20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus
Dipendenza? Accoglienza!
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Il giorno è ideale, quello del cosiddetto "pranzo sociale", quale occasione migliore, infatti, per scambiare due chiacchiere e condividere la vita del centro?
Ad accogliere il cronista, la parola accoglienza ricorrerà spesso nel corso della giornata, operatori e "utenti" capitanati da Bruno Vegro, presidente di LILA Como, protagonisti di un progetto particolarmente ambizioso e innovativo: il Centro Diurno a bassa soglia, ma di cosa si tratta?
"Il progetto è nato qualche anno fa come progetto di Unità Mobile, all'interno della politica di riduzione del danno che LILA svolge da tempo nell'ambito delle tossicodipendenze" racconta Vegro. "Si trattava di contattare direttamente i consumatori di sostanze sulla strada cercando di far passare messaggi di prevenzione della diffusione dell'HIV" Dopo questa prima esperienza abbiamo cercato di delineare un ipotetico percorso, mirato al coinvolgimento e all'inclusione sociale.
Abbiamo creato cioè un "gruppo di interesse" nel quale persone che vivevano la realtà della tossicodipendenza avessero la possibilità di incontrarsi e di ragionare su altro che non fossero le sostanze, uscire cioè dalla cosiddetta centralità tossica.
Si è formato così un gruppo di una quindicina di persone che ragionavano di "altro" (cinema, dischi, problemi personali), con la mediazione degli operatori. Ma non poteva durare, troppi i problemi contingenti tipici delle situazioni di marginalità (carcere, comunità, ecc...), è andato così a estinguersi ma non del tutto. Da questo progetto è scaturito, infatti, il primo progetto di bassa soglia". Ma cosa si intende esattamente per bassa soglia?
Si distinguono tre diversi livelli - spiega Vegro - alta, media e bassa soglia. L'alta corrisponde alla comunità, chi vuole entrarci deve essere drug free (libero da droghe), avere attivato un programma metadonico a scalare e essere disposto ad accettare una serie di regole. La media soglia corrisponde ai SERT, i servizi pubblici per le tossicodipendenze, esiste un patto terapeutico per cui si accetta di prendere metadone e non altre sostanze e si ha un colloquio di ingresso per iniziare il programma, infine esiste la bassa soglia che è quella che stiamo sperimentando qui con successo. Il legame che sta alla base è un legame debole, svincolato da regole e condizioni, noi offriamo il luogo fisico dove trovarsi e una serie di opportunità e stimoli ma senza imposizioni. Il primo tentativo sponsorizzato dal comune di Como è andato bene per cui, nel settembre del 2000,abbiamo pensato di ingrandirci e con la collaborazione della Asl della Provincia di Como e del Comune abbiamo dato vita al centro così come si presenta ora".
I primi dieci mesi
La sede è in una palazzina un po' dimessa in uno dei viali principali della città lariana. L'interno però è tutt'altro che dimesso, in poco spazio gli operatori sono riusciti ad organizzare su due piani un'area idonea alla prima accoglienza. Al piano superiore una cucina, una piccola segreteria e una saletta, al piano inferiore la parte ricreativa, il cuore del centro, con un calcetto, un tavolo da ping pong, posti a sedere e un altro tavolo dove in genere si gioca a carte. Ma in cosa consiste esattamente l'attività e chi frequenta il centro? "Tanto per cominciare l'evoluzione nell'ambito delle droghe - riprende il responsabile del centro - si riflette anche su centri di questo tipo. Prima si trattava in prevalenza di eroinomani, ora abbiamo a che fare con le situazioni più disparate, sono i cosiddetti poliassuntori, ossia tossicodipendenti che assumono eroina ma anche cocaina, ketamine, nuove droghe, per non parlare poi delle "droghe legalizzate" alcol e farmaci che determinano miscele il più delle volte esplosive.
Le richieste sono su due livelli: sociale e sanitario". L'ottica è quella della riduzione del danno, ma questo non vuol dire semplicemente fornire siringhe e preservativi, si tratta di fornire informazioni corrette sul virus e sulla sua modalità di trasmissione. Brutalmente si tratta di dire alle persone che si fanno dove è meglio farsi:
in vena meglio che in arteria, ma anche di dare altre indicazioni pratiche l'invito a cambiare i luoghi d'iniezione ad esempio o istruzioni per pulire l'ago. L'auspicio è evidentemente quello che smettano, ma l'idea è che è meglio scegliere di smettere
da sano".
