22 giugno 2007
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Se la pressione arteriosa elevata fosse invece adeguatamente controllata i casi di ictus si ridurrebbero quasi della metà, d’infarto miocardico del 25% e d’insufficienza cardiaca del 50%. Ma nonostante l’ipertensione si possa misurare facilmente e trattare con buoni risultati, spesso non è diagnosticata mentre in quasi il 70% di coloro nei quali lo è non si raggiungono gli obiettivi pressori previsti. “L’ipertensione è la malattia killer numero uno nel mondo” ricorda Giuseppe Mancia, presidente del 17° congresso della Società europea dell’ipertensione (ESC), a Milano. In effetti basta considerare che il rischio di morte per malattia cerebro-cardiovascolare raddoppia per ogni aumento di sistolica di 20 mmHg o di diastolica di 10 mmHg oltre i 115/7. Mentre bastano piccole riduzioni di valori pressori per produrre grandi differenze. “Non solo l’ipertensione è una condizione in continua crescita, ma c’è anche il problema che una sostanziale frazione d’ipertesi è non controllata o mal controllata. In Italia lo è in modo ottimale poco più di un paziente su dieci, ma il fenomeno è mondiale. Tra i fattori esterni che determinano questo andamento sono importanti riguardo ai malati l’assenza di sintomi e ai medici una certa inerzia clinica”. Il punto è dunque focalizzare gli ostacoli al raggiungimento dei goal pressori e cercare di ridurli: soluzioni vengono anche dalle strategie farmacologiche.
Ma, prima di tutto, quali sono i goal? Nelle nuove linee guida ESC si riafferma che i valori sisto/diastolici nell’adulto debbano essere entro 140/90 e in soggetti a rischio elevato come diabetici e nefropatici entro 130/80. Queste sono soglie di trattamento, che prevede comunque un’azione prima di tutto su fattori predisponenti modificabili come sovrappeso, ipercolesterolemia, sedentarietà, fumo, e poi ricorre all’uso di farmaci. “Una ragione chiave del cattivo controllo della malattia è la scarsa adesione alle prescrizioni, con quasi il 60% dei pazienti che interrompe i farmaci entro un anno” dice Michel Burnier, dell’Ospedale universitario di Losanna. “Per i malati influiscono mancanza di sintomi, ignoranza in materia, il “carico di pillole” per via delle co-morbilità, problemi di tollerabilità, la scarsità di comunicazione con il medico o del supporto da parte dei familiari; per la terapia la complessità, il tipo di farmaco, gli effetti indesiderati, il costo. Migliorare la fedeltà alle prescrizioni significherebbe aumentare il controllo e ridurre sia i rischi clinici sia i costi sanitari. Si è calcolato per esempio che basterebbe un calo dell’1% della pressione diastolica nella popolazione inglese per prevenire 1.500 casi all’anno di cardiopatie croniche”. Le strategie devono quindi puntare a migliorare l’educazione del paziente, la comunicazione e il monitoraggio da parte del medico, ma aiuta anche semplificare la terapia. “La maggior parte degli ipertesi richiede combinazioni di due o più farmaci e in questo senso quelle a dose fissa consentono una migliore aderenza alla prescrizione”.
Un orientamento, quello della terapia combinata fissa, seguito anche dalla prima disponibile con i due antipertensivi più prescritti delle rispettive classi, l'antagonista dei recettori dell'agiotensina 2 valsartan e il calcio-antagonista amlodipina, con efficacia maggiore rispetto ai singoli componenti e una migliore tollerabilità (e una riduzione dell’edema). L’importanza della terapia a meccanismi diversi, come quelli dei farmaci delle cinque classi impiegate per l’ipertensione, viene ribadita, proprio per aumentare l’efficacia del controllo, diminuire gli effetti indesiderati di ciascuna molecola, migliorare la compliance da parte del paziente. E in questa direzione va anche un antipertensivo che inaugura una nuova classe e dovrebbe essere approvato in Europa entro fine anno: il primo inibitore diretto della renina, che agisce a monte rispetto agli altri farmaci nel sistema enzimatico renina-angiotensina, è che quello fondamentale nella regolazione della pressione arteriosa. Il medicinale da solo o in combinazione otterrebbe il controllo pressorio 24 ore e più con una maggiore tollerabilità. Insomma l’arsenale terapeutico si arricchisce, senza dimenticare che contro l’ipertensione è almeno altrettanto importante agire sullo stile di vita.
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Asintomaticità, carico di pillole e altro
Ma, prima di tutto, quali sono i goal? Nelle nuove linee guida ESC si riafferma che i valori sisto/diastolici nell’adulto debbano essere entro 140/90 e in soggetti a rischio elevato come diabetici e nefropatici entro 130/80. Queste sono soglie di trattamento, che prevede comunque un’azione prima di tutto su fattori predisponenti modificabili come sovrappeso, ipercolesterolemia, sedentarietà, fumo, e poi ricorre all’uso di farmaci. “Una ragione chiave del cattivo controllo della malattia è la scarsa adesione alle prescrizioni, con quasi il 60% dei pazienti che interrompe i farmaci entro un anno” dice Michel Burnier, dell’Ospedale universitario di Losanna. “Per i malati influiscono mancanza di sintomi, ignoranza in materia, il “carico di pillole” per via delle co-morbilità, problemi di tollerabilità, la scarsità di comunicazione con il medico o del supporto da parte dei familiari; per la terapia la complessità, il tipo di farmaco, gli effetti indesiderati, il costo. Migliorare la fedeltà alle prescrizioni significherebbe aumentare il controllo e ridurre sia i rischi clinici sia i costi sanitari. Si è calcolato per esempio che basterebbe un calo dell’1% della pressione diastolica nella popolazione inglese per prevenire 1.500 casi all’anno di cardiopatie croniche”. Le strategie devono quindi puntare a migliorare l’educazione del paziente, la comunicazione e il monitoraggio da parte del medico, ma aiuta anche semplificare la terapia. “La maggior parte degli ipertesi richiede combinazioni di due o più farmaci e in questo senso quelle a dose fissa consentono una migliore aderenza alla prescrizione”.
Strategia di combinazione fissa
Un orientamento, quello della terapia combinata fissa, seguito anche dalla prima disponibile con i due antipertensivi più prescritti delle rispettive classi, l'antagonista dei recettori dell'agiotensina 2 valsartan e il calcio-antagonista amlodipina, con efficacia maggiore rispetto ai singoli componenti e una migliore tollerabilità (e una riduzione dell’edema). L’importanza della terapia a meccanismi diversi, come quelli dei farmaci delle cinque classi impiegate per l’ipertensione, viene ribadita, proprio per aumentare l’efficacia del controllo, diminuire gli effetti indesiderati di ciascuna molecola, migliorare la compliance da parte del paziente. E in questa direzione va anche un antipertensivo che inaugura una nuova classe e dovrebbe essere approvato in Europa entro fine anno: il primo inibitore diretto della renina, che agisce a monte rispetto agli altri farmaci nel sistema enzimatico renina-angiotensina, è che quello fondamentale nella regolazione della pressione arteriosa. Il medicinale da solo o in combinazione otterrebbe il controllo pressorio 24 ore e più con una maggiore tollerabilità. Insomma l’arsenale terapeutico si arricchisce, senza dimenticare che contro l’ipertensione è almeno altrettanto importante agire sullo stile di vita.
Elettra Vecchia
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