21 novembre 2008
Aggiornamenti e focus
Cent'anni e in salute
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Vivere fino a cent'anni non è più un miraggio irraggiungibile. Lo testimonia il fatto che negli ultimi due decenni il numero dei centenari è aumentato significativamente. Ma che cosa porta a vivere più a lungo? E ne vale la pena se si sopravvive a fronte di malattie e disabilità? E' quello che si sono chiesti ricercatori statunitensi in due studi pubblicati sugli Archives of Internal Medicine arrivando a concludere che non è solo questione di fortuna e di geni buoni. Ma anche di come si vive.
Gli studi su casi di eccezionale longevità, in particolare se coniugati al maschile, non sono molto diffusi. I pochi esistenti riguardano le donne, che hanno una casistica più frequente, mentre ad oggi non si è ancora capito perché sono così pochi gli uomini che sopravvivono fino a età così avanzata. Quello che si sa, specificano i ricercatori nella loro premessa, è che la genetica conta per il 25% delle variazione nella durata della vita. Resta così un 75% attribuito a fantomatici fattori modificabili. Già ma quali? E come interagiscono coi fattori genetici per allungare la sopravvivenza? Gli studi attualmente disponibili hanno periodi di osservazione piuttosto brevi, non superiori ai dieci anni, e si sono soffermati su età non superiori agli 85 anni. Mentre quelli riferiti a ultranovantenni e centenari sono generalmente retrospettivi e riferiti ai pochi sopravvissuti, tra cui pochi uomini. In più, continuano gli autori, la prevalenza di malattie e disabilità in questa popolazione è naturalmente alta e non è chiaro quali fattori, se adottati per tempo, possano potenziare non solo longevità ma anche longevità in buona salute. A questo scopo gli autori hanno utilizzato i dati prospettici di oltre 2350 uomini nel Physicians' Health Study con le potenzialità per vivere fino a novant'anni. I soggetti sono stati monitorati per venticinque anni al fine di scovare i fattori modificabili che incidono sull'eventuale buona salute dei soggetti sopravvissuti. In questo modo i ricercatori hanno identificato cinque comportamenti che nei soggetti anziani sono associati non solo a una sopravvivenza maggiore ma anche a un buono stato di salute e ad autonomia.
I fattori sono noti da tempo in realtà: non fumare, tenere sotto controllo il peso e la pressione, fare attività fisica regolare, nonché evitare il diabete. La cosa più sorprendente, osservano gli autori, non sono tanto i comportamenti da tenere, da sempre associati a uno stile di vita sano, quanto il fatto che un intervento precoce nella prima fase della terza età può incidere sulla maggiore sopravvivenza. Come a dire che si è sempre in tempo per intervenire e si può avere un minimo controllo sul proprio destino. Quando ha avuto inizio l'indagine nel 1981, l'età media dei soggetti era di 72 anni. Nel corso del periodo di osservazione i soggetti hanno risposto a domande sulla salute e lo stile di vita e i ricercatori hanno testato il loro andamento fisico e psicologico. Al termine dello studio i sopravvissuti ultranovantenni erano 970. Analizzando i singoli fattori, il fumo raddoppia il rischio di morire prima dei 90, il diabete aumenta il rischio dell'86%, l'obesità del 44% e l'ipertensione del 28%. Infine rispetto agli uomini che non hanno mai fatto attività fisica, quelli che la fanno o l'hanno fatta riducono il loro rischio di una percentuale tra il 20 e il 30%, a seconda dell'intensità dei loro trascorsi agonistici. Quanto al secondo studio, sempre pubblicato sugli Archives, la conclusione è che non è tanto l'assenza di malattia a evitare il decesso quanto la capacità di vivere bene nonostante la malattia. Lo studio ha preso in esame 523 donne e 216 uomini di età compresa tra i 97 e i 119 anni per concludere che è particolarmente importante come si convive con la malattia, in particolare per gli uomini. E' importante, cioè, a prescindere da una eventuale malattia cronica, mantenere per quanto possibile una buona condizione psicofisica, riducendo in questo modo l'eventuale disabilità. Nel dubbio perciò meglio non trascurare le cure dei soggetti più anziani, qualcosa può sempre essere fatto.
