segno di Homans, rientra tra i criteri clinici tuttora applicati. Ai tempi il medico osservò due casi di decesso per embolia polmonare dopo un viaggio aereo, che nella maggior parte dei casi è una complicanza di una trombosi venosa. Da allora, il numero dei voli aerei è aumentato e anche il numero di morti improvvise nell'area di arrivo piuttosto che in quelle di partenza.
Diversi studi hanno dimostrato che il rischio aumenta in relazione alla durata del viaggio, è particolarmente alto nella settimana successive al viaggio, ma può dipendere anche da caratteristiche individuali, per esempio, se c'è una predisposizione genetica o se si utilizzano contraccettivi orali. Ma può dipendere anche dal mezzo scelto per viaggiare: aereo, auto, autobus o treno. Un aspetto non trascurabile, soprattutto per persone a rischio particolarmente alto che devono scegliere come raggiungere mete lontane, affrontando, magari, molte ore di viaggio. Uno studio realizzato in Olanda ha raccolto dati interessanti in merito stratificando il rischio anche in funzione della corporatura dei viaggiatori, su un campione di circa 1900 pazienti con diagnosi di trombosi venosa profonda. Il gruppo di controllo era rappresentato dai rispettivi partner che, però, non avevano viaggiato insieme al paziente. Il 12% del campione e il 9,5% del controllo avevano sostenuto un viaggio di almeno quattro ore nelle otto settimane precedenti e da una prima analisi, indipendentemente dal mezzo, il viaggio raddoppiava il rischio di trombosi venosa.
Faceva, invece, elevare il rischio la mutazione del fattore V di Leiden, presente nel 14% dei casi e nel 4% dei controllo. I dati combinati dei viaggiatori su autobus, auto e treno indicavano un rischio otto volte più alto rispetto a chi non aveva viaggiato e diventava 13 volte più alto usando l'aereo. L'indice di massa corporea (IMC) era un altro aspetto individuale in grado di predire il rischio: dieci volte più alto usando i veicoli di terra con un IMC superiore a 30, ma nessun incremento sui viaggi aerei. Anche l'altezza faceva la differenza: persone molto alte o molto basse avevano maggiori problemi di persone di altezza media dopo aver viaggiato. Le persone più alte di 1,90m, rispetto all'altezza media, avevano un rischio relativo quasi cinque volte più alto (4,7) se viaggiavano via terra e quasi sette volte più alto (6,8) se volavano. Le persone più basse di 1,60m invece erano a rischio (4,9) solo dopo un volo, non con altri mezzi. Le variazioni si spiegano con la posizione innaturale che queste persone assumono su sedili e sedute standard, e alla minore possibilità di movimento. Le persone molto alte per esempio sono più soggette a crampi se stanno a lungo sedute, e sulle auto sono particolarmente scomode perchè in genere la seduta è molto più bassa di loro (in alcune però sono regolabili), rispetto magari a quanto lo sono le poltrone degli aerei. Le molto basse, invece, se non toccano terra con i piedi, mantengono in continua compressione la vena poplitea, dietro il ginocchio.
Piastrine sottosopra
La verifica sull'uso di contraccettivi orali, ovviamente, coinvolgeva solo la popolazione femminile sotto i 50 anni, circa mille donne. Viaggiando con auto, bus o treno il rischio di trombosi venosa aumentava di 2,4 volte, un rischio relativo che si aggiunge (moltiplicandosi) a quello già associato al viaggio stesso (2,0). Se poi si considera che la contraccezione ora di per sé aumenta in rischio di eventi trombotici di quattro volte, il rischio totale diventa il prodotto dei tre valori, cioè circa 20 (2,4x2x4). Sui viaggi aerei il rischio aumenta ulteriormente per le donne che assumono contraccettivi arrivando a 4,9 che fa salire il rischio totale a circa 40.
Gli autori dello studio hanno ipotizzato che, oltre alla forzata immobilità in posizione seduta, il rischio aggiuntivo associato ai viaggi aerei possa dipendere dall'ipossia ipobarica che influenza il sistema di coagulazione. Qualcosa di simile è stato studiato nelle camere iperbariche ma senza risultati chiari. Ma l'attenzione ricade sempre sulla posizione e sull'immobilità, dal momento che, anche se in misura minore, marcatori trombotici, come la produzione di trombina, si rilevano anche in soggetti rimasti per otto ore in un cinema. Sapere di essere a rischio trombotico, per fattezze fisiche o per corredo genetico o per farmaci assunti, permette di prevenire eventi avversi con semplici precauzioni e regole come il fare esercizio durante il volo. Sotto controllo medico si possono mettere in valigia anche anticoagulanti. E infine, per i cinefili, scegliere film non particolarmente lunghi.
