25 settembre 2003
Aggiornamenti e focus
Dritti al cuore
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Che le donne abbiano un grande cuore non è mai stato in discussione, sono da sempre considerate le portatrici di sentimenti e sentimentalismi. Proprio la maggiore emotività dell'universo femminile è valsa alle donne il primato di esseri fragili, facilmente vittime dell'aridità sentimentale altrui. Anche la medicina ha le sue colpe nell'aver sostenuto questa convenzione filo-psicologica del cuore femminile, attribuendo di fatto le malattie cardiovascolari quasi esclusivamente all'uomo, e adesso corre ai ripari.
Sarà anche per questo che domenica 28 settembre la Giornata Mondiale per il Cuore è dedicata a quello delle donne.
Tanta attenzione arriva quando, dati alla mano, è oramai innegabile che le patologie cerebro-cardiovascolari mietono milioni di vittime, equamente distribuite in entrambi i sessi.
In Italia - dichiara il farmacologo professor Rodolfo Paoletti, in veste di presidente della Fondazione Italiana per il Cuore - il 48% delle donne muore per un evento cerebro-cardiovascolare. In tutto il mondo la mortalità cardiaca femminile è in aumento e ciò può significare solo una cosa: nella donna gli eventi cardiovascolari non sono legati a condizioni di vita tipiche dei paesi ricchi, come la sovralimentazione e la sedentarietà, ma sembrano più seguire di pari passo l'allungamento della vita media. Insomma le donne sono più longeve e il cuore ne paga le conseguenze. Ictus cerebrale, infarto miocardico, ischemia e trombosi rappresentano quindi la prima causa di mortalità femminile, ma non la più temuta. A torto e a ragione si continua a temere il tumore del seno, trascurando però tutti quei segnali che porterebbero qualsiasi uomo direttamente nello studio del cardiologo.
Per rimediare a questa discriminazione occorre cambiare atteggiamento e artefici di questo cambiamento devono essere le donne stesse, assistite dal medico di famiglia. La dottoressa Rita Cambieri - medico di Medicina Generale e responsabile Centro studi SNAMID - conferma la centralità del rapporto tra medico di famiglia e paziente donna. Questo rapporto esiste già nella maggior parte dei casi ed è un rapporto di fiducia, finalizzato però a gestire la salute di tutta la famiglia, tramite la figura della madre/moglie. È sufficiente quindi che i due interlocutori dedichino parte della loro attenzione anche al sistema cardiovascolare della paziente per prevenire molti eventi drammatici. Il medico di famiglia, infatti, ha contatti ambulatoriali frequenti con le sue pazienti e deve approfittarne: può monitorare la salute cardiovascolare, tenere sotto controllo situazioni a rischio e convincere le donne ad adottare stili di vita corretti.
Le donne in età fertile godono della protezione degli estrogeni e per questo sono meno soggette ad eventi cardiovascolari rispetto ai loro compagni. Vero - conferma la professoressa Eva Grimaldi, pimario della Clinica Ostetrica Ginecologia dell'IRCCS Burlo Garofolo di Trieste - gli estrogeni iniziano ad essere prodotti durante la vita fetale, inoltre i recettori per gli estrogeni sono quasi onnipresenti nei tessuti della donna. Ciò significa che gli estrogeni hanno un effetto non solo sull'apparato riproduttivo, ma anche su molti altri organi e sul metabolismo in generale. Effetti scoperti a posteriori constatando, per esempio, che i processi aterosclerotici, presenti nell'uomo già dopo i 30-40 anni, nella donna iniziano a comparire proprio dopo la menopausa, quando cioè cessa la produzione fisiologica di estrogeni. Effetti che non sono compensati, ad oggi, con la somministrazione di estrogeni sintetici: vale a dire, al di fuori di ogni polemica, che la terapia ormonale sostitutiva offre molteplici vantaggi alla donna ma non al suo cuore. Questo per quanto riguarda le evidenze scientifiche attualmente disponibili. Perciò la donna si ritrova in post menopausa con un aumentato rischio cardiovascolare e un sistema vascolare impreparato a difendersi, perché vissuto fino a quel momento al riparo degli estrogeni. Mentre prima della menopausa si ammala meno ma più gravemente.
