Il vecchietto dove lo metto?

05 novembre 2004
Aggiornamenti e focus

Il vecchietto dove lo metto?



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Vi è, nell'atteggiamento di fondo della società attiva, cioè dei produttori di ricchezza economica e di legami sociali, una sostanziale disponibilità ad affrontare i problemi dei vecchi? La Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) ha affidato alla Demoskopea questa domanda per cercare di interpretare i sentimenti degli italiani in età attiva rispetto agli anziani e ai loro bisogni. I risultati non sono del tutto confortanti. Siamo, infatti, il paese più longevo al mondo ma anche uno di quelli meno preoccupati delle sorti di quel 20% di popolazione sopra i 65 anni di età.

Troppa indifferenza


L'indagine è stata effettuata a ottobre e ha interessato un campione di popolazione tra i 18 e i 60 anni. Il 50% dei quali in possesso di un titolo di scuola superiore o laurea e il 64% lavoratori. Secondo i dati dell'indagine il 66% degli intervistati non si sente per nulla preoccupato e interessato ai problemi dell'assistenza agli anziani. L'unica preoccupazione è di tipo economico: sempre più pensioni da erogare e pochi soldi e posti di lavoro disponibili. Esiste addirittura un 46% che ritiene che i pensionati oltre a comportare una spesa rappresentino un peso per la società e un intralcio alle normali attività collettive. E a sostenerlo sono soprattutto i più giovani e, fra questi, quelli istruiti che non frequentano spesso i più anziani. Ma altri numeri rendono la portata del problema. Solo il 32% degli intervistati riconosce agli anziani un ruolo decisionale e di aiuto per la famiglia. Il 38% registra l'indifferenza ma fa poco per cambiare le cose. Uno su due non è per niente preoccupato del fatto che nel 2020 un terzo degli italiani avrà più di 65 anni. Mentre il 45% ha poche occasioni di frequentare persone anziane. Del resto solo il 2% degli intervistati convive con un anziano, una cosa impensabile anni addietro. Il fatto curioso è che di fronte alla domanda su cosa vorrebbero per quando saranno loro a essere anziani, rivendicano più aiuto e più strutture sanitarie.

Un pugno nello stomaco


Numeri che parlano da soli. Non è un caso che Marco Trabucchi, presidente della SIGG, abbia parlato commentandoli di "pugno nello stomaco". Emerge con chiarezza - ha detto Trabucchi - un disagio nei rapporti tra le generazioni. Gli anziani sono un peso sociale in considerazione dell'onere economico che rappresentano. E tutto nonostante le diffuse denunce sulla condizione degli anziani, più acute che mai nella fase dell'emergenza caldo. Il risultato? Indifferenza. Evidentemente - continua il presidente SIGG - occorre modificare le strategie di comunicazione. Formare perciò geriatri sempre più preparati e capaci e in grado di affrontare un disagio così complesso, ma anche sensibilizzare l'opinione pubblica senza il cui consenso è difficile migliorare la qualità di vita degli anziani. Ma come? Meno parole più fatti, potrebbe essere la parola d'ordine. La gente ha bisogno di iniziative concrete - conclude Trabucchi - e che alle parole seguano i fatti. Perciò vuole sapere come l'assistenza viene fornita, con quali risultati e quali costi. Con questi autorevoli presupposti si è aperto in questi giorni il congresso della SIGG, la speranza è che le cose cambino perché come ha detto Charles Sloan Kettering "noi tutti dobbiamo pensare al futuro perché è lì che passeremo il resto della nostra vita".

Marco Malagutti



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