15 febbraio 2006
Aggiornamenti e focus
Neonati e affannati
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La depressione maggiore è uno dei disturbi mentali più frequentemente riscontrati dal medico di medicina generale, nella popolazione ha una prevalenza del 3-5%, ma sale al 10-15% nelle donne in età riproduttiva. L'ultima generazione di farmaci più comunemente adottati sono gli inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI), che si sono dimostrati efficaci nel trattare il disturbo. Come quasi tutti i farmaci, l'uso in gravidanza rimane controverso o quanto meno genera perplessità che devono essere assolutamente risolte in un senso o nell'altro. Soprattutto perché la depressione in gravidanza conserva la stessa prevalenza, del 10% o più, e il tasso di ricaduta è piuttosto alto in caso di sospensione della cura. Soprattutto perché i bambini nati da donne depresse non curate rischiano di andare incontro a eventi avversi, dal sottopeso alla nascita al ritardo dello sviluppo. Certo, a poterne fare a meno, sarebbe auspicabile evitare gli antidepressivi durante la gestazione, ma in molti casi non solo non è possibile, ma si rende necessario assumerli.
Una delle patologie neonatali, ricondotta da alcuni studi all'uso di SSRI, è l'ipertensione polmonare persistente neonatale. In questi bambini non si verifica la normale transizione del sistema circolatorio da fetale a neonatale. Succede, quindi, che dopo la nascita persiste un'elevata resistenza vascolare a livello dei polmoni con conseguente deviazione del sangue da destra a sinistra attraverso canali fetali rimasti aperti: il forame ovale o il dotto arterioso o entrambi. Questi bambini nascono con un sistema vascolare polmonare rimodellato che comporta un aumento della muscolatura delle piccole arterie polmonari. Il ridotto flusso attraverso i polmoni riduce l'ossigenazione del sangue. Ci sono diversi studi che riportano l'associazione tra l'assunzione di SSRI e l'aumento delle probabilità di questo disturbo. Certo, si tratta di una condizione piuttosto rara, con un'incidenza stimata di due casi ogni mille bambini nati, quindi anche ci fosse un incremento non si tradurrebbe in un aumento significativo dei casi. Tuttavia è importante stabilire un rapporto di causalità, poiché anche se il rischio assoluto resta basso, quello relativo è significativamente alto.
Uno dei più recenti è comparso sulle pagine del New England Journal of Medicine, e riporta un rischio relativo 6 volte più alto nei bambini nati da donne che si curavano la depressione con SRRI rispetto a quelle che non assumevano questi farmaci. Il campione analizzato includeva 377 bambini con diagnosi di ipertensione polmonare neonatale persistente confrontati con 836 controlli. Alle mamme è stato proposta un'intervista telefonica per conoscere le caratteristiche demografiche, la storia di precedenti gravidanze, l'uso di farmaci, anche di automedicazione, e in particolare se avevano assunto antidepressivi e di che tipo. Questi ultimi sono stati distinti in SSRI o altri. Tra i primi sono stati segnalati molecole come il citalopram, la fluoxetina, la paroxetina e la sertralina; gli altri erano antidepressivi triciclici, bupropione, venlafaxina e trazodone. L'associazione con la malattia era significativa quando l'esposizione interessava la gestazione avanzata, cioè dopo la ventesima settimana. Ma oltre ai farmaci in questione sono stati identificati, come fattori di rischio, anche il basso livello di educazione, un alto indice di massa corporea prima della gravidanza e la presenza di diabete mellito.
Minimo ma non nullo
Gli autori in realtà non hanno voluto definire con certezza la causalità dell'associazione ma hanno suggerito alcune ipotesi che la rendono plausibile. Per esempio, ci sono studi che hanno dimostrato che i polmoni fungono da deposito fisiologico di farmaci antidepressivi. Inoltre, la serotonina ha, da una parte, proprietà vasocostrittive, che quindi aumentano la resistenza dei vasi, compresi quelli polmonari, e dall'altra un effetto mitogenico, cioè che stimola la proliferazione e lo sviluppo cellulare sulle fibre della muscolatura liscia del vaso. Infine gli SSRI hanno un'azione inibitoria sulla sintesi di ossido nitrico, che invece è un vasodilatatore con un ruolo anche nella regolazione del tono muscolare nella vita uterina e postnatale. Considerando anche gli altri fattori identificati, non si può affermare che l'uso degli SSRI sia un fattore indipendente; inoltre il rischio relativo di 6,1 in realtà si traduce in 6-12 casi ogni mille donne, vale a dire che il 99% delle donne esposte a questi farmaci partorirà bambini sani, senza l'ipertensione polmonare persistente. Tuttavia sarà necessario ripetere ricerche simili a questa per verificare quali SSRI, e a che dosaggio, hanno impatto negativo più forte sulla probabilità di ipertensione polmonare persistente neonatale ma anche su altre complicanze respiratorie meno gravi. Se dell'antidepressivo non si può fare a meno, che almeno il rischio sia minimo.
