31 maggio 2005
Aggiornamenti e focus
Ecco i quesiti
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Nell'imminenza del referendum sulla legge che regola la procreazione medicalmente assistita, la fantomatica legge 40, la nebbia non sembra diradarsi. Secondo una recente indagine, del resto, il 32,7% degli italiani non sa neppure che il 12 e il 13 giugno prossimi si terrà il referendum e il 18,5% non sa in che cosa consista. Delle 4 mila persone intervistate, equamente divise per sesso, età, area geografica di residenza e classe demografica, il 27,4% non conosce i contenuti della legge sulla fecondazione assistita. A cercare di gettare luce sulla complessa questione si sono svolti, fra gli altri, due eventi, un convegno a Varese e un altro a Milano presso l'Università statale, che hanno visto la partecipazione di studiosi, esperti ed esponenti politici. Ma quali sono le modifiche proposte alla legge dai quesiti referendari?
Il primo quesito propone l'eliminazione del divieto di ricerca sull'embrione, che la legge impedisce in tutte le forme fino a vietare il congelamento dell'ovocita fecondato. La finalità sarebbe, dicono i promotori, quella di consentire nuove cure per malattie come Alzheimer, Parkinson, sclerosi, diabete, cardiopatie e tumori. Si vuole così permettere la clonazione a fini terapeutici, la ricerca clinica sugli embrioni e il loro congelamento. La questione pone controversie etico-religiose di notevole portata. L'embrione è già una persona? Un quesito cui è difficile dare una risposta univoca. Se da una parte la Chiesa non transige e considera che, persona o no, meriti di essere trattato come tale, sulla base del fatto che di persona in potenza si tratta, dall'altra i promotori del referendum sostengono che dal momento che gran parte di quegli embrioni non è destinato a diventare persona, è assurdo negarsi la possibilità di fare ricerca per l'utilizzo di staminali embrionali nella cura di alcune malattie come il diabete, il morbo di Parkinson o la sclerosi. Un tentativo di aggirare il divieto potrebbe essere secondo alcuni esperti quello di congelare i pronuclei, ossia gli ovociti fecondati ma non ancora fusi in un embrione. E al di là delle questioni filosofiche anche i biologi si dividono. Se da una parte Augusto Pessina sostiene, al bando ogni emozionalità nell'informazione, che in biologia negando l'inizio si nega la realtà, dall'altra Edoardo Boncinelli ritiene inutile arroccarsi su un biologismo estremo e che il genoma definitivo non si ha prima della terza, quarta settimana.
Il secondo quesito è, probabilmente, il più spinoso. Si chiede di eliminare l'obbligo di creare in vitro un numero massimo di tre embrioni per volta e di togliere l'obbligo di trasferirli nell'utero della donna in un'unica soluzione. Inoltre si vuole aprire l'accesso alle tecniche di fecondazione in vitro e di diagnosi dell'embrione (dalla legge riservate solo alle coppie sterili) anche a quelle coppie che, pur essendo fertili, potrebbero trasmettere al figlio malattie ereditarie. I legislatori ritengono che, grazie alla legge si evita il rischio di embrioni in eccesso e, inoltre, si aumenterebbe il successo delle tecniche di fecondazione assistita. Di tutt'altro avviso i promotori del referendum visto che, come sottolineato da Umberto Veronesi in una recente intervista "viene vanificata la grande speranza di ridurre drasticamente il tragico peso umano e sociale di trentamila bambini che ogni anno nascono in Italia con gravi malformazioni". Il paradosso legislativo è che, una volta impiantato l'eventuale embrione malato, se la diagnosi prenatale (amniocentesi o villocentesi) sarà positiva si potrà procedere all'interruzione di gravidanza. Non solo. Il limite al numero di embrioni da impiantare, per di più in contemporanea, non tiene conto dei singoli casi. Una donna giovane va incontro a rischio di gravidanze plurigemellari, mentre una donna più matura rischia di doversi sottoporre a più tentativi di fecondazione, con pesanti cicli di stimolazioni ormonali. E qui sono i giuristi che nel convegno milanese si sono divisi. Luciano Eusebi dell'Università Cattolica di Piacenza sostiene, intanto, che il problema degli embrioni sopranumerari è un problema nuovo e poi che un trasferimento di embrioni eccessivo pregiudica la tanto evocata salute della donna. Marzia Barbera dell'Università di Brescia, ha invece evidenziato come lo spirito della legge sia tutto nell'articolo 6 quando vincola la donna a accettare l'impianto dell'ovulo anche non fosse più d'accordo. Un articolo, peraltro, in parte attenuato con le linee guida.