Finalmente, sarebbe il caso di dire, la cardiologia ha scoperto l'altra metà del cielo. Oggi -dice la professoressa Maria Grazia Modena, direttore Divisione e Cattedra di Cardiologia dell'Azienda Policlinico di Modena - c'è maggiore consapevolezza delle caratteristiche peculiari che le patologie cerebro-cardiovascolari assumono nella donna e quindi non si fanno più gli errori del passato. Prima della menopausa per esempio, gli eventi cardiovascolari sono molto più rari nella donna per merito degli estrogeni, tuttavia quando si presentano sono più gravi e hanno un indice di mortalità più elevata che nell'uomo. Questo accade perché spesso le cause d'infarto sono diverse: trombotiche nell'uomo, per dissezione succlavica nella donna. In termini pratici significa che l'intervento terapeutico standard, con anticoagulanti, salva l'uomo mentre è inutile nella donna. Un evento così grave necessita di un intervento di angioplastica e anche qui la donna scontava maggiori complicazioni, dovute a ritardo nell'inquadramento clinico e all'uso di strumenti sagomati sull'albero vascolare maschile. Ci è voluto tempo, ma ora esistono cateteri più sottili, modellati sulle dimensioni dei vasi femminili che sono più piccoli. Stesso discorso per le situazioni meno complicate: i farmaci trombolitici, introdotti nell'ultimo decennio, vanno somministrati a dosi inferiori nelle donne, perché il loro albero vascolare è complessivamente meno esteso di quello maschile. E nella fase post-menopausa? La situazione peggiora, perché la donna si ritrova esposta, di colpo, all'aterosclerosi in un età in cui con molto probabilità ha già accumulato altri fattori di rischio, come il sovrappeso, il diabete, l'ipertensione. Inoltre, come ricordava la professoressa Grimaldi, il cuore femminile non è preparato a questa involuzione e perciò, ancora una volta, le donne sono più esposte a complicazioni post-infarto. Insomma - conclude la professoressa Modena - ora il cardiologo ha preso atto dell'entità del rischio cerebro-cardiovascolarefemminile e sa come intervenire. Occorre però che anche le donne maturino questa consapevolezza e siano pronte a rivolgersi allo specialista o all'ospedale senza titubanze. Ricordando che la tempestività è fondamentale per un decorso positivo e che le donne possiedono comunque un "angelo protettore". Nonostante i ritardi e gli errori della medicina, e anche quando gli estrogeni vengono a mancare, le donne continuano ad ammalarsi un po' meno dei loro compagni e, infatti, vivono più a lungo.
Elisa Lucchesini
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Sarà anche per questo che domenica 28 settembre la Giornata Mondiale per il Cuore è dedicata a quello delle donne.
Tanta attenzione arriva quando, dati alla mano, è oramai innegabile che le patologie cerebro-cardiovascolari mietono milioni di vittime, equamente distribuite in entrambi i sessi.
In Italia - dichiara il farmacologo professor Rodolfo Paoletti, in veste di presidente della Fondazione Italiana per il Cuore - il 48% delle donne muore per un evento cerebro-cardiovascolare. In tutto il mondo la mortalità cardiaca femminile è in aumento e ciò può significare solo una cosa: nella donna gli eventi cardiovascolari non sono legati a condizioni di vita tipiche dei paesi ricchi, come la sovralimentazione e la sedentarietà, ma sembrano più seguire di pari passo l'allungamento della vita media. Insomma le donne sono più longeve e il cuore ne paga le conseguenze. Ictus cerebrale, infarto miocardico, ischemia e trombosi rappresentano quindi la prima causa di mortalità femminile, ma non la più temuta. A torto e a ragione si continua a temere il tumore del seno, trascurando però tutti quei segnali che porterebbero qualsiasi uomo direttamente nello studio del cardiologo.
Per rimediare a questa discriminazione occorre cambiare atteggiamento e artefici di questo cambiamento devono essere le donne stesse, assistite dal medico di famiglia. La dottoressa Rita Cambieri - medico di Medicina Generale e responsabile Centro studi SNAMID - conferma la centralità del rapporto tra medico di famiglia e paziente donna. Questo rapporto esiste già nella maggior parte dei casi ed è un rapporto di fiducia, finalizzato però a gestire la salute di tutta la famiglia, tramite la figura della madre/moglie. È sufficiente quindi che i due interlocutori dedichino parte della loro attenzione anche al sistema cardiovascolare della paziente per prevenire molti eventi drammatici. Il medico di famiglia, infatti, ha contatti ambulatoriali frequenti con le sue pazienti e deve approfittarne: può monitorare la salute cardiovascolare, tenere sotto controllo situazioni a rischio e convincere le donne ad adottare stili di vita corretti.
