L'adesione è questione di soldi

14 marzo 2008
Aggiornamenti e focus

L'adesione è questione di soldi



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Uno dei costi maggiori per i servizi sanitari nazionali è il trattamento delle malattie croniche. Però spesso questi costi sono comunque inferiori a quelli cui si va incontro trascurando la malattia stessa. E' il caso dell'ipertensione, che a rigore è un fattore di rischio, più che una malattia vera e propria, ma soprattutto è il caso del diabete di tipo 1 e 2. In quest'ultimo caso, poi, sono già parecchi gli studi che provano anche la convenienza economica di un approccio aggressivo, cioè controlli ravvicinati e obiettivi terapeutici stringenti, in poche parole bassi livelli glicemici il più a lungo possibile. Tutto questo determina una significativa riduzione di complicanze quali il piede diabetico, la cecità e, ovviamente, le malattie cardiovascolari. Il punto, però, è riuscire a garantirsi l'osservanza del paziente. Questa dipende da molti motivi e, uno, in particolare, sta guadagnando importanza, soprattutto Oltreoceano: il costo dei medicinali per i pazienti.

L'etnia non c'entra molto


Una situazione che esce confermata da uno studio che ha considerato l'adesione alle terapie di oltre 5000 pazienti, tutti dotati di una copertura sanitaria, ma di tipo differente (ve ne erano 10). Ai pazienti è stato sottoposto un questionario che, tra le altre, conteneva la domanda "Negli ultimi 12 mesi ha assunto i medicinali prescritti meno di quanto avrebbe voluto o dovuto a causa del costo?".
Questa variabile è stata poi confrontata con altre: il gruppo etnico (afroamericani, latini, bianchi), il reddito famigliare, la spesa media mensile per i ticket farmaceutici, il numero di medicinali prescritti, la presenza o meno nella polizza sanitaria del rimborso dei farmaci, età, sesso, livello di istruzione, durata della malattia e stato di salute complessiva. La necessità di incrociare il dato sugli effetti del costo con le altre variabili deriva dal fatto che spesso si è detto che una minore adesione può dipendere da fattori culturali come l'appartenenza a un gruppo etnico (in effetti le statistiche segnalano da tempo un minore controllo delle malattie croniche e dei fattori di rischio tra gli ispanici e i neri). Ma in realtà, almeno l'etnia di appartenenza c'entra poco. E' vero, infatti, che il dato grezzo mostra che la rinuncia ad acquistare i farmaci è più diffusa tra gli ispanici e gli afroamericani (rispettivamente il 23% e il 17%) ma dopo le correzioni statistiche si vede che la differenza è assai ridotta: 14% per gli ispanici rispetto al 10% circa dei bianchi e, in più, sparisce tra bianchi e afroamericani.

Reddito e ticket


Sono altri i fattori che predicono la difficoltà di acquisto: il reddito famigliare, per esempio: se si guadagnano meno di 25000 dollari la possibilità è più che triplicata. Oppure, al di là del reddito, il fatto di avere ticket superiori a 150 dollari al mese, che fa aumentare di più di 4,5 volte la possibilità di non assumere i farmaci per ragioni economiche. Il risultato dice assai più di quanto non sembri. Intanto, il fattore economico non ha mediazioni culturali, quel che conta è il reddito e se anche una persona istruita ha scarse disponibilità, non sarà certo la sua istruzione a fargli acquistare medicinali anziché pagare l'affitto. Il secondo aspetto è il peso dei ticket: sopra una certa soglia non moderano gli abusi ma ostacolano la cura. Inoltre c'è da tenere presente che lo studio ha riguardato persone che comunque avevano una copertura sanitaria, ragion per cui, hanno scritto commentatori statunitensi, è logico pensare che chi deve ricorrere ai programmi di assistenza pubblica abbia problemi anche maggiori, senza contare chi guadagna troppo per l'assistenza statale ma poco per acquistare una polizza senza troppe restrizioni al rimborso dei farmaci. Infine, la cronaca. Recentemente il Presidente del Consiglio uscente, Romano Prodi, ha dichiarato che gli italiani devono essere orgogliosi del loro Servizio sanitario pubblico, e devono considerarlo una conquista da difendere e migliorare. Niente di più vero.

Maurizio Imperiali



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