L'equiparazione dei diritti
Qui la questione è eminentemente bioetica e fa riferimento all'annoso interrogativo: l'embrione è già persona? Il referendum chiede, infatti, di abrogare integralmente l'articolo 1, in cui si parla espressamente di diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito e si equiparano i diritti dell'embrione a quelli delle persone già nate. Il timore dei promotori, che non accettano di porre sullo stesso piano soggetti già nati e il concepito, è che, tra l'altro, ci siano le premesse per una successiva modifica della legge sull'aborto. Va da sé, sottolinea sempre la Barbera che il successivo passo sia l'abrogazione della 194, come alcuni ministri (Gasparri e Storace ndr) hanno iniziato a evocare.
L'esclusione dell'eterologa
Infine la questione dell'eterologa, vietata dalla legge 40 che permette solo tecniche omologhe. Si tratta del quesito che fa più discutere gli stessi promotori. L'eterologa è quella modalità di fecondazione in cui si utilizzano gameti (ovociti e/o spermatozoi) appartenenti a donatori esterni alla coppia in cura. Secondo la legge, invece, i gameti devono appartenere ai due genitori. Ma maternità e paternità sono solo la trasmissione di corredo cromosomico? Un rischio tangibile, dicono i promotori, che peraltro riguarda anche gli altri quesiti, seppure in tono minore, è quello del cosiddetto "turismo della provetta". Si tratta dei viaggi della speranza delle coppie sterili all'estero, dove i limiti alle tecniche sono meno forti che in Italia. Le mete preferite dagli aspiranti genitori sono i paesi vicini, come Svizzera, Francia e Austria, con legislazioni più permissive. In pochi, peraltro, possono permettersi questi viaggi per gli alti costi che comportano. Si rischia così di rendere la fecondazione una questione per pochi. E' giusto? Un altro giurista milanese, Emilio Dolcini, ha evidenziato con amara ironia come nella vicina svizzera proliferino i centri di riproduzione assistita e sempre più medici italiani, guarda caso dell'area ginecologica, vengano assunti negli ospedali del centro-nord Europa. Si tratta di turismo riproduttivo che, oltretutto, ha sottolineato il ginecologo Carlo Flamigni, fa sì che i cittadini ricchi vadano nell'Europa ricca e gli altri verso i più accessibili paesi dell'Est europeo con tutti i rischi che questo comporta.I dubbi restano e un interrogativo rimane senza risposta: fino a che punto si possono spingere la scienza e il progresso?
Marco Malagutti
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Il divieto di sperimentazione
Il primo quesito propone l'eliminazione del divieto di ricerca sull'embrione, che la legge impedisce in tutte le forme fino a vietare il congelamento dell'ovocita fecondato. La finalità sarebbe, dicono i promotori, quella di consentire nuove cure per malattie come Alzheimer, Parkinson, sclerosi, diabete, cardiopatie e tumori. Si vuole così permettere la clonazione a fini terapeutici, la ricerca clinica sugli embrioni e il loro congelamento. La questione pone controversie etico-religiose di notevole portata. L'embrione è già una persona? Un quesito cui è difficile dare una risposta univoca. Se da una parte la Chiesa non transige e considera che, persona o no, meriti di essere trattato come tale, sulla base del fatto che di persona in potenza si tratta, dall'altra i promotori del referendum sostengono che dal momento che gran parte di quegli embrioni non è destinato a diventare persona, è assurdo negarsi la possibilità di fare ricerca per l'utilizzo di staminali embrionali nella cura di alcune malattie come il diabete, il morbo di Parkinson o la sclerosi. Un tentativo di aggirare il divieto potrebbe essere secondo alcuni esperti quello di congelare i pronuclei, ossia gli ovociti fecondati ma non ancora fusi in un embrione. E al di là delle questioni filosofiche anche i biologi si dividono. Se da una parte Augusto Pessina sostiene, al bando ogni emozionalità nell'informazione, che in biologia negando l'inizio si nega la realtà, dall'altra Edoardo Boncinelli ritiene inutile arroccarsi su un biologismo estremo e che il genoma definitivo non si ha prima della terza, quarta settimana.
