C'è la salute, basta?

18 giugno 2004
Aggiornamenti e focus

C'è la salute, basta?



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Perché d'estate si parla più facilmente di anziani? Certamente le ondate di caldo hanno contribuito a "rilanciare" l'argomento, ma c'è anche un altro aspetto hard che con la meteorologia non c'entra. Secondo i dati presentati dalla Società Italiana di Geriatria e Gerontologia, gli over 60 italiani che hanno bisogno di aiuto lo ricevono nel 40,8% dai figli e nel 29,4% dal coniuge. E' ovvio che in tempi di vacanze, di bambini che non sono più a scuola tutto il giorno e così via, eventuali criticità vengono esasperate.

Quasi due terzi si dicono sani


In effetti, titola il rapporto della SIGG, l'Italia è il paese più vecchio del mondo: nel 2002 la speranza di vita era di poco meno di 77 anni per gli uomini e di 82,9 per le donne. Nel 2003 un italiano su cinque aveva più di 65 anni, uno su 20 più di 80. Insomma, gli anni ci sono, come si suol dire, ma questo potrebbe non significare molto: infatti il 70% degli uomini anziani si ritiene in buona salute, così come il 60% della donne. Lo scarto è dovuto al fatto che la popolazione femminile è più spesso colpita da malattie croniche, per esempio quelle osteoarticolari o l'ipertensione, che anche se non attentano alla vita ne compromettono la qualità. Per fare un esempio, l'artrosi e l'artrite colpiscono il 45% degli uomini dai 75 anni in poi, ma ben il 63,7% delle donne. Al contrario, nelle patologie più gravi, come la bronchite cronica o l'infarto le donne sono meno interessate, con distacchi magari non enormi ma sempre significativi.
Tutto sommato la salute tiene e lo testimonia anche il numero di coloro che, potendoselo permettere economicamente, svolgono attività di vario genere (36%). Infatti il 19% degli anziani pratica uno sport e l'11% si dedica al volontariato. Infine secondo i dati del Censis, nel 2001 sono stati cinque milioni gli over-60 che hanno viaggiato, ed è un dato positivo che la popolazione anziana ritenga fondamentale per vivere bene tenere la mente in allenamento (30,7%) e avere uno stile di vita sano (25,3%)

Se la famiglia non provvede


Non è però un quadro senza ombre. C'è comunque un 8,2% di anziani che non è in grado di svolgere normalmente le attività quotidiane, con gradi di perdita di autonomia variabili. E qui si entra nell'aspetto sociosanitario. Tornando al dato iniziale, soltanto il 5,5 degli anziani che ricevono aiuto sono assistiti da operatori pubblici: la stessa quota che si dichiara assistita dai vicini. Secondo una indagine del Centro Europa Ricerche, condotta per conto del Sindacato Pensionati Italiani (SPI-CGIL) sono circa 1,8 milioni gli anziani non autosufficienti. Del resto, sempre dal Censis viene la fotografia della percezione che gli anziani hanno dei servizi di assistenza. Per il 23,7% negli ultimi 2 anni l'offerta di servizi e prestazioni sul territorio è diminuita e la percentuale sale a oltre il 34% al Nord-Est, probabilmente perché in questa area si partiva da un sistema assistenziale più evoluto. Se si percepiscono come in discesa i servizi è evidente che aumenta la percezione dei costi della salute e del loro impatto sul bilancio personale o famigliare. Nel documento della SIGG, peraltro, si ricorda che secondo i dati ISTAT il 52,3% dei pensionati con più di 65 anni ha un reddito inferiore a 750 euro mensili, e la soglia di povertà è fissata in Italia a 810 euro. Certo, finché c'è la salute... Ma quando non c'è più? Quanta assistenza si compra con 750 euro al mese? In Italia l'aspetto dell'assistenza a chi perde l'autonomia non è affrontato come un capitolo di spesa da finanziare adeguatamente, anche attraverso la contribuzione dei singoli, certo. Finora questa spesa è stata sostenuta travestendola da previdenza o da spesa sanitaria (quanti ricoveri sono in realtà assistenza mascherata?) ma se la popolazione italiana sembra destinata, ed è una fortuna, a invecchiare, la questione non è rimandabile.

Maurizio Imperiali



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