Marco Malagutti
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Pochi studi e sulle donne
Gli studi su casi di eccezionale longevità, in particolare se coniugati al maschile, non sono molto diffusi. I pochi esistenti riguardano le donne, che hanno una casistica più frequente, mentre ad oggi non si è ancora capito perché sono così pochi gli uomini che sopravvivono fino a età così avanzata. Quello che si sa, specificano i ricercatori nella loro premessa, è che la genetica conta per il 25% delle variazione nella durata della vita. Resta così un 75% attribuito a fantomatici fattori modificabili. Già ma quali? E come interagiscono coi fattori genetici per allungare la sopravvivenza? Gli studi attualmente disponibili hanno periodi di osservazione piuttosto brevi, non superiori ai dieci anni, e si sono soffermati su età non superiori agli 85 anni. Mentre quelli riferiti a ultranovantenni e centenari sono generalmente retrospettivi e riferiti ai pochi sopravvissuti, tra cui pochi uomini. In più, continuano gli autori, la prevalenza di malattie e disabilità in questa popolazione è naturalmente alta e non è chiaro quali fattori, se adottati per tempo, possano potenziare non solo longevità ma anche longevità in buona salute. A questo scopo gli autori hanno utilizzato i dati prospettici di oltre 2350 uomini nel Physicians' Health Study con le potenzialità per vivere fino a novant'anni. I soggetti sono stati monitorati per venticinque anni al fine di scovare i fattori modificabili che incidono sull'eventuale buona salute dei soggetti sopravvissuti. In questo modo i ricercatori hanno identificato cinque comportamenti che nei soggetti anziani sono associati non solo a una sopravvivenza maggiore ma anche a un buono stato di salute e ad autonomia.
I cinque fattori
I fattori sono noti da tempo in realtà: non fumare, tenere sotto controllo il peso e la pressione, fare attività fisica regolare, nonché evitare il diabete. La cosa più sorprendente, osservano gli autori, non sono tanto i comportamenti da tenere, da sempre associati a uno stile di vita sano, quanto il fatto che un intervento precoce nella prima fase della terza età può incidere sulla maggiore sopravvivenza. Come a dire che si è sempre in tempo per intervenire e si può avere un minimo controllo sul proprio destino. Quando ha avuto inizio l'indagine nel 1981, l'età media dei soggetti era di 72 anni. Nel corso del periodo di osservazione i soggetti hanno risposto a domande sulla salute e lo stile di vita e i ricercatori hanno testato il loro andamento fisico e psicologico. Al termine dello studio i sopravvissuti ultranovantenni erano 970. Analizzando i singoli fattori, il fumo raddoppia il rischio di morire prima dei 90, il diabete aumenta il rischio dell'86%, l'obesità del 44% e l'ipertensione del 28%. Infine rispetto agli uomini che non hanno mai fatto attività fisica, quelli che la fanno o l'hanno fatta riducono il loro rischio di una percentuale tra il 20 e il 30%, a seconda dell'intensità dei loro trascorsi agonistici. Quanto al secondo studio, sempre pubblicato sugli Archives, la conclusione è che non è tanto l'assenza di malattia a evitare il decesso quanto la capacità di vivere bene nonostante la malattia. Lo studio ha preso in esame 523 donne e 216 uomini di età compresa tra i 97 e i 119 anni per concludere che è particolarmente importante come si convive con la malattia, in particolare per gli uomini. E' importante, cioè, a prescindere da una eventuale malattia cronica, mantenere per quanto possibile una buona condizione psicofisica, riducendo in questo modo l'eventuale disabilità. Nel dubbio perciò meglio non trascurare le cure dei soggetti più anziani, qualcosa può sempre essere fatto.
Marco Malagutti
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