Il limite del numero
Il secondo quesito è, probabilmente, il più spinoso. Si chiede di eliminare l'obbligo di creare in vitro un numero massimo di tre embrioni per volta e di togliere l'obbligo di trasferirli nell'utero della donna in un'unica soluzione. Inoltre si vuole aprire l'accesso alle tecniche di fecondazione in vitro e di diagnosi dell'embrione (dalla legge riservate solo alle coppie sterili) anche a quelle coppie che, pur essendo fertili, potrebbero trasmettere al figlio malattie ereditarie. I legislatori ritengono che, grazie alla legge si evita il rischio di embrioni in eccesso e, inoltre, si aumenterebbe il successo delle tecniche di fecondazione assistita. Di tutt'altro avviso i promotori del referendum visto che, come sottolineato da Umberto Veronesi in una recente intervista "viene vanificata la grande speranza di ridurre drasticamente il tragico peso umano e sociale di trentamila bambini che ogni anno nascono in Italia con gravi malformazioni". Il paradosso legislativo è che, una volta impiantato l'eventuale embrione malato, se la diagnosi prenatale (amniocentesi o villocentesi) sarà positiva si potrà procedere all'interruzione di gravidanza. Non solo. Il limite al numero di embrioni da impiantare, per di più in contemporanea, non tiene conto dei singoli casi. Una donna giovane va incontro a rischio di gravidanze plurigemellari, mentre una donna più matura rischia di doversi sottoporre a più tentativi di fecondazione, con pesanti cicli di stimolazioni ormonali. E qui sono i giuristi che nel convegno milanese si sono divisi. Luciano Eusebi dell'Università Cattolica di Piacenza sostiene, intanto, che il problema degli embrioni sopranumerari è un problema nuovo e poi che un trasferimento di embrioni eccessivo pregiudica la tanto evocata salute della donna. Marzia Barbera dell'Università di Brescia, ha invece evidenziato come lo spirito della legge sia tutto nell'articolo 6 quando vincola la donna a accettare l'impianto dell'ovulo anche non fosse più d'accordo. Un articolo, peraltro, in parte attenuato con le linee guida.
L'equiparazione dei diritti
Qui la questione è eminentemente bioetica e fa riferimento all'annoso interrogativo: l'embrione è già persona? Il referendum chiede, infatti, di abrogare integralmente l'articolo 1, in cui si parla espressamente di diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito e si equiparano i diritti dell'embrione a quelli delle persone già nate. Il timore dei promotori, che non accettano di porre sullo stesso piano soggetti già nati e il concepito, è che, tra l'altro, ci siano le premesse per una successiva modifica della legge sull'aborto. Va da sé, sottolinea sempre la Barbera che il successivo passo sia l'abrogazione della 194, come alcuni ministri (Gasparri e Storace ndr) hanno iniziato a evocare.
L'esclusione dell'eterologa
Infine la questione dell'eterologa, vietata dalla legge 40 che permette solo tecniche omologhe. Si tratta del quesito che fa più discutere gli stessi promotori. L'eterologa è quella modalità di fecondazione in cui si utilizzano gameti (ovociti e/o spermatozoi) appartenenti a donatori esterni alla coppia in cura. Secondo la legge, invece, i gameti devono appartenere ai due genitori. Ma maternità e paternità sono solo la trasmissione di corredo cromosomico? Un rischio tangibile, dicono i promotori, che peraltro riguarda anche gli altri quesiti, seppure in tono minore, è quello del cosiddetto "turismo della provetta". Si tratta dei viaggi della speranza delle coppie sterili all'estero, dove i limiti alle tecniche sono meno forti che in Italia. Le mete preferite dagli aspiranti genitori sono i paesi vicini, come Svizzera, Francia e Austria, con legislazioni più permissive. In pochi, peraltro, possono permettersi questi viaggi per gli alti costi che comportano. Si rischia così di rendere la fecondazione una questione per pochi. E' giusto? Un altro giurista milanese, Emilio Dolcini, ha evidenziato con amara ironia come nella vicina svizzera proliferino i centri di riproduzione assistita e sempre più medici italiani, guarda caso dell'area ginecologica, vengano assunti negli ospedali del centro-nord Europa. Si tratta di turismo riproduttivo che, oltretutto, ha sottolineato il ginecologo Carlo Flamigni, fa sì che i cittadini ricchi vadano nell'Europa ricca e gli altri verso i più accessibili paesi dell'Est europeo con tutti i rischi che questo comporta.I dubbi restano e un interrogativo rimane senza risposta: fino a che punto si possono spingere la scienza e il progresso?
Marco Malagutti
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