23 marzo 2007
Aggiornamenti e focus
Week end da infarto
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Qualsiasi azienda, anche la più efficiente, nel fine settimana si spopola, in certi casi restano i turnisti, chi fa straordinari, ma basta guardare il parcheggio per rendersi conto della differenza tra un lunedì mattina e un sabato mattina. Qualcosa del genere capita anche negli ospedali, anch'essi aziende, ma con una mission ben diversa. Ma se il personale tra sabato e domenica è sottodimensionato, la struttura è in grado di garantire con la stessa efficienza gli stessi servizi? La risposta, evidentemente è negativa, tant'è che molti ospedali nel fine settimana non offrono l'assistenza di routine, ma solo reparti di emergenza e di urgenza.
Se ciò è sufficiente è ancora da vedere. In alcuni casi non lo è.
Per esempio, in caso di infarto la differenza c'è, anche se minima, tra l'esito che si ottiene nel week end o durante i giorni feriali. Ma dal momento che a volte la differenza si conta con il numero di decessi, merita attenzione, quanto meno per capire se esiste un modo per azzerarla. La valutazione quantitativa infatti, è stata fatta in termini di mortalità, e i dati riguardano la realtà americana, nel New Jersey, ma come modello di riferimento può essere utile per la comprensione delle criticità. Gli autori hanno fatto riferimento ai dati riportati dal Myocardial Infarction Data Acquisition System nell'intervallo di tempo tra il 1987 e il 2002, relativi ai ricoveri ospedalieri per infarto del miocardio. Sulla base dei dati demografici e clinici non c'erano differenze sostanziali tra gli infartuati del week end e quelli ricoverati durante la settimana. Cambiava però la mortalità: il ricovero nel fine settimana si associava a un aumento della frequenza dei decessi nel mese successivo dello 0,9%. La differenza era evidente anche nel giorno successivo al ricovero: la mortalità era del 3,3% se il ricovero avveniva tra sabato e domenica, e 2,7% se avveniva negli altri giorni. La differenza si manteneva costante anche durante tutto l'anno successivo.
La differenza, sebben minima, andava esplicitata. E infatti gli autori hanno cercato una spiegazione nelle procedure e nelle modalità di intervento adottate per scoprire che anche in questo ambito esisteva una discrepanza. Di fatto, nel fine settimana la probabilità di cateterizzazione, cioè l'introduzione di cateteri nei vasi e nelle cavità per ripristinare la circolazione sanguigna, era più bassa, praticamente dimezzata. Inoltre, passavano molti più giorni dal ricovero alla procedura, e la tendenza restava tale anche nei 30 giorni dopo il ricovero. Anche la perfusione coronarica e l'impianto di by-pass veniva eseguita, nella settimana successiva al ricovero o il giorno dopo, con meno probabilità nei pazienti ammessi in ospedale nel week end.
Le differenze di mortalità registrate per quanto piccole, vanno a sommarsi, anche nell'arco di un anno, a un'incidenza della mortalità a causa di infarto già fin troppo alta e il motivo è evidentemente riconducibile al tipo di assistenza offerta in ospedale durante il fine settimana. Infatti, la differenza tra le due popolazioni di pazienti smetteva di essere significativa nel momento in cui si confrontavano pazienti trattati con lo stesso tipo di intervento. Il dato atteso e documentato su un campione di quasi 60 mila ricoveri, è che la criticità è la possibilità di accesso a procedure invasive. Che nel fine settimana diventava più difficile per mancanza di personale, magari anche specializzato. La tendenza per altro non si registra solo in ambito cardiologico, ma anche per altre condizioni, suggerendo per gli addetti ai lavori l'itituzione di un retribuzione incentivante per chi decide di lavorare nel fine settimana. Il suggerimento per i pazienti, invece, è di non aspettare il fine settimana se durante la settimana si avverte un malessere, e di rivolgersi al medico al massimo il venerdì quando lo staff ospedaliero è ancora al completo. E, comunque, in casi di attacco di cuore, come sempre, non esitare nell'andare in ospedale, perché è sempre più sicuro che restare a casa propria.
Simona Zazzetta
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Se ciò è sufficiente è ancora da vedere. In alcuni casi non lo è.
Minime, ma pur sempre differenze
Per esempio, in caso di infarto la differenza c'è, anche se minima, tra l'esito che si ottiene nel week end o durante i giorni feriali. Ma dal momento che a volte la differenza si conta con il numero di decessi, merita attenzione, quanto meno per capire se esiste un modo per azzerarla. La valutazione quantitativa infatti, è stata fatta in termini di mortalità, e i dati riguardano la realtà americana, nel New Jersey, ma come modello di riferimento può essere utile per la comprensione delle criticità. Gli autori hanno fatto riferimento ai dati riportati dal Myocardial Infarction Data Acquisition System nell'intervallo di tempo tra il 1987 e il 2002, relativi ai ricoveri ospedalieri per infarto del miocardio. Sulla base dei dati demografici e clinici non c'erano differenze sostanziali tra gli infartuati del week end e quelli ricoverati durante la settimana. Cambiava però la mortalità: il ricovero nel fine settimana si associava a un aumento della frequenza dei decessi nel mese successivo dello 0,9%. La differenza era evidente anche nel giorno successivo al ricovero: la mortalità era del 3,3% se il ricovero avveniva tra sabato e domenica, e 2,7% se avveniva negli altri giorni. La differenza si manteneva costante anche durante tutto l'anno successivo.
Accesso limitato
La differenza, sebben minima, andava esplicitata. E infatti gli autori hanno cercato una spiegazione nelle procedure e nelle modalità di intervento adottate per scoprire che anche in questo ambito esisteva una discrepanza. Di fatto, nel fine settimana la probabilità di cateterizzazione, cioè l'introduzione di cateteri nei vasi e nelle cavità per ripristinare la circolazione sanguigna, era più bassa, praticamente dimezzata. Inoltre, passavano molti più giorni dal ricovero alla procedura, e la tendenza restava tale anche nei 30 giorni dopo il ricovero. Anche la perfusione coronarica e l'impianto di by-pass veniva eseguita, nella settimana successiva al ricovero o il giorno dopo, con meno probabilità nei pazienti ammessi in ospedale nel week end.
Le differenze di mortalità registrate per quanto piccole, vanno a sommarsi, anche nell'arco di un anno, a un'incidenza della mortalità a causa di infarto già fin troppo alta e il motivo è evidentemente riconducibile al tipo di assistenza offerta in ospedale durante il fine settimana. Infatti, la differenza tra le due popolazioni di pazienti smetteva di essere significativa nel momento in cui si confrontavano pazienti trattati con lo stesso tipo di intervento. Il dato atteso e documentato su un campione di quasi 60 mila ricoveri, è che la criticità è la possibilità di accesso a procedure invasive. Che nel fine settimana diventava più difficile per mancanza di personale, magari anche specializzato. La tendenza per altro non si registra solo in ambito cardiologico, ma anche per altre condizioni, suggerendo per gli addetti ai lavori l'itituzione di un retribuzione incentivante per chi decide di lavorare nel fine settimana. Il suggerimento per i pazienti, invece, è di non aspettare il fine settimana se durante la settimana si avverte un malessere, e di rivolgersi al medico al massimo il venerdì quando lo staff ospedaliero è ancora al completo. E, comunque, in casi di attacco di cuore, come sempre, non esitare nell'andare in ospedale, perché è sempre più sicuro che restare a casa propria.
Simona Zazzetta
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