E il privilegio degli estrogeni?
Le donne in età fertile godono della protezione degli estrogeni e per questo sono meno soggette ad eventi cardiovascolari rispetto ai loro compagni. Vero - conferma la professoressa Eva Grimaldi, pimario della Clinica Ostetrica Ginecologia dell'IRCCS Burlo Garofolo di Trieste - gli estrogeni iniziano ad essere prodotti durante la vita fetale, inoltre i recettori per gli estrogeni sono quasi onnipresenti nei tessuti della donna. Ciò significa che gli estrogeni hanno un effetto non solo sull'apparato riproduttivo, ma anche su molti altri organi e sul metabolismo in generale. Effetti scoperti a posteriori constatando, per esempio, che i processi aterosclerotici, presenti nell'uomo già dopo i 30-40 anni, nella donna iniziano a comparire proprio dopo la menopausa, quando cioè cessa la produzione fisiologica di estrogeni. Effetti che non sono compensati, ad oggi, con la somministrazione di estrogeni sintetici: vale a dire, al di fuori di ogni polemica, che la terapia ormonale sostitutiva offre molteplici vantaggi alla donna ma non al suo cuore. Questo per quanto riguarda le evidenze scientifiche attualmente disponibili. Perciò la donna si ritrova in post menopausa con un aumentato rischio cardiovascolare e un sistema vascolare impreparato a difendersi, perché vissuto fino a quel momento al riparo degli estrogeni. Mentre prima della menopausa si ammala meno ma più gravemente.
La cardiologia è femmina
Finalmente, sarebbe il caso di dire, la cardiologia ha scoperto l'altra metà del cielo. Oggi -dice la professoressa Maria Grazia Modena, direttore Divisione e Cattedra di Cardiologia dell'Azienda Policlinico di Modena - c'è maggiore consapevolezza delle caratteristiche peculiari che le patologie cerebro-cardiovascolari assumono nella donna e quindi non si fanno più gli errori del passato. Prima della menopausa per esempio, gli eventi cardiovascolari sono molto più rari nella donna per merito degli estrogeni, tuttavia quando si presentano sono più gravi e hanno un indice di mortalità più elevata che nell'uomo. Questo accade perché spesso le cause d'infarto sono diverse: trombotiche nell'uomo, per dissezione succlavica nella donna. In termini pratici significa che l'intervento terapeutico standard, con anticoagulanti, salva l'uomo mentre è inutile nella donna. Un evento così grave necessita di un intervento di angioplastica e anche qui la donna scontava maggiori complicazioni, dovute a ritardo nell'inquadramento clinico e all'uso di strumenti sagomati sull'albero vascolare maschile. Ci è voluto tempo, ma ora esistono cateteri più sottili, modellati sulle dimensioni dei vasi femminili che sono più piccoli. Stesso discorso per le situazioni meno complicate: i farmaci trombolitici, introdotti nell'ultimo decennio, vanno somministrati a dosi inferiori nelle donne, perché il loro albero vascolare è complessivamente meno esteso di quello maschile. E nella fase post-menopausa? La situazione peggiora, perché la donna si ritrova esposta, di colpo, all'aterosclerosi in un età in cui con molto probabilità ha già accumulato altri fattori di rischio, come il sovrappeso, il diabete, l'ipertensione. Inoltre, come ricordava la professoressa Grimaldi, il cuore femminile non è preparato a questa involuzione e perciò, ancora una volta, le donne sono più esposte a complicazioni post-infarto. Insomma - conclude la professoressa Modena - ora il cardiologo ha preso atto dell'entità del rischio cerebro-cardiovascolarefemminile e sa come intervenire. Occorre però che anche le donne maturino questa consapevolezza e siano pronte a rivolgersi allo specialista o all'ospedale senza titubanze. Ricordando che la tempestività è fondamentale per un decorso positivo e che le donne possiedono comunque un "angelo protettore". Nonostante i ritardi e gli errori della medicina, e anche quando gli estrogeni vengono a mancare, le donne continuano ad ammalarsi un po' meno dei loro compagni e, infatti, vivono più a lungo.
Elisa Lucchesini
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