A che prezzo si sopravvive

26 ottobre 2007
Aggiornamenti e focus

A che prezzo si sopravvive



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Il primo caso di AIDS fu diagnosticato nel 1981. Un quarto di secolo esatto, una generazione. Il tempo non è passato invano e, dopo un decennio di aumento ininterrotto dei casi, la tendenza si è invertita (ma negli ultimissimi tempi sembra che una ripresa ci sia), parallelamente sono dimuniti i decessi e, ovviamente, è aumentata la sopravvivenza. C'è un indicatore, però, che è costantemente salito, ed è la spesa per il trattamento. Lo dimostra uno studio statunitense che si è basato sui dati di spesa di Medicaid, il programma pubblico che copre le spese sanitarie di persone e famiglie a basso reddito o che, comunque, rientrano nei requisiti stabiliti a livello statale e federale. Molti i dati recuperati, relativi al periodo che va dal 1991 al 2005, a partire da quello generale: dall'inizio alla fine del periodo, il numero di prescrizioni di antiretroviarli è aumentato di oltre 16 volte, passando da 168914 a 2 milioni nel 1998 e a tre nel 2005, ma la spesa ha fatto di più, moltiplicandosi quasi per 50. In dollari, si è saliti dai 30,6 milioni del 1991 ai 1600 milioni del 2005.Degli antiretrovirali esistono diverse classi: la più vecchia è quella degli inibitori della trascrittasi inversa nucleosidici (NRTI), gli inibitori delle proteasi (PI), gli inibitori della trascrittasi inversa non nucleosidici (NNRTI) e i più recenti inibitori della fusione (FI). Ovviamente l'elenco non si ferma qui, ben più recentemente sono venuti altri retrovirali, ma lo studio, fermandosi al 2005 considera le quattro classi citate.

Terapie in associazione


Malgrado l'età, la classe che rappresenta la parte maggiore della spesa è quella degli NRTI: il 50,8% del totale pagato da Medicaid per trattare l'HIV, pur non rappresentando la classe con le specialità più costose. La più costosa in assoluto, difatti, è un inibitore di fusione che tocca i 1914 dollari a prescrizione. La spesa, dunque, cresce malgrado il calo delle diagnosi annuali: il top fu toccato nel 1992 con 78000 nuove diagnosi, mentre da allora si è assestato su 40000. I motivi sono diversi e uno è molto positivo, cioè il calo della mortalità, quindi lo spostarsi dell'infezione dll'HIV verso lo spettro delle malattie croniche piuttosto che di quelle a breve decorso. Nella crescita della spesa, peraltro si può individuare un punto nodale: il 1996 quando, essendo disponibile un certo numero di farmaci di classi diverse si impose il ricorso al cosiddetto cocktail di medicinali differenti, che tecnicamente si chiama HAART (highly active antiretroviral therapy). Ciò ha fatto sì che il trattamento per un singolo paziente costi dai 10 ai 15000 dollari l'anno, e nel 2005 le persone colpite erano 1,7 milioni.
Però, secondo l'economia spicciola, se i consumi salgono ci dovrebbe essere un spinta almeno alla discesa dei prezzi. Così non è stato per diversi motivi: il primo, ed è intuibile, è che le nuove specialità hanno ottenuto un prezzo di ingresso piuttosto elevato. Partendo dalla classe più vecchia, gli NRTI, nel 1995 la prescrizione del Retrovir costava 180 dollari, mentre quella dei più recenti è via via salita a 400, 600 e 900 dollari. Lo stesso discorso vale per le altre classi di farmaci: il nuovo costa di più e spesso molto di più. La cosa più curiosa è che, sia pure in modo non così cospicuo, è salito anche il costo dei farmaci più datati: il Retrovir, per esempio, ha visto aumentare il costo per prescrizione di più del 10% nel periodo 2000-2005, un altro farmaco più recente è aumentato di oltre il 20%. Nelle altre classi, l'aumento dopo l'ingresso nel mercato ha raggiunto, in un caso, il 60%.

Non si fanno sconti


Insomma, la pressione della domanda è tale che ha fatto saltare i meccanismi che di solito determinano nel tempo la discesa dei prezzi. Del resto, nei paesi industrializzati, di solito a far scendere i prezzi è l'arrivo dei generici. Tra gli antiretrovirali il brevetto è scaduto solo per due molecole, la didanosina e la zidovudina, ma l'arrivo dei generici ha avuto scarso impatto. Nel caso della didanosina i produttori di equivalenti sono quattro, ma tra il prezzo della specialità e il generico corre una decina di dollari su oltre 200, quindi poca cosa. Quanto all'unico generico della zidovudina, costa l'85% del farmaco di marca. Se si pensa che i produttori di generici potrebbero scendere, in linea teorica, è vero, addirittura al 10% del prezzo del farmaco originatore è evidente che il meccanismo non è ancora scattato. Tra l'altro, gli analisti sostengono che per avere reali risparmi bisogna attendere che vi siano almeno due o tre versioni generiche. Evidentemente nel caso della didanosina, almeno fino al 2005, anche la presenza di più produttori non era bastata. Tra l'altro, come spesso accade, anche se non sempre, le prescrizioni si stanno spostando verso i prodotti più recenti, anche perché spesso più efficaci e più tollerati. Lo studio non dà indicazioni su come si possa alleggerire quello rischia di diventare un onere enorme. Anche perché, per usare una frase fatta "il problema è politico".

Maurizio Imperiali



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