13 ottobre 2006
Aggiornamenti e focus
Vaccini molto intimi
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Il suo arrivo era stato annunciato dai suoi successi sperimentali e clinici, e, a giugno in America e a settembre in Europa, il vaccino contro il Papillomavirus (HPV) è diventato parte integrante della realtà sanitaria di molti Paesi. Si tratta di un virus che provoca una delle più comuni infezioni genitali sessualmente trasmesse (condilomi), che ha un'incidenza annuale di 5 milioni e mezzo di casi. Si stima che il 75% delle persone sessualmente attive almeno una volta nella vita è stata esposta all'HPV. L'infezione può risolversi spontaneamente comportando per altro una risposta immunitaria, ma alcuni ceppi, HPV-16 e 18, hanno un'evoluzione maligna verso neoplasie. Per esempio è la causa del 70% dei casi di tumore della cervice dell'utero, della vagina e dell'ano, del 30-40% dei tumori della vulva, del pene e dell'orofaringe.
In realtà erano due i vaccini in questione, ma solo uno dei due era per scopo profilattico. Precisamente quello allestito con le proteine del capside virale L1 e L2 che hanno la capacità di indurre una risposta anticorpale specifica, prima che l'organismo venga realmente in contatto con il virus vivo. L'altro, ancora in studio, ha un obiettivo terapeutico, vale a dire viene somministrato a chi è già stato contagiato dal virus per evitare che si sviluppi il tumore.
L'8 giugno 2006 la Food and Drug Administration (Fda) ha quindi approvato l'uso clinico di un vaccino quadrivalente che consiste nell'allestimento di particelle virali, ottenute con tecniche di DNA ricombinante, dei virus del ceppo HPV-6, 11, 16 e 18. In studi successivi ha anche dimostrato l'interessante capacità di andare oltre i limiti della quadrivalenza. Per un fenomeno chiamato cross reactivity, riesce a indurre una risposta anticorpale anche contro ceppi non coinvolti direttamente nel vaccino (31, 45, 52 e 58) ma anch'essi ad alto rischio di tumore.
A settembre il vaccino è stato approvato anche dall'Emea, l'Agenzia europea del farmaco, e sarà presto disponibile nei Paesi dell'Unione Europea.
La Fda ha anche dato indicazioni precise, sempre sulla base dei risultati scientifici su chi va vaccinato. Il farmaco è stato approvato per essere somministrato a donne di età compresa tra 9 e 26 anni, in realtà l'età in cui si dovrebbe intervenire con maggior interesse sono le giovani di 11 e 12 anni, poi sulle ragazze tra i 13 e i 26 anni che non siano state precedentemente vaccinate e, a discrezione del medico, le bambine di 9-10 anni. Anche perché non ci sono dati di efficacia su donne di età superiore ai 26 anni.Per ora si tratta di una semplice registrazione da parte di enti regolatori, che garantisce sull'efficacia, ma è del mese di settembre la decisione del Senato del Michigan di raccomandare il vaccino alle ragazze che entrano nel sesto grado della scuola americana, cioè all'età di 11-12 anni. Ciò significa che il farmaco sarà inserito nel programma di vaccinazioni americano, US Vaccines for Children Program, e sarà gratuito l'accesso a chi ne avrà bisogno. Anche il Dipartimento della Salute inglese sta valutando di adottare lo stesso comportamento. Rimane ancora aperta la questione sulla vaccinazione dei maschi: considerando che la trasmissione avviene per via sessuale, a rigor di logica dovrebbero essere vaccinati anche loro. I dati a supporto ancora non ci sono, o non sono sufficienti, ma i modelli di proiezione parlano di un efficacia del 60-75% (contro il 100% dell'efficacia di risposta del vaccino) dell'approccio unilaterale come strategia di protezione di entrambi i sessi. Un po' poco considerando le potenzialità dello strumento.
Simona Zazzetta
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Multi-valenza
In realtà erano due i vaccini in questione, ma solo uno dei due era per scopo profilattico. Precisamente quello allestito con le proteine del capside virale L1 e L2 che hanno la capacità di indurre una risposta anticorpale specifica, prima che l'organismo venga realmente in contatto con il virus vivo. L'altro, ancora in studio, ha un obiettivo terapeutico, vale a dire viene somministrato a chi è già stato contagiato dal virus per evitare che si sviluppi il tumore.
L'8 giugno 2006 la Food and Drug Administration (Fda) ha quindi approvato l'uso clinico di un vaccino quadrivalente che consiste nell'allestimento di particelle virali, ottenute con tecniche di DNA ricombinante, dei virus del ceppo HPV-6, 11, 16 e 18. In studi successivi ha anche dimostrato l'interessante capacità di andare oltre i limiti della quadrivalenza. Per un fenomeno chiamato cross reactivity, riesce a indurre una risposta anticorpale anche contro ceppi non coinvolti direttamente nel vaccino (31, 45, 52 e 58) ma anch'essi ad alto rischio di tumore.
A settembre il vaccino è stato approvato anche dall'Emea, l'Agenzia europea del farmaco, e sarà presto disponibile nei Paesi dell'Unione Europea.
Approccio al femminile
La Fda ha anche dato indicazioni precise, sempre sulla base dei risultati scientifici su chi va vaccinato. Il farmaco è stato approvato per essere somministrato a donne di età compresa tra 9 e 26 anni, in realtà l'età in cui si dovrebbe intervenire con maggior interesse sono le giovani di 11 e 12 anni, poi sulle ragazze tra i 13 e i 26 anni che non siano state precedentemente vaccinate e, a discrezione del medico, le bambine di 9-10 anni. Anche perché non ci sono dati di efficacia su donne di età superiore ai 26 anni.Per ora si tratta di una semplice registrazione da parte di enti regolatori, che garantisce sull'efficacia, ma è del mese di settembre la decisione del Senato del Michigan di raccomandare il vaccino alle ragazze che entrano nel sesto grado della scuola americana, cioè all'età di 11-12 anni. Ciò significa che il farmaco sarà inserito nel programma di vaccinazioni americano, US Vaccines for Children Program, e sarà gratuito l'accesso a chi ne avrà bisogno. Anche il Dipartimento della Salute inglese sta valutando di adottare lo stesso comportamento. Rimane ancora aperta la questione sulla vaccinazione dei maschi: considerando che la trasmissione avviene per via sessuale, a rigor di logica dovrebbero essere vaccinati anche loro. I dati a supporto ancora non ci sono, o non sono sufficienti, ma i modelli di proiezione parlano di un efficacia del 60-75% (contro il 100% dell'efficacia di risposta del vaccino) dell'approccio unilaterale come strategia di protezione di entrambi i sessi. Un po' poco considerando le potenzialità dello strumento.
Simona Zazzetta
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