Simona Zazzetta
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Il rischio raddoppia
Diversi studi hanno dimostrato che il rischio aumenta in relazione alla durata del viaggio, è particolarmente alto nella settimana successive al viaggio, ma può dipendere anche da caratteristiche individuali, per esempio, se c'è una predisposizione genetica o se si utilizzano contraccettivi orali. Ma può dipendere anche dal mezzo scelto per viaggiare: aereo, auto, autobus o treno. Un aspetto non trascurabile, soprattutto per persone a rischio particolarmente alto che devono scegliere come raggiungere mete lontane, affrontando, magari, molte ore di viaggio. Uno studio realizzato in Olanda ha raccolto dati interessanti in merito stratificando il rischio anche in funzione della corporatura dei viaggiatori, su un campione di circa 1900 pazienti con diagnosi di trombosi venosa profonda. Il gruppo di controllo era rappresentato dai rispettivi partner che, però, non avevano viaggiato insieme al paziente. Il 12% del campione e il 9,5% del controllo avevano sostenuto un viaggio di almeno quattro ore nelle otto settimane precedenti e da una prima analisi, indipendentemente dal mezzo, il viaggio raddoppiava il rischio di trombosi venosa.
Seduti e immobili
Faceva, invece, elevare il rischio la mutazione del fattore V di Leiden, presente nel 14% dei casi e nel 4% dei controllo. I dati combinati dei viaggiatori su autobus, auto e treno indicavano un rischio otto volte più alto rispetto a chi non aveva viaggiato e diventava 13 volte più alto usando l'aereo. L'indice di massa corporea (IMC) era un altro aspetto individuale in grado di predire il rischio: dieci volte più alto usando i veicoli di terra con un IMC superiore a 30, ma nessun incremento sui viaggi aerei. Anche l'altezza faceva la differenza: persone molto alte o molto basse avevano maggiori problemi di persone di altezza media dopo aver viaggiato. Le persone più alte di 1,90m, rispetto all'altezza media, avevano un rischio relativo quasi cinque volte più alto (4,7) se viaggiavano via terra e quasi sette volte più alto (6,8) se volavano. Le persone più basse di 1,60m invece erano a rischio (4,9) solo dopo un volo, non con altri mezzi. Le variazioni si spiegano con la posizione innaturale che queste persone assumono su sedili e sedute standard, e alla minore possibilità di movimento. Le persone molto alte per esempio sono più soggette a crampi se stanno a lungo sedute, e sulle auto sono particolarmente scomode perchè in genere la seduta è molto più bassa di loro (in alcune però sono regolabili), rispetto magari a quanto lo sono le poltrone degli aerei. Le molto basse, invece, se non toccano terra con i piedi, mantengono in continua compressione la vena poplitea, dietro il ginocchio.
Piastrine sottosopra
La verifica sull'uso di contraccettivi orali, ovviamente, coinvolgeva solo la popolazione femminile sotto i 50 anni, circa mille donne. Viaggiando con auto, bus o treno il rischio di trombosi venosa aumentava di 2,4 volte, un rischio relativo che si aggiunge (moltiplicandosi) a quello già associato al viaggio stesso (2,0). Se poi si considera che la contraccezione ora di per sé aumenta in rischio di eventi trombotici di quattro volte, il rischio totale diventa il prodotto dei tre valori, cioè circa 20 (2,4x2x4). Sui viaggi aerei il rischio aumenta ulteriormente per le donne che assumono contraccettivi arrivando a 4,9 che fa salire il rischio totale a circa 40.
Gli autori dello studio hanno ipotizzato che, oltre alla forzata immobilità in posizione seduta, il rischio aggiuntivo associato ai viaggi aerei possa dipendere dall'ipossia ipobarica che influenza il sistema di coagulazione. Qualcosa di simile è stato studiato nelle camere iperbariche ma senza risultati chiari. Ma l'attenzione ricade sempre sulla posizione e sull'immobilità, dal momento che, anche se in misura minore, marcatori trombotici, come la produzione di trombina, si rilevano anche in soggetti rimasti per otto ore in un cinema. Sapere di essere a rischio trombotico, per fattezze fisiche o per corredo genetico o per farmaci assunti, permette di prevenire eventi avversi con semplici precauzioni e regole come il fare esercizio durante il volo. Sotto controllo medico si possono mettere in valigia anche anticoagulanti. E infine, per i cinefili, scegliere film non particolarmente lunghi.
Simona Zazzetta
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