Il supporto sociale offerto
Questo dal punto di vista sanitario e da quello sociale? "Si tratta di un altro aspetto fondamentale, noi offriamo un luogo dove comunicare e condividere, rispettando le regole base della convivenza (rispetto, educazione ecc...) ma non mettiamo in discussione la vita fuori dal centro. Quindi offriamo una serie di servizi sia in risposta ai bisogni primari (cibo, igiene personale, servizio lavanderia, luogo riscaldato e accogliente) sia di counseling: cioè supporto legale, la maggior parte ha problemi con la legge, pensionistico e lavorativo. Infine quello che può essere il ruolo fondamentale del centro: l'inserimento nella rete dei servizi, noi siamo il primo anello di una ipotetica rete che è formata dai servizi di assistenza veri e propri: SERT, comunità, ospedali. In questo poi abbiamo anche l'aiuto della responsabile scientifica del centro che è un medico". Già sembra facile ma l'inserimento in rete ha comportato qualche problema? Tutt'altro - risponde convinto Vegro - ora è agevole. Grazie anche all'attività degli anni passati abbiamo sviluppato buoni rapporti e in particolare con il SERT la collaborazione è ottima. In qualche modo il centro si pone in posizione intermedia tra le attività di prevenzione e presa di contatto, in parte ancora utilizzate dagli operatori, e i luoghi del trattamento vero e proprio della dipendenza. Non si tratta né di un servizio terapeutico né di un servizio assistenziale ma del tentativo di attivare le risorse individuali in risposta ai propri bisogni, il cosiddetto empowerment".
Non sostituirsi alla persona
Si tratta di un concetto fondamentale, ribadito non a caso da tutti gli operatori, e significa costruire la propria identità. Un obiettivo non da poco sbaglio? "Già ma è in questo modo che una decina di tossicodipendenti storici di Como sono entrati, con la nostra mediazione, in comunità dopo vent'anni di piazza (n.d.r. la piazza è il luogo di ritrovo storico per lo spaccio e l'assunzione, oggi non esiste più ma è rimasta nel gergo). In realtà il principio base è molto semplice - è ancora Vegro a parlare - io non faccio assistenza fine a se stessa, mi limito a farti vedere come si fa una volta poi tu cerchi di fare da solo, si tratta di riprendere in mano le redini della propria vita a partire dai bisogni primari: mangiare, lavare i propri vestiti, lavarsi. Non va dimenticato che abbiamo a che fare con persone che vivono sulla strada e ovviamente non li possono soddisfare con facilità."
Il bilancio in cifre
I numeri del resto parlano chiaro. Nei primi dieci mesi di attività 1600 contatti, con una frequenza giornaliera stabile di 10 persone ma particolarmente significativi sono i numeri dell'inserimento nella rete. 2 invii alle comunità terapeutiche, 2 ai SERT, 1 a una Comunità Alloggio AIDS, 20 ai sindacati per lavoro, 15 alla Lila con supporto a vari livelli, per non parlare dei 123 colloqui legali di cui 23 per assistenza. Ribadisce ancora Vegro " è evidente che la libertà è l'assenza di dipendenza ma riteniamo che sia un bisogno fondamentale di una persona quello di inserirsi in società, continuare a lavorare, pagare le tasse, un affitto, essere un cittadino. Questo può essere il punto di partenza per il cambiamento e il "mollare le sostanze" se viene...Del resto qui ci sono 35-36 enni che non hanno più niente e in gran parte irrecuperabili, se non per accettare dignitosamente la loro presenza al mondo". Il concetto è chiaro ma se non lo fosse abbastanza lo ribadiscono con convinzione anche gli operatori del centro: Sara, che è anche consulente legale, Gloria, Roberto e Luca. Quanto ai progetti per il futuro? "Il progetto più imminente -spiega Sara Veri - riguarda, oltre al potenziamento della situazione attuale, la possibilità di creare una struttura collaterale che funga da dormitorio in modo da garantire una tregua, sia psicologica sia fisica, soprattutto ai sieropositivi". La sensazione al termine della visita è che si farà anche questo a breve, ottima scusa per reinvitarsi a pranzo.