Simona Zazzetta
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...e inoltre su Dica33:
Ipertensione polmonare persistente
Una delle patologie neonatali, ricondotta da alcuni studi all'uso di SSRI, è l'ipertensione polmonare persistente neonatale. In questi bambini non si verifica la normale transizione del sistema circolatorio da fetale a neonatale. Succede, quindi, che dopo la nascita persiste un'elevata resistenza vascolare a livello dei polmoni con conseguente deviazione del sangue da destra a sinistra attraverso canali fetali rimasti aperti: il forame ovale o il dotto arterioso o entrambi. Questi bambini nascono con un sistema vascolare polmonare rimodellato che comporta un aumento della muscolatura delle piccole arterie polmonari. Il ridotto flusso attraverso i polmoni riduce l'ossigenazione del sangue. Ci sono diversi studi che riportano l'associazione tra l'assunzione di SSRI e l'aumento delle probabilità di questo disturbo. Certo, si tratta di una condizione piuttosto rara, con un'incidenza stimata di due casi ogni mille bambini nati, quindi anche ci fosse un incremento non si tradurrebbe in un aumento significativo dei casi. Tuttavia è importante stabilire un rapporto di causalità, poiché anche se il rischio assoluto resta basso, quello relativo è significativamente alto.
Più fattori di rischio
Uno dei più recenti è comparso sulle pagine del New England Journal of Medicine, e riporta un rischio relativo 6 volte più alto nei bambini nati da donne che si curavano la depressione con SRRI rispetto a quelle che non assumevano questi farmaci. Il campione analizzato includeva 377 bambini con diagnosi di ipertensione polmonare neonatale persistente confrontati con 836 controlli. Alle mamme è stato proposta un'intervista telefonica per conoscere le caratteristiche demografiche, la storia di precedenti gravidanze, l'uso di farmaci, anche di automedicazione, e in particolare se avevano assunto antidepressivi e di che tipo. Questi ultimi sono stati distinti in SSRI o altri. Tra i primi sono stati segnalati molecole come il citalopram, la fluoxetina, la paroxetina e la sertralina; gli altri erano antidepressivi triciclici, bupropione, venlafaxina e trazodone. L'associazione con la malattia era significativa quando l'esposizione interessava la gestazione avanzata, cioè dopo la ventesima settimana. Ma oltre ai farmaci in questione sono stati identificati, come fattori di rischio, anche il basso livello di educazione, un alto indice di massa corporea prima della gravidanza e la presenza di diabete mellito.
Minimo ma non nullo
Gli autori in realtà non hanno voluto definire con certezza la causalità dell'associazione ma hanno suggerito alcune ipotesi che la rendono plausibile. Per esempio, ci sono studi che hanno dimostrato che i polmoni fungono da deposito fisiologico di farmaci antidepressivi. Inoltre, la serotonina ha, da una parte, proprietà vasocostrittive, che quindi aumentano la resistenza dei vasi, compresi quelli polmonari, e dall'altra un effetto mitogenico, cioè che stimola la proliferazione e lo sviluppo cellulare sulle fibre della muscolatura liscia del vaso. Infine gli SSRI hanno un'azione inibitoria sulla sintesi di ossido nitrico, che invece è un vasodilatatore con un ruolo anche nella regolazione del tono muscolare nella vita uterina e postnatale. Considerando anche gli altri fattori identificati, non si può affermare che l'uso degli SSRI sia un fattore indipendente; inoltre il rischio relativo di 6,1 in realtà si traduce in 6-12 casi ogni mille donne, vale a dire che il 99% delle donne esposte a questi farmaci partorirà bambini sani, senza l'ipertensione polmonare persistente. Tuttavia sarà necessario ripetere ricerche simili a questa per verificare quali SSRI, e a che dosaggio, hanno impatto negativo più forte sulla probabilità di ipertensione polmonare persistente neonatale ma anche su altre complicanze respiratorie meno gravi. Se dell'antidepressivo non si può fare a meno, che almeno il rischio sia minimo.
Simona Zazzetta
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