Marco Malagutti
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Ad accogliere il cronista, la parola accoglienza ricorrerà spesso nel corso della giornata, operatori e "utenti" capitanati da Bruno Vegro, presidente di LILA Como, protagonisti di un progetto particolarmente ambizioso e innovativo: il Centro Diurno a bassa soglia, ma di cosa si tratta?
I primi passi
"Il progetto è nato qualche anno fa come progetto di Unità Mobile, all'interno della politica di riduzione del danno che LILA svolge da tempo nell'ambito delle tossicodipendenze" racconta Vegro. "Si trattava di contattare direttamente i consumatori di sostanze sulla strada cercando di far passare messaggi di prevenzione della diffusione dell'HIV" Dopo questa prima esperienza abbiamo cercato di delineare un ipotetico percorso, mirato al coinvolgimento e all'inclusione sociale.
Abbiamo creato cioè un "gruppo di interesse" nel quale persone che vivevano la realtà della tossicodipendenza avessero la possibilità di incontrarsi e di ragionare su altro che non fossero le sostanze, uscire cioè dalla cosiddetta centralità tossica.
Si è formato così un gruppo di una quindicina di persone che ragionavano di "altro" (cinema, dischi, problemi personali), con la mediazione degli operatori. Ma non poteva durare, troppi i problemi contingenti tipici delle situazioni di marginalità (carcere, comunità, ecc...), è andato così a estinguersi ma non del tutto. Da questo progetto è scaturito, infatti, il primo progetto di bassa soglia". Ma cosa si intende esattamente per bassa soglia?
Bassa soglia cioè?
Si distinguono tre diversi livelli - spiega Vegro - alta, media e bassa soglia. L'alta corrisponde alla comunità, chi vuole entrarci deve essere drug free (libero da droghe), avere attivato un programma metadonico a scalare e essere disposto ad accettare una serie di regole. La media soglia corrisponde ai SERT, i servizi pubblici per le tossicodipendenze, esiste un patto terapeutico per cui si accetta di prendere metadone e non altre sostanze e si ha un colloquio di ingresso per iniziare il programma, infine esiste la bassa soglia che è quella che stiamo sperimentando qui con successo. Il legame che sta alla base è un legame debole, svincolato da regole e condizioni, noi offriamo il luogo fisico dove trovarsi e una serie di opportunità e stimoli ma senza imposizioni. Il primo tentativo sponsorizzato dal comune di Como è andato bene per cui, nel settembre del 2000,abbiamo pensato di ingrandirci e con la collaborazione della Asl della Provincia di Como e del Comune abbiamo dato vita al centro così come si presenta ora".
I primi dieci mesi
La sede è in una palazzina un po' dimessa in uno dei viali principali della città lariana. L'interno però è tutt'altro che dimesso, in poco spazio gli operatori sono riusciti ad organizzare su due piani un'area idonea alla prima accoglienza. Al piano superiore una cucina, una piccola segreteria e una saletta, al piano inferiore la parte ricreativa, il cuore del centro, con un calcetto, un tavolo da ping pong, posti a sedere e un altro tavolo dove in genere si gioca a carte. Ma in cosa consiste esattamente l'attività e chi frequenta il centro? "Tanto per cominciare l'evoluzione nell'ambito delle droghe - riprende il responsabile del centro - si riflette anche su centri di questo tipo. Prima si trattava in prevalenza di eroinomani, ora abbiamo a che fare con le situazioni più disparate, sono i cosiddetti poliassuntori, ossia tossicodipendenti che assumono eroina ma anche cocaina, ketamine, nuove droghe, per non parlare poi delle "droghe legalizzate" alcol e farmaci che determinano miscele il più delle volte esplosive.
Le richieste sono su due livelli: sociale e sanitario". L'ottica è quella della riduzione del danno, ma questo non vuol dire semplicemente fornire siringhe e preservativi, si tratta di fornire informazioni corrette sul virus e sulla sua modalità di trasmissione. Brutalmente si tratta di dire alle persone che si fanno dove è meglio farsi:
in vena meglio che in arteria, ma anche di dare altre indicazioni pratiche l'invito a cambiare i luoghi d'iniezione ad esempio o istruzioni per pulire l'ago. L'auspicio è evidentemente quello che smettano, ma l'idea è che è meglio scegliere di smettere
da sano".
Il supporto sociale offerto
Questo dal punto di vista sanitario e da quello sociale? "Si tratta di un altro aspetto fondamentale, noi offriamo un luogo dove comunicare e condividere, rispettando le regole base della convivenza (rispetto, educazione ecc...) ma non mettiamo in discussione la vita fuori dal centro. Quindi offriamo una serie di servizi sia in risposta ai bisogni primari (cibo, igiene personale, servizio lavanderia, luogo riscaldato e accogliente) sia di counseling: cioè supporto legale, la maggior parte ha problemi con la legge, pensionistico e lavorativo. Infine quello che può essere il ruolo fondamentale del centro: l'inserimento nella rete dei servizi, noi siamo il primo anello di una ipotetica rete che è formata dai servizi di assistenza veri e propri: SERT, comunità, ospedali. In questo poi abbiamo anche l'aiuto della responsabile scientifica del centro che è un medico". Già sembra facile ma l'inserimento in rete ha comportato qualche problema? Tutt'altro - risponde convinto Vegro - ora è agevole. Grazie anche all'attività degli anni passati abbiamo sviluppato buoni rapporti e in particolare con il SERT la collaborazione è ottima. In qualche modo il centro si pone in posizione intermedia tra le attività di prevenzione e presa di contatto, in parte ancora utilizzate dagli operatori, e i luoghi del trattamento vero e proprio della dipendenza. Non si tratta né di un servizio terapeutico né di un servizio assistenziale ma del tentativo di attivare le risorse individuali in risposta ai propri bisogni, il cosiddetto empowerment".
Non sostituirsi alla persona
Si tratta di un concetto fondamentale, ribadito non a caso da tutti gli operatori, e significa costruire la propria identità. Un obiettivo non da poco sbaglio? "Già ma è in questo modo che una decina di tossicodipendenti storici di Como sono entrati, con la nostra mediazione, in comunità dopo vent'anni di piazza (n.d.r. la piazza è il luogo di ritrovo storico per lo spaccio e l'assunzione, oggi non esiste più ma è rimasta nel gergo). In realtà il principio base è molto semplice - è ancora Vegro a parlare - io non faccio assistenza fine a se stessa, mi limito a farti vedere come si fa una volta poi tu cerchi di fare da solo, si tratta di riprendere in mano le redini della propria vita a partire dai bisogni primari: mangiare, lavare i propri vestiti, lavarsi. Non va dimenticato che abbiamo a che fare con persone che vivono sulla strada e ovviamente non li possono soddisfare con facilità."
Il bilancio in cifre
I numeri del resto parlano chiaro. Nei primi dieci mesi di attività 1600 contatti, con una frequenza giornaliera stabile di 10 persone ma particolarmente significativi sono i numeri dell'inserimento nella rete. 2 invii alle comunità terapeutiche, 2 ai SERT, 1 a una Comunità Alloggio AIDS, 20 ai sindacati per lavoro, 15 alla Lila con supporto a vari livelli, per non parlare dei 123 colloqui legali di cui 23 per assistenza. Ribadisce ancora Vegro " è evidente che la libertà è l'assenza di dipendenza ma riteniamo che sia un bisogno fondamentale di una persona quello di inserirsi in società, continuare a lavorare, pagare le tasse, un affitto, essere un cittadino. Questo può essere il punto di partenza per il cambiamento e il "mollare le sostanze" se viene...Del resto qui ci sono 35-36 enni che non hanno più niente e in gran parte irrecuperabili, se non per accettare dignitosamente la loro presenza al mondo". Il concetto è chiaro ma se non lo fosse abbastanza lo ribadiscono con convinzione anche gli operatori del centro: Sara, che è anche consulente legale, Gloria, Roberto e Luca. Quanto ai progetti per il futuro? "Il progetto più imminente -spiega Sara Veri - riguarda, oltre al potenziamento della situazione attuale, la possibilità di creare una struttura collaterale che funga da dormitorio in modo da garantire una tregua, sia psicologica sia fisica, soprattutto ai sieropositivi". La sensazione al termine della visita è che si farà anche questo a breve, ottima scusa per reinvitarsi a pranzo.
Marco